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Perché la festa di oggi non parla solo di Maria ma anche di noi

“In verità io vi dico: vi sono alcuni, qui presenti, che non morranno prima di aver visto giungere il regno di Dio nella sua potenza” (Mc 9,1). Da alcuni giorni, mi fanno compagnia (e mi inquietano, perché non riesco a comprenderle bene!) queste parole di Gesù, che precedono -in tutti e tre i sinottici- l’icona della trasfigurazione. Mi piace pensare così: che per alcuni l’esperienza terribile del morire possa coincidere con il venire del Regno nella loro vita; per chi – senza saperlo, evidentemente! – ha vissuto in pienezza di amore la propria vita, la morte coincide con il giungere del regno. E chi ha sguardo profondo può dire di lei, di lui: “è compiuto, era pronto”. Anche se ti rimane dentro, terribile, il dolore della perdita di chi ti era caro.

Mi pare che qui si possa inserire la contemplazione della Vergine Assunta, alla quale il popolo cristiano è tanto affezionato. Al fondo delle ragioni di superficie (la coincidenza col Ferragosto, la possibilità di un tempo di riposo, perfino la sagra…), sta la ragione vera della nostra affezione: la vera questione che il mistero della Assunta mette in campo è quella concernente il senso della vita e, soprattutto, della morte. Con le parole del Concilio: “Cos’è l’uomo? Qual è il significato del dolore, del male, della morte che malgrado ogni progresso continuano a sussistere? Cosa ci sarà dopo questa vita?” (Gaudium et Spes, n. 10).

Ecco: la fede cristiana ha subito intuito che in Maria la morte è come un addormentarsi nelle braccia di Dio, e un vivere per sempre in Lui. Ma allora la perdita non coincide con la fine: è questa la ragione più profonda della speranza cristiana!

La festa di oggi, allora, non parla solo di Maria, parla anche di noi. E qui, a intuire qualcosa, mi aiuta San Paolo: “che diremo dunque di queste cose? Se Dio è con noi, chi sarà contro di noi?…Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Né morte né vita, né presente né avvenire potrà mai separarci dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù” (cfr. Rom 8,31-39). E la morte diventa, incomprensibilmente, Vita…

La festa della Assunta è preceduta da quella della luce: su un alto monte, Gesù fu trasfigurato davanti ai suoi amici, “e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime” (Mc 9,3). Quel giorno, gli occhi dei discepoli divennero capaci di vedere non la superficie, ma il fondo delle cose, e fecero esperienza, misteriosa ma reale, dello sbordare del Mistero: “è bello per noi essere qui…Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti” (cfr. Mc 9,2-10).

La luce, la perdita, la morte e il Mistero: tutto si confonde, ma anche si dipana e si chiarisce contemplando la Vergine Maria. E allora ritrovi speranza, anche se il cuore rimane gonfio e spezzato, per la morte assurda in montagna di una giovane amica. Ma, appunto, in questi giorni tutto si dipana. Il dolore rimane, ma anche intuisci la verità della parole testamentarie di Padre Christian de Chergè, amico di Maria, ucciso in Algeria nel 1996: “sarà finalmente liberata la mia più lancinante curiosità… immergere il mio sguardo in quello del Padre, per contemplare con lui i figli dell’Islam come lui li vede, totalmente illuminati dalla gloria di Cristo… E anche a te, amico dell’ultimo minuto, che non avrai saputo quel che facevi…Ci sia dato di ritrovarci, ladroni beati, in paradiso, se piace a Dio, Padre nostro, di tutti e due”.

In Maria, ci è data la garanzia che non è vana la nostra speranza, e che una vita vissuta in pienezza d’amore diventa capace, per pura grazia, di “inghiottire perfino la morte” (Bobin).

mons. Calogero Marino

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