“In Italia non è sufficiente la trasformazione digitale del Paese in sicurezza. Ma è necessario pensare anche in termini di equità digitale”. Così a Interris.it il direttore dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (ACN), prefetto Bruno Frattasi, a pochi giorni dalla presentazione della Relazione annuale al Parlamento sulle attività svolte dall’ACN in materia di cybersicurezza nel 2022.
Prefetto Frattasi: in prima linea nella lotta alla mafia
Bruno Frattasi è nato a Napoli il 24 aprile 1956. E’ sposato con due figli.
Si è laureato presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Napoli “Federico Il”. Nel 1981 ha vinto il concorso per l’accesso alla carriera prefettizia. Nel 2005 è nominato Prefetto della Repubblica.
Prefetto di Latina dal 2007 al 2009, ha combattuto le infiltrazioni della criminalità organizzata nel mercato di Fondi. È stato un riferimento centrale nel nuovo testo unico antimafia. E’ stato Coordinatore del Comitato di Coordinamento per l’Alta Sorveglianza delle Grandi Opere fino all’inizio del 2014 e ha fatto parte della delegazione governativa italiana nell’ambito del Gruppo finanziario per la lotta al riciclaggio (GAFI).
Ha pubblicato diversi saggi specialistici in materia di documentazione antimafia ed è coautore di diverse pubblicazioni scientifiche di commento al codice antimafia ed alla tracciabilità finanziaria dei pagamenti dei contratti pubblici. E’ il nuovo direttore dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale dal 9 marzo 2023.
L’intervista al prefetto Bruno Frattasi, direttore ACN
Cosa significa per Lei essere il nuovo direttore dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale? Onere o onore?
“E’ innanzitutto una grande responsabilità di cui sono assolutamente consapevole. Ringrazio il Governo e sono profondamente onorato di aver ricevuto questo incarico così complesso e difficile in un momento in cui la cybersicurezza diventa uno dei temi fondamentali della vita quotidiana”.
Rivoluzione digitale, cosa significa in concreto?
“Da qualche tempo viviamo una trasformazione digitale della società che sta riguardando ogni ambito della vita: dal lavoro, alla medicina, ai rapporti personali, allo svago, ai servizi finanziari e bancari, fino alle infrastrutture critiche ed essenziali. Tutto oggi è dominato dall’uso dei mezzi digitali. Anche da cittadini, non solo da agente pubblico, viviamo a stretto contatto con la realtà digitale che ha trasformato il nostro stile di vita e il modo in cui ci approcciamo ai problemi e agli impegni quotidiani. In questo senso è una rivoluzione: perché ha prodotto un solco profondo nel cammino dell’Uomo. La rivoluzione digitale è una trasformazione che lascia e lascerà sempre di più il segno. E’ un progresso in forte espansione e ci dobbiamo aspettare che conosca nuove tappe e traguardi”.
Come spiegare la cibernetica e la cybersicurezza ai non addetti ai lavori?
“La cibernetica è definita ‘il quinto dominio’. La cybersicurezza serve per difendere questo spazio virtuale dagli antagonisti malevoli che ne vorrebbero prendere il controllo. I nemici sono realtà statuali o sovrastatali, vale a dire internazionali; o attori ostili che possono avere molteplici fini: da quello di estorcere e lucrare sulle vulnerabilità di questo dominio, a chi vorrebbe attaccare e compromettere la stabilità del sistema Paese”.
Qual è l’importanza della cybersicurezza in Italia rispetto al vasto tema della sicurezza nazionale?
“Nella Relazione annuale al Parlamento sulle attività svolte dall’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (Acn) in materia di cybersicurezza nel 2022 l’Italia risulta tra i Paesi maggiormente interessati dalla diffusione generalizzata di malware e da attacchi cyber mirati, specie in danno del comparto sanitario e di quello energetico”.
Come è cambiata la cybersicurezza negli anni?
“La cybersicurezza si misura con il metro dell’evoluzione digitale del Paese. La Nazione si sta trasformando a vista d’occhio: quasi qualsiasi oggetto intorno a noi ha un microchip ed è collegato alla rivoluzione digitale. Non esiste più la Carta d’Identità come era un tempo, cartacea, ma elettronica, come il passaporto. La patente col microchip. Senza parlare delle infrastrutture strategiche per le quali nel contesto geopolitico attuale la cybersicurezza rappresenta un fattore di fondamentale importanza per la sicurezza nazionale”.
Cosa è la resilienza nazionale?
“E’ la capacità di un Paese di resistere agli attacchi informatici mantenendo la sua efficienza”.
E’ possibile attraverso un attacco cibernetico mettere fuori uso un Paese?
“Sì, perché è tutto collegato: si possono bloccare le sue infrastrutture, colpire una diga o l’intero settore dei trasporti. Come Nazione, dobbiamo essere consapevoli dell’esistenza di questo rischio e dunque essere in grado di difenderci. In questo momento l’Italia non sta vivendo un pericolo concreto in questo senso”.
E’ una minaccia reale anche per il singolo cittadino?
“Sì. Ma non solo. Per il singolo cittadino perché può abboccare a una mail phishing e così farsi rubare le credenziali del conto bancario e subire un danno economico. Penso soprattutto ai fragili, alle persone con poche competenze digitali come gli anziani che più facilmente vengono aggirati. Ma è una minaccia reale anche per la piccola e media impresa, che si vede attaccata nei suoi asset, o può subire un ransomware con richiesta di riscatto; lo è per i grandi studi professionali, che gestiscono una grande mole di dati; così come per la pubblica amministrazione”.
Quanto è importante la sicurezza dei minori in rete?
“La sicurezza dei minori in rete è importantissima. Vanno tutelati non solo dai criminali, ma anche da fenomeni gravi quali il cyberbullismo, la violazione della privacy, la diffusione di dati personali quali il furto di identità, la diffusione di video e materiale fotografico privato, le offerte dannose alla loro integrità fisica e psichica. Della loro sicurezza si occupa con grande attenzione e preparazione la Polizia Postale, specializzata ad altissimo livello anche mondiale nel contrasto alla criminalità informatica, anche operante nel Dark Web”.
Lei è sempre stato in prima linea nella lotta alla mafia. Che rapporto intercorre tra le organizzazioni criminali e la rete? Le mafie sfruttano la rete o la ‘subiscono’?
“Le mafie sono attrezzatissime anche nel crimine informatico. Hanno scoperto i vantaggi a fini criminali del web probabilmente prima di ogni altro. Perché i mafiosi, come diceva il Giudice Giovanni Falcone, hanno ‘menti finissime’. Le mafie vedono nel web una possibilità di guadagno ulteriore e di allargamento del loro controllo sui traffici lucrativi. Usano sistemi sofisticati riuscendo in taluni casi a bypassare i controlli delle forze di polizia. Possono parlare attraverso canali che non siamo sempre in grado di intercettare. Possono infine sfruttare il sistema delle criptovalute per intascare i guadagni ricavati da ricatti e frodi informatiche”.
Come l’agenzia sta vivendo la minaccia cibernetica?
“La viviamo guardando a 360 gradi tutto ciò che ci sta intorno. Quando si tratta di sistemi digitali, non basta che vengano erogati in sicurezza: non è sufficiente dunque la trasformazione digitale del Paese in sicurezza. Ma è necessario pensare anche in termini di equità digitale: l’offerta di servizi digitali deve raggiungere la totalità della popolazione. Uno strumento necessario al cittadino per difendere ed affermare i propri diritti: quello alla salute, al lavoro, alla pensione etc. Altrimenti si crea un gap tecnologico che esclude una fetta di popolazione, in genere già fragile, rendendola ancora più povera e isolata”.