Mai come oggi la Giornata mondiale della pace si interseca con una situazione internazionale bisognosa delle parole di papa Francesco: “Rimetti a noi i nostri debiti e concedici la tua pace”. Non bisogna necessariamente essere cristiani per sapere che Dio non vuole la violenza e la guerra. Il ripudio della guerra sta scritto nel cuore di tutti gli uomini. La pace va compresa nella nuova dimensione della fraternità e della solidarietà. Dio non vuole che il sangue umano sia sparso con la violenza e con la guerra.
L’arcobaleno è un segno di quell’alleanza di pace che Dio ha fatto con tutti gli uomini e le donne qualunque sia la loro lingua, la loro terra, la loro età. Per questo, tante volte, gli uomini guardano il cielo e chiedono pace. La via del prendersi cura gli uni degli altri rappresenta la condizione per vivere in pace anche tra diversi custodendo un’attenzione particolare ai più deboli e ai più poveri. Occorre contrastare il nemico sottile e per questo ancor più pericoloso dell’indifferenza che si presenta sotto i molteplici volti della perdita delle radici, del senso di sé e delle cose, fuga dalla realtà, disamore per la vita, individualismo esasperato. C’è necessità di un’educazione costante alla pace fornendo gli strumenti di conoscenza e promuovendo itinerari di approfondimento di discussione e di verifica. A me ha fatto impressione il viaggio che ho appena compiuto a Belgrado in una regione che dopo il crollo del muro di Berlino ha tragicamente sperimentato la balcanizzazione del mondo contemporaneo con il prevalere degli interessi del singolo su quelli della comunità. La pace cresce nella libertà che, oggi, si presenta, in alcuni casi, come la lotta contro le dittature ma che si configura essenzialmente come libertà di accesso al libero mercato globale perché non siano solo i grandi potenti economici a condizionare la politica delle nazioni e degli organismi internazionali.
Papa Francesco, nel messaggio per la Giornata mondiale della pace, testimonia la possibilità di intraprendere un nuovo cammino dall’io al noi, dall’individuo alla società. “La pace in terra, anelito profondo degli esseri umani di tutti i tempi, può venire istaurata e consolidata solo nel pieno rispetto dell’ordine stabilito da Dio”. Queste parole che aprono l’enciclica Pacem in terris restano un’indicazione chiara per sottolineare quanto la pace sia desiderata dai popoli e dove passi la sua via. La salvaguardia della dignità umana e la difesa dei diritti umani restano il fondamento della pace. Sono passati sessant’anni dall’emanazione dell’enciclica e i quattro pilastri restano ancora oggi saldi: verità, giustizia, solidarietà e libertà.
È lo stesso appello che arriva oggi da un uomo di 88 anni appassionato alla convivenza pacifica. Pace e fraternità non possono che procedere unite. I credenti non devono solo parlare di pace, ma operare per costruire una società di pace, come si costruisce una civiltà in cui il rapporto tra le persone e le creature è retto da un atteggiamento di concordia e non di conflittualità.