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In bici contro il Parkinson: “Movimento di resistenza”

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Foto di Robina Weermeijer su Unsplash

Pedalare contro il Parkinson. Ha fatto tappa a Perugia “Pedalando, Movimento di resistenza al Parkinson“. La manifestazione sportiva sociale è stata ideata per sensibilizzare sul tema del morbo di Parkinson. E coinvolge attivamente istituzioni, associazioni e comunità locali. Un giro che sta attraversando alcune regioni d’Italia, dal Veneto e fino alla Liguria. Su un percorso di circa 500 chilometri con tappe nelle principali città. Per parlare di Parkinson e veicolare un messaggio di resistenza e di contrasto alla malattia neurovegetativa. I ciclisti del “Movimento”, una quindicina quelli partiti questa mattina da Gualdo Tadino e giunti nel capoluogo regionale, insieme ad accompagnatori e volontari e ad altri ciclisti che si sono uniti loro nel tragitto, sono stati prima accolti in Corso Vannucci. E poi sono stati ricevuti al Salone d’Onore di Palazzo Donini. “Sono particolarmente felice di darvi il benvenuto – ha detto la presidente della Regione, Donatella Tesei -. L’Umbria ospiterà ad ottobre il primo G7 dedicato alla disabilità e all’inclusione. E la bellissima iniziativa che portate avanti con determinazione per porre l’attenzione non solo sull’importanza della cura e della ricerca. Ma anche sulla possibilità di poter continuare ad avere una vita piena nonostante la malattia, si inserisce appieno nel percorso di avvicinamento a questo straordinario evento“. L’assessore regionale alla Salute Luca Coletto, nel rivolgere un plauso a tutti i partecipanti, ha ricordato quanto sta facendo l’Umbria: “Abbiamo saputo cogliere le opportunità del Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Ottenendo un finanziamento di un milione di euro per un progetto di ricerca sul Parkinson”.

Foto di Robina Weermeijer su Unsplash

Contro il Parkinson

Il piano anti-Parkinson è guidato dall’Azienda Ospedaliera di Perugia. Vede come unità operative secondarie gli Irccs Istituto neurologico Carlo Besta di Milano e il Centro neurolesi Bernardino-Pulejo di Messina. L’ospedale di Perugia è centro di eccellenza e capofila nella battaglia contro questa malattia neurodegenerativa. Paola Fioroni è presidente dell’Osservatorio regionale sulla condizione delle persone con disabilità della Regione Umbria. E vicepresidente dell’Assemblea legislativa. “Siamo stati onorati di ricevere ed ospitare, anche nella nostra Umbria una delegazione di ‘Pedalando’ – afferma Fioroni-. Il movimento di resistenza al Parkinson ha deciso di promuovere la sensibilizzazione della comunità nei confronti di una malattia neurodegenerativa che interessa tante persone. E che può e deve essere contrastata con appropriatezza delle cure. Con un’attenzione particolare anche all’inclusione sociale di ogni persona”. Un evento all’insegna del “si può fare”, della forza e dell’autonomia. Perché “solo con queste tre azioni si può garantire una vera inclusione”, precisa Fioroni. Raffaella Roveron ha dato vita alla manifestazione insieme al marito Lorenzo Sacchetto dopo la malattia di lui. Grazie anche all’interesse crescente riscontrato quando, su consiglio del neurologo, hanno fatto conoscere sui social l’edizione numero zero e i suoi benefici. “Siamo un movimento perché al di là dello spostarci in bici vogliamo veicolare il messaggio di chi combatte ogni giorno con la malattia – sottolinea Roveron-. Ci vogliono farmaci appropriati e ricerca, ma sono importanti volontà, coraggio e lo sport che rimette in moto la voglia di vivere“.

Foto di Compare Fibre su Unsplash

Oltre il Parkinson

“Vi aspettiamo ancora in Umbria, c’è tanto da pedalare!” è l’invito che ha rivolto a tutti Luca Panichi, presidente del Comitato Paralimpico Umbro che ha contributo all’organizzazione della tappa umbra. Al termine della cerimonia, la presidente Tesei ha donato al Movimento di resistenza al Parkinson il gagliardetto della Regione. Ciclisti e accompagnatori erano stati accolti all’arrivo in corso Vannucci anche dalla sindaca di Perugia, Vittoria Ferdinandi, e dall’assessore comunale allo Sport, Pierluigi Vossi. Dall’Umbria alla Toscana. E’ stata l’assessora regionale alle politiche sociali Serena Spinelli ad accogliere a Firenze, a Palazzo Strozzi Sacrati (sala Pegaso) i protagonisti di “Pedalando”, una sorta di giro d’Italia in bicicletta nato per sensibilizzare sul ruolo dell’attività fisica nella gestione della malattia di Parkinson. La pedalata è partita dal Comune di Sant’Urbano, nella bassa padovana, il 20 luglio e si concluderà il 2 agosto a Genova dopo essere transitata da Bologna, Ancona, Perugia, Firenze, e dopo aver coperto oltre 900 km. In occasione della tappa fiorentina, così come avvenuto in circostanze analoghe, è stato organizzato un incontro pubblico sulla malattia di Parkinson e sulle modalità per affrontarla. Oltre all’assessora Spinelli, ha partecipato all’incontro Lorenzo Sacchetto. Dalla cui esperienza personale di convivenza con la sindrome è nata Pedalando, inteso come movimento di resistenza al Parkinson. Sacchetto indica in movimento fisico, educazione, conoscenza per la diagnosi precoce, socializzazione contro l’isolamento le principali azioni. Da mettere in atto per fronteggiare una malattia da cui è affetto da 13 anni. Nel corso dell’incontro varie esperienze di convivenza con la malattia. E interventi dedicati a un nuovo approccio alla malattia per una presa in carico integrata, multidisciplinare e continuativa.

Foto di valelopardo da Pixabay

Scoperta

Intanto la ricerca progredisce. E’ stata scoperta una nuova mutazione genetica associata alla malattia di Parkinson: colpisce il gene Rab32 nell’0,7% dei pazienti, portando ad un aumento dell’attività di una particolare proteina coinvolta nel processo neurodegenerativo. Il risultato, pubblicato sulla rivista Nature Genetics, si deve ad un gruppo internazionale di ricercatori guidato dal Centro Medico dell’Università di Utrecht, nei Paesi Bassi, e dalla Scuola di Medicina dell’Università americana dell’Indiana. Allo studio, che potrebbe portare allo sviluppo di nuovi farmaci mirati e alla possibilità di effettuare diagnosi precoci, ha partecipato anche l’Italia con Humanitas, Centro Specialistico Gaetano Pini, Irccs Istituto Auxologico Italiano e Università di Milano. I ricercatori, guidati da Paul Hop dell’ateneo di Utrecht e Dongbing Lai di quello americano, hanno sequenziato il Dna di più di 2mila pazienti affetti dal Parkinson, confrontandolo poi con quello di circa 70mila soggetti sani: in questo modo, è emersa la mutazione del gene Rab32. “Questo studio rappresenta un passo avanti significativo nella comprensione della malattia di Parkinson”, commenta Nicola Ticozzi di Istituto Auxologico Italiano e Università di Milano, tra gli autori dello studio: “L’identificazione di un nuovo gene associato alla malattia offre nuove opportunità per la ricerca e il trattamento. Sapere che il gene Rab32 è coinvolto nella malattia – aggiunge Ticozzi -permetterà, infatti, di esplorare nuovi percorsi e potenziali target terapeutici“.

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Progressi anti-Parkinson

Questa scoperta potrebbe avere importanti ricadute pratiche per i pazienti. In primo luogo, potrebbe migliorare la capacità di diagnosticare la malattia in stadi più precoci, soprattutto nei casi familiari, permettendo interventi tempestivi. In secondo luogo, una migliore comprensione del ruolo di Rab32 e della proteina correlata potrebbe portare allo sviluppo di nuovi farmaci mirati che agiscono su questi specifici meccanismi. Migliorando così le opzioni di trattamento disponibili. Inoltre nel microbiota intestinale umano, “esiste una quota di microrganismi capace di agire sul cosiddetto ‘asse intestino-cervello‘, un canale bidirezionale attraverso il quale l’intestino comunica con il cervello e viceversa. La comunicazione lungo quest’asse viene garantita da alcune molecole che consentono un dialogo costante ed immediato tra i neuroni cerebrali e i neuroni che, distribuiti nell’intestino umano, compongono il cosiddetto “plesso neuro-enterico”. Tali molecole sono anche prodotte da diversi batteri del microbiota, chiamati “psicobiotici” ed in grado di interloquire con le cellule neuronali, così intervenendo nelle dinamiche funzionali di quell’asse delicato”, sostiene l’immunologo Mauro Minelli della Fondazione per la Medicina Personalizzata. “D’altro canto, organizzazioni microbiche intestinali disordinate e squilibrate sono state trovate in varie condizioni neuropsichiatriche, come depressione e ansia, disturbi dello spettro autistico, schizofrenia e persino morbo di Parkinson e malattia di Alzheimer. E – prosegue – si ipotizza che alterazioni dei segnali del microbiota nei primi anni di vita, se non addirittura nell’ambiente fetale, abbiano importanti ripercussioni sui processi di formazione dei neuroni che andranno a costituire la preziosa struttura cerebrale dell’ippocampo. Con conseguenze sul comportamento del bambino e, successivamente, dell’adulto”, prosegue l’immunologo.

Foto di Drew Hays su Unsplash

Batteri

“In particolare, per quel che riguarda i disturbi dello spettro autistico, in questi pazienti sono spesso osservati disordini gastrointestinali con alterazioni del microbiota più frequentemente rappresentate da un’aumentata abbondanza di clostridi. E da un generale aumento di batteri anaerobi tra i quali primeggiano batteri appartenenti al genere sutterella, in realtà – osserva l’immunologo – già in precedenza abbondantemente rilevati in persone affette da sindrome di Down. Nei pazienti con schizofrenia è stata, invece, osservata una associazione tra severità della malattia e abbondanza di batteri appartenenti ai generi Veillonella e Lachnospiraceae”. “Il dato forse più interessante della ricerca – precisa l’esperto – è che il trapianto microbico fecale da pazienti schizofrenici a topi di laboratorio ‘germ-free’ consentiva di trasferire, negli animali trapiantati, gli atteggiamenti comportamentali tipici della malattia (in particolar modo l’iperattività). Modificazioni del microbiota intestinale potrebbero dunque portare ad alterazioni neurochimiche e neurologiche”. “Recentemente è stato costruito il primo catalogo della potenzialità neurologica del microbiota intestinale ed è stato valutato il suo ruolo nella qualità della vita sia fisica che mentale. Si ricava dall’analisi di questo documento che Faecalibacterium e Coprococcus, batteri produttori soprattutto di butirrato, sono significativamente associati a valori più alti degli indicatori di qualità della vita – puntualizza – Inoltre, Coprococcus e Dialister sono risultati essere significativamente ridotti in persone depresse.

Foto di Darko Stojanovic da Pixabay

Differenze

Tra i meccanismi identificati come possibili responsabili della benefica associazione tra questi batteri intestinali e la qualità mentale della vita, è stata ipotizzata la produzione di butirrato ma anche di un metabolita della dopamina, l’acido 3,4-diidrossifenilacetico, dotato di azioni benefiche. Per tale ragione, Coprococcus e Dialister sono stati proposti come potenziali guide per lo sviluppo di psicobiotici”. “Comunità microbiche disbiotiche sono state rilevate pure in disordini neurodegenerativi. Come la malattia di Parkinson, la malattia di Alzheimer o anche l’uveite sporadica, esempio specifico di malattia neurodegenerativa mediata dai microrganismi intestinali e caratterizzata da un’infiammazione dell’uvea, sottile membrana vascolarizzata posta nell’occhio tra la cornea e la sclera. Topolini affetti da questa malattia hanno mostrato infiammazione e perdita di cellule nella neuroretina con disfunzione della vista. Questa infiammazione è mediata da linfociti T autoreattivi la cui attivazione è stata dimostrata dipendere dal microbiota – conclude – Ulteriori studi sono comunque necessari per comprendere appieno il ruolo del microbiota intestinale. E, soprattutto, chiarire se le differenze osservate siano causative o semplice conseguenza di condizioni patologiche altrimenti non correlate“.

 

Giacomo Galeazzi: