Pastori (Ispi): “Elezioni USA 2024: cosa cambierà per l’Europa”

Intervistato da Interris.it, il professor Gianluca Pastori di Ispi analizza come le elezioni presidenziali americane potrebbero rimodellare il rapporto tra Stati Uniti e Unione Europea, con un focus sui principali temi geopolitici, dall'Ucraina a Gaza

A sinistra Kamala Harris. Credit: Simon Walker / No 10 Downing Str. A destra Donald Trump. Credit: Shealah_craighead

In un mondo in cui le relazioni internazionali stanno evolvendo rapidamente, l’Unione Europea si trova a dover affrontare importanti sfide diplomatiche e politiche. Le imminenti elezioni presidenziali negli Stati Uniti potrebbero avere un impatto significativo sul futuro delle relazioni transatlantiche, con diversi scenari che si profilano all’orizzonte. Per approfondire questo tema, Interris.it intervistato il Professor Gianluca Pastori, Ricercatore associato presso l’Istituto per gli studi di politica internazionale (ISPI) e docente di Storia delle relazioni politiche tra Nord America ed Europa presso l’Università Cattolica di Milano. Con la sua esperienza, il professor Pastori offre un’analisi su come l’UE potrebbe essere influenzata dalle elezioni americane, in particolare se il prossimo presidente sarà Donald Trump, Kamala Harris, o un altro candidato democratico. Pastori esamina anche le potenziali implicazioni per l’UE riguardo alle politiche statunitensi verso la guerra in Ucraina e la situazione in Palestina, fornendo preziose intuizioni sui possibili sviluppi futuri.

Foto: Gianluca Pastori

L’intervista a Gianluca Pastori di ISPI

Cosa cambierà per l’UE in caso di elezione di Trump o di Harris (o di un altro
democratico)?

“Vista l’esperienza del primo mandato, una presidenza Trump probabilmente assumerà verso l’UE un atteggiamento molto più apertamente antagonistico rispetto a una presidenza Harris (o comunque una presidenza democratica), sia nella forma sia nei contenuti. I principali ambiti nel contendere saranno, con ogni probabilità, quelli delle politiche commerciali, delle politiche ambientali e della difesa. L’ostilità già dimostrata da Trump nei confronti del multilateralismo e delle sue istituzioni contribuirà, con ogni probabilità, a rafforzare questa tendenza. Tuttavia, ciò non significa che non potrebbero esserci problemi anche con una eventuale amministrazione democratica. La portata di questi problemi sarebbe, comunque, probabilmente minore, specialmente per quanto riguarda i toni del confronto e il suo grado di medizzazione”.

Come pensa che i due avversari affronterebbero da Presidente la
questione della guerra in Ucraina?

“Che la guerra in Ucraina debba avviarsi verso una soluzione negoziata mi sembra un punto acquisito da tutte le parti. Su questo sfondo, è possibile che un’amministrazione democratica presti più attenzione alle esigenze di Kyiv rispetto a quanto non farebbe una eventuale amministrazione Trump, per cui il disimpegno statunitense da un teatro ritenuto marginale sarebbe quasi certamente la priorità. Ciò non significa che la politica ucraina di una possibile amministrazione Trump sia necessariamente dettata dalla simpatia del Presidente verso la Russia. Allo stesso modo, il fatto che un’eventuale amministrazione democratica non sarà comunque un’amministrazione Biden renderebbe più facile ridimensionare la politica di sostegno all’Ucraina ‘senza se e senza ma’ che gli Stati Uniti – almeno formalmente – hanno seguito fino a oggi”.

E la situazione in Palestina?

“Anche in questo caso, l’esperienza del primo mandato mostra in modo chiaro
come una possibile amministrazione Trump sarà senza dubbio nettamente pro-Israele e molto probabilmente pro-Netanyahu. Sul fronte democratico, l’attenzione alle rivendicazioni palestinesi appare più chiara, anche se la posizione assunta in questi mesi da Joe Biden e
dal suo entourage non è stata priva di ambiguità. Viste la posizioni assunte da
Vicepresidente, un’eventuale amministrazione Harris potrebbe forse assumere un atteggiamento più rigido nei confronti del governo di Gerusalemme. Tuttavia, non bisogna dimenticare che il voto ebraico costituisce una parte importante di quello democratico e che la necessità di non inimicarsi questa constituency è un elemento chiave nel definire la politica mediorientale della Casa Bianca”.

Cosa aspettarsi, come UE, dalle Presidenziali USA?

“Chiaramente, per l’UE, l’opzione più desiderabile è un successo democratico. Non bisogna, però, dimenticare che anche sotto l’amministrazione Biden i rapporti fra USA e UE non sono stati privi di difficoltà. L’allentarsi dei rapporti fra le due sponde dell’Atlantico è un processo di lunga durata, legato al divergere dei rispettivi interessi e allo spostarsi del focus della politica USA verso l’Asia-Pacifico. È probabile che una seconda presidenza Trump dia a questo processo contorni nettamente traumatici. È comunque illusorio pensare che un successo democratico possa interromperlo, permettendo all’Europa di continuare a contare sul coinvolgimento incondizionato degli Stati Uniti nei suoi equilibri interni come è stato negli anni della guerra fredda e come ci si è illusi fosse tornato a essere dopo l’invasione russa dell’Ucraina”.