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La Pasqua attraverso i secoli per gli uomini e le donne di tutti i tempi

Pasqua. La parola significa “passaggio”. Ricorda anzitutto il passaggio dei figli d’Israele attraverso il Mar Rosso. Erano schiavi in Egitto e Dio li ha chiamati a mettersi in cammino verso la terra promessa, terra di libertà, stillante latte e miele. Passaggio gioioso ed esaltante, dunque; ma passaggio tutt’altro che facile perché si tratta di attraversare il Mar Rosso, cioè acque di morte. È possibile passare illesi attraverso le acque della morte, se la fiducia in Dio è più grande di quanto sia grande la paura della morte e delle forze negative di questo mondo. Ma questo passaggio d’Israele è solo un’immagine e una prefigurazione della Pasqua compiuta da Gesù: «passaggio da questo mondo a Dio». Israele è passato indenne attraverso il Mar Rosso, ma non ha potuto vincere la morte. Giunto sulla riva orientale del Mar Rosso, ha ancora davanti a sé il deserto, e nella sua marcia dovrà confrontarsi ancora con la fame, la sete, i serpenti velenosi, i disagi, i nemici… in una parola con la morte. La Pasqua di Gesù, invece, è passaggio definitivo; come ci ha detto san Paolo: «Gesù risorto non muore più, la morte non ha più potere sopra di lui» (Rm 6, 9).

“…mettere il Mistero pasquale al centro della vita significa sentire compassione per le piaghe di Cristo crocifisso presenti nelle tante vittime innocenti delle guerre, dei soprusi contro la vita, dal nascituro fino all’anziano, delle molteplici forme di violenza, dei disastri ambientali, dell’iniqua distribuzione dei beni della terra, del traffico di esseri umani in tutte le sue forme e della sete sfrenata di guadagno, che è una forma di idolatria…” Si è espresso così tante volte papa Francesco;

Il Vangelo di Pasqua ha attraversato i secoli e si rivolge agli uomini e alle donne di tutti i tempi. Ci invita ad uno sguardo interiore per abbracciare, nella fede, il dono della vita eterna, il superamento della morte attraverso Cristo Risorto. Noi crediamo che tutto questo si realizzerà, per la potenza dello Spirito Santo, alla “fine dei tempi”. Ma c’è un’altra resurrezione: quella quotidiana, di cui possiamo godere quando combattiamo i mali che affliggono l’umanità, quando facciamo fiorire germogli di giustizia, di pace, di verità.

L’accoglienza è un’esperienza che appartiene da sempre al territorio della Diocesi di Siena, Colle, Montalcino. Il piccolo Mustafà, che grazie ad uno scatto fotografico potrà, forse, iniziare un percorso di “nuova vita”, rappresenta una tradizione di accoglienza che prima di lui ha interessato altri e che continuerà ancora ad interessare persone che provengono da gravi criticità e che trovano nella Chiesa una sponda, un approdo, un punto di riferimento importante. Proprio la Chiesa trova in questo la “Magna Carta” della sua missione: riconoscere negli altri la presenza viva di Gesù, come dice Matteo: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me». Inoltre, come tutte le Diocesi, anche noi stiamo accogliendo le mamme e i bambini che fuggono dalla guerra. Hanno un ovvio senso di smarrimento, non riescono a capire perché si trovano in una situazione del genere. Ognuna pensa a quello che ha lasciato, a chi ha lasciato. Riescono solo a dire: “grazie”, continuamente. Noi proviamo a dare loro quello che possiamo, senza l’illusione di risolvere qualcosa che non possiamo risolvere.

La Pasqua dice a tutti, non soltanto ai cristiani, che quel sacrificio che è stato consumato e tramandato nella passione dei Vangeli rappresenta e riassume le sofferenze e il sacrificio di tanti uomini e donne, quelli che abbiamo visto trasportare in modo anonimo dopo la morte a causa del virus, quelli che ogni giorno ci passano davanti agli occhi stesi a terra o sepolti nelle fosse comuni nelle città dell’Ucraina; ma anche quelli che continuano a morire in mare nel tentativo di trovare un mondo migliore. Ma nonostante ciò Pasqua, anche quest’anno, ci dice che mai, alla fine, prevarranno le tenebre e le oscurità dell’uomo, le sue negatività, e nemmeno le più gravi calamità o le follie più assolute come le guerre: perché l’essere umano dispone di grandi risorse, può arrivare alle più grandi scoperte, è capace di cambiamenti, di redenzione, se si abbandona alla Grazia e si mantiene costantemente in ascolto della Parola.

card. Augusto Paolo Lojudice: