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Non c’è progresso sociale senza parità di genere. Stop al gender gap

“La parità di diritti, tra donne e uomini, nelle leggi italiane, è piena ed è stata raggiunta da molti anni, in base alla Costituzione. Non è invece ancora così, per la sua, concreta, realizzazione- afferma il presidente della Repubblica Sergio Mattarella-. Dal 1948 a oggi, sono stati fatti, nel corso degli anni, tanti passi in avanti. Pensiamo all’ingresso, delle donne, nella Magistratura, nelle Forze Armate, nei Corpi di polizia. Ma per raggiungere una effettiva parità, dobbiamo rimuovere quegli ostacoli, che rendono tuttora difficile, alle donne, lavorare, raggiungere le posizioni più importanti, partecipare, in egual misura, alla vita delle istituzioni, e così via. A questo scopo, Elena, sono necessari altri interventi”. Secondo Mattarella servono “strumenti, adeguati, per la conciliazione tra lavoro e vita familiare: c’è ancora strada, molta strada, da fare”. Una lezione fatta propria dalla compagnia teatrale italiana di New York “Kairos Italy theater” che si è trasferita ad Edimburgo. Per rappresentare, dal 21 al 24 settembre, un’opera teatrale di 500 anni fa ma quanto mai attuale. Si tratta di “The Worth of Women”, adattamento teatrale del libro di Moderata Fonte. Scritto e pubblicato nel 1600 e tradotto da Virginia Cox.

Foto di Priscilla Du Preez 🇨🇦 su Unsplash

Parità necessaria

Lo spettacolo è stato promosso dall’Istituto Italiano di cultura di Edimburgo. E diretto da Laura Caparrotti e Jay Stern. Protagoniste della piece un gruppo di sette donne che condividono candidamente le loro vite, facendo luce sulle loro lotte e trionfi. Le loro conversazioni rivelano un’ostilità sconcertante da parte di alcuni uomini. E innescano discussioni su come superarla. Si discute, dunque, della parità di genere. Del vero valore delle donne. E delle responsabilità degli uomini. Sul perché, nel corso della storia, le donne siano state relegate allo status di seconda classe. Il lavoro è opera di Moderata Fonte, pseudonimo di Modesta Pozzo (1555-92). Donna veneziana, madre e moglie che produceva letteratura in generi comunemente considerati “maschili”. Alla base della sua produzione letteraria c’è l’idea che le donne possiedano gli stessi talenti innati degli uomini e dipinge un quadro vivido delle donne rinascimentali che affrontano i loro ruoli nella casa, nella società e nelle arti. Lo spettacolo invita a riflettere su quanta strada su questo terreno sia stata fatta. E su come alcune sfide rimangano immutate. 

Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Parità economica

Dalla cultura all’economia sociale. Jointly è la prima bcorp in Italia nel settore del welfare e del corporate wellbeing. La B Corporation (o B Corp), come riferisce Wikipedia, è una certificazione, diffusa in 78 paesi e 155 settori diversi, rilasciata da B Lab, ente no profit statunitense. Per ottenere e mantenere la certificazione, le aziende devono raggiungere un punteggio minimo su un questionario di analisi delle proprie performance ambientali e sociali. E devono integrare nei documenti statutari il proprio impegno verso gli stakeholder, ad esempio adottando lo status giuridico di Benefit Corporation, in Italia società benefit. Jointly ha ottenuto la certificazione per la parità di genere rilasciata da Bureau Veritas in base alle Linee Guida del 2022. Jointly ha ottenuto la certificazione per la parità di genere dopo l’audit di Bureau Veritas che ha misurato il grado di maturità dell’azienda rispetto a sei aree specifiche. Analizzando indicatori qualitativi e quantitativi. E’ stato valutato, inoltre, il piano strategico di miglioramento. Dall’audit sono emerse alcune specificità che contraddistinguono Jointly come azienda unica nel suo genere in Italia. Fondata nel 2014 da due donne, Francesca Rizzi (ceo) e Anna Zattoni (presidente) con un passato nella consulenza strategica d’impresa, Jointly da subito ha avuto nel suo Dna l’ambizione di creare innovazione sociale. In un Paese dove le imprese a guida femminile sono il 22,2%. Oggi che si è trasformata in una bcorp l’impegno è confermato dai numeri emersi con la certificazione: il 51% dei dipendenti sono donne (51 totali) e anche nelle nuove assunzioni del 2023 c’è stata una forte attenzione a garantire processi di recruiting gender neutral. Questo equilibrio di genere è una realtà in tutta l’organizzazione, anche nei ruoli apicali. Il cda è composto da un 60% di donne e il numero di quelle che a livello manageriale hanno delega di budget è pari al 60% contro un benchmark di settore del 22%. 

Foto di Jon Tyson su Unsplash

Policy interna

L’approccio di Jointly alla genitorialità è a 360° gradi, grazie ad una policy interna che supporta i genitori prima durante e dopo il periodo di congedo. In particolare l’azienda – oltre a garantire il mantenimento dei benefit durante i periodi di maternità e paternità – offre alle madri che lo richiedano la possibilità di tenersi in contatto (su base volontaria) con il proprio responsabile, per tenersi aggiornati in maniera veloce ed efficace su eventuali novità e aggiornamenti. E al rientro è prevista la figura di un buddy, ovvero un accompagnatore che faciliti il reinserimento della persona nel team di lavoro, oltre alla possibilità di lavorare per un mese da remoto (Newborn smartworking), per le madri al rientro dai congedi e per i padri dal momento della nascita del figlio. Inoltre i genitori possono usufruire dei servizi che Jointly propone ai propri clienti, come Jointly 0-18, un programma modulare che accompagna i genitori da quando i figli sono neonati ((nidi, baby-sitter, etc.) a quando vanno a scuola (con campus, ripetizioni, baby-sitting) fino alla scelta delle scuole secondarie e poi dei percorsi post diploma. Per gestire nel modo più efficace, nel pieno rispetto della privacy e della delicatezza dei temi trattati, eventuali comportamenti inopportuni Jointly ha introdotto la figura della “person of trust“, selezionata esternamente all’azienda e dotata di piena autonomia nell’esercizio delle sue funzioni. La “person of trust” agisce con correttezza, imparzialità e assoluta riservatezza, possedendo competenze e capacità professionali nel campo della mediazione dei conflitti e dell’esperienza nelle questioni legate alle discriminazioni, al mobbing e alle molestie morali o sessuali sul luogo di lavoro.

Foto di Marten Bjork su Unsplash

Percorso-parità

“L’ottenimento della certificazione di parità di genere – spiega Anna Zattoni, presidente e founder di Jointly – rappresenta la conclusione di un percorso naturale per un’azienda come la nostra abituata a disegnare e strutturare politiche di benessere lavorativo, ma non scontato. E’ allo stesso tempo una testimonianza concreta che anche una media azienda può fare molto per i propri collaboratori, con strumenti semplici ed efficaci. E che Jointly vive con impegno e coerenza la propria natura di società benefit, garantendo all’interno, alle proprie persone,  gli stessi standard che offre all’esterno”. Inoltre il raggiungimento della parità di genere garantisce una maggior crescita economica e competitività per le aziende. A confermarlo è il nuovo studio “Oltre il divario salariale: la parità di genere per la crescita economica e la competitività delle imprese” realizzato da Arel in collaborazione con JTI Italia e con il supporto dell’Ufficio Studi PwC Italia, e presentato ieri alla Torre PwC di Milano. Lo studio fa una disamina della disparità salariale di genere a livello globale e locale. Anche nel nostro Paese, infatti, il Gender Pay Gap rappresenta una realtà penalizzante nel mondo del lavoro. Ciò emerge dagli ultimi dati. Dopo cinque anni dalla laurea, il divario salariale medio mensile a sfavore delle donne nelle discipline Stem è di oltre 200 euro mensili. Ma non solo, la disparità negli anni continua ad aumentare, fino a determinare una differenza salariale del 14.5% – a parità di livello fra uomini e donne – nella fascia tra i 45 e i 54 anni: un dato derivante da una pluralità di fattori, dove alle minori opportunità di carriera e formazione e a scatti salariali meno frequenti, si somma un maggior impegno sul fronte familiare.

Foto di Kelly Sikkema su Unsplash

Gender gap

La ricerca sottolinea un ulteriore elemento significativo che si aggiunge alla disparità retributiva. Ovvero il tema dell’abbandono del lavoro. Con il tasso di occupazione femminile che nel 2023 è stato inferiore di quasi 20 punti percentuali rispetto a quello maschile. Accanto alle medie e alle percentuali degli indicatori rilevanti, quindi, l’analisi evidenzia le cause profonde e talvolta sommerse che alimentano il divario retributivo di genere. Come ad esempio la motherhood e caregiver penalty, alla radice del problema dell’inattività femminile in Italia. Alla luce di questi dati, la ricerca indica come le aziende che adottano politiche di inclusione, registrino significativi miglioramenti negli ambiti di produttività e innovazione. Identificando la parità di genere come un fattore chiave per la crescita economica e la competitività. La scarsa partecipazione femminile al lavoro rappresenta infatti un ostacolo alla crescita. Riducendo la dimensione delle forze produttive di un Paese. Questo emerge anche da una recente analisi dei benefici economici della parità occupazionale, realizzata dallo European Institute for Gender Equality, che evidenzia come la differenza tra tasso di attività maschile e femminile nell’Unione europea abbia portato ad una perdita economica stimata a quasi il 3% del Pil. Guardando al contesto italiano, poi, l’uscita delle donne dal mercato del lavoro è fra le cause principali del disallineamento fra domanda e offerta. Con oltre 300mila posti di lavoro rimasti vacanti solo nel 2023 in molteplici aree produttive del nostro Paese.

 

Giacomo Galeazzi

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