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La persona al centro dell’azione politica

Interris.it nella giornata dell'anniversario della fondazione del Partito Popolare Italiano da parte di Don Luigi Sturzo ha intervistato il Professor Agostino Giovagnoli

Nel gennaio 1919, precisamente il giorno 18, all’albergo Santa Chiara di Roma, la Commissione provvisoria del Partito Popolare Italiano di cui era segretario politico provvisorio Don Luigi Sturzo, lanciava il suo celebre appello ai «liberi e forti», rivolto a «uomini moralmente liberi e socialmente evoluti» pronti a sostenere un progetto per l’Italia del primo dopoguerra che avrebbe cambiato il futuro dell’intero paese.

Chi era Don Luigi Sturzo

Don Luigi Sturzo nasce a Caltagirone in provincia di Catania il 26 novembre 1871, da una famiglia dell’aristocrazia agraria. Frequenta i seminari prima di Acireale, in seguito di Noto. La pubblicazione della Rerum novarum nel 1891, ossia la prima enciclica sulla condizione operaia, e lo scoppio delle rivolte dei contadini e degli operai delle zolfare siciliane spingono Sturzo a orientare i suoi studi filosofici verso l’impegno sociale. A Roma, mentre frequenta l’Università Gregoriana, partecipa al movimento culturale dei giovani cattolici, assumendo posizioni molto favorevoli nei confronti di Leone XIII, il Papa fautore Rerum novarum. Dopo la laurea, conseguita nel 1898, egli si dedica pienamente all’azione politica.

La partecipazione politica, l’esilio ed il rientro in Italia

Nel 1902 i cattolici di Caltagirone, guidati da Sturzo, si presentano come partito di centro nelle amministrazioni locali e nel 1905 Sturzo è nominato consigliere provinciale; dal 1905 al 1920 ricopre la carica di vicesindaco. Successivamente, dopo la fondazione del Partito Popolare Italiano, egli viene minacciato dai fascisti e, su consiglio del Cardinal Gasparri, nel 1924 lascia l’Italia alla volta di Londra per poi trasferirsi nel 1940, dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, negli Stati Uniti. Torna in Italia nel 1946 e, pur non entrando a far parte della Democrazia Cristiana, mantiene i rapporti con i suoi principali esponenti e si impegna nel processo di ricostruzione delle istituzioni democratiche. Il 17 dicembre del 1952 viene nominato senatore a vita dal Presidente della Repubblica Luigi Einaudi. Muore l’8 agosto 1959. Interris.it in merito all’importanza della figura di Don Luigi Sturzo e del Partito Popolare Italiano ha intervistato il professor Agostino Giovagnoli, docente ordinario di Storia contemporanea presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore ed autore di molteplici pubblicazioni.

L’intervista

Il 18 gennaio 1919 con l’appello a tutti gli uomini liberi e forti Don Luigi Sturzo dava vita al Partito Popolare Italiano, cos’ha significato questo per l’Italia?

“Un grande storico italiano laico Federico Chabod ha detto che, la nascita del Partito Popolare Italiano, è stato l’evento più importante della storia politica italiana del XX secolo. In effetti, la nascita di questo partito, mette fine al non expedit – cioè alla disposizione della Santa Sede per cui i cattolici non andavano a votare e non partecipavano alla vita politica nazionale – e quindi ciò ha riportato i cattolici nello stato. Questo è stato un evento di una enorme importanza, che ha cambiato la storia dello stato italiano perché, la presenza dei cattolici in una realtà politica come quella italiana ha avuto una grande valenza; anche se nell’immediato il fascismo ha fermato il cammino del Partito Popolare Italiano poi, come si è visto, nel secondo dopoguerra, i cattolici sono andati alla guida del paese”.

Un estratto dell’appello agli uomini liberi e forti di Don Luigi Sturzo

Come viene concepita la politica nella visione di Don Luigi Sturzo?

“La politica per Don Luigi Sturzo è molte cose insieme perché egli è stato anche un grande amministratore locale, avendo rivestito la carica di vicesindaco di Caltagirone per molti anni e quindi, la politica per lui, è stata innanzitutto questa assunzione di responsabilità nei confronti del bene comune che si esercita a livello amministrativo nei Comuni, nelle Regioni e negli Enti Locali ma anche al livello nazionale nella politica di un grande partito. La sua non è una politica confessionale – in quanto il Partito Popolare Italiano era aconfessionale – ma profondamente ispirata dai principi cristiani e in questo modo aperta sia ai credenti che ai non credenti che hanno preso parte alla vita così innovativa del partito dal primo dopoguerra”.

Quali sono i valori racchiusi nel popolarismo di Don Luigi Sturzo?

“Innanzitutto, la politica di Don Luigi Sturzo è democratica, nel senso cioè che coinvolge tutti i cittadini – le masse si diceva nel ‘900 – e la parola popolare indica innanzitutto questo. Non una politica delle élite o delle minoranze, com’era in Italia prima di lui ma una politica che vede la partecipazione delle masse popolari, la quale tende a includere nella vita dello stato anche tutti coloro che sono stati precedentemente emarginati, ossia coloro che non hanno partecipato alla vita pubblica. Quindi la sua è una politica democratica, antifascista e antitotalitaria perché il fascismo nasce dalla violenza e dalla dittatura di una minoranza. Nel 1923 Don Luigi Sturzo inventa la parola totalitarismo e quindi la sua è una politica che si è contrapposta anche al nazismo e al comunismo nel corso del XX secolo. Quindi la sua politica agisce per la persona, per la sua libertà, incentrata appunto sui valori della stessa che viene prima dello stato. La persona è appunto il valore assoluto di Sturzo”.

Don Luigi Sturzo e Filippo Meda

Quale insegnamento ha lasciato Don Luigi Sturzo alla società attuale?

“Don Luigi Sturzo ha lasciato molti insegnamenti estremamente importanti, a mio parere il principale è che la politica non si deve trasformare in una religione. In fondo, la politica contemporanea, tende a farlo, si è parlato spesso di religioni politiche di cui il nazismo, il fascismo e il comunismo sono state degli esempi. Oggi, la religione diventa spesso fondamentalismo e ispira a delle forme politiche integraliste. In realtà, proprio l’ispirazione cristiana della politica di Sturzo, in qualche modo impedisce che la stessa si trasformi in religione, diventi un assoluto e subordini la persona all’ideologia. La sua è una politica veramente laica perché è libera dalle tentazioni ideologiche e appunto politico religiose, popolare ma non populista, questo è ancora molto attuale. Non è una politica che strumentalizza il popolo, lo fa identificare con un leader o privilegia una parte contro il tutto. Don Luigi Sturzo insegna ancora oggi che bisogna guardare a tutti i bisogni della società senza la strumentalizzazione del populismo”.

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