“Grazie a don Oreste Benzi per aver dato vita alle case famiglia. La famiglia è il luogo dove curare tutti, sia le persone accolte che quelle accoglienti, perché è la risposta al bisogno innato di relazione che ha ogni persona”. Con queste parole, Papa Francesco ha salutato i membri dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII (APG23) in udienza presso l’aula Paolo VI in Vaticano.
La Comunità ha infatti avuto ieri mattina un incontro straordinario con il Santo Padre: oltre 1300 persone, tra cui circa 800 bambini di ogni età accompagnati dal responsabile generale Giovanni Paolo Ramonda.
La Sala era piena di donne, uomini, ragazzi e tantissimi bambini… tutti con indosso una fascia azzurra di stoffa riciclata con la scritta “GRAZIE – PERMESSO – SCUSA”, le tre parole tanto care al Pontefice. Con loro, le mamme e i papà delle case famiglia, l’intuizione del Servo di Dio don Oreste Benzi – “Instancabile apostolo della carità”, lo definì il compianto Papa Benedetto XVI – fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII che da oltre 50 anni opera a fianco e a tutela degli ultimi.
Il saluto del Papa: “Grazie Don Oreste!”
“Cari bambini e bambine, cari ragazzi e ragazze, fratelli e sorelle, buongiorno! – ha esordito il Pontefice. L’incontro di oggi è speciale, perché siete voi più piccoli che rappresentate la grande famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII. E di questo dobbiamo ringraziare il Signore e poi Don Oreste Benzi, che ha dato vita a questa bella realtà. Siete d’accordo? Allora tutti insieme possiamo dire: “Grazie Don Oreste!”.
E poi c’è un altro aspetto importante che mi ha colpito nelle presentazioni che mi avete mandato un po’ di tempo fa: il fatto che voi bambini e ragazzi siete tutti presentati ciascuno con il proprio nome. Così piace a Dio, che ci conosce ciascuno per nome.
Non siamo anonimi, non siamo fotocopie, siamo tutti originali! E così dobbiamo essere: originali, non fotocopie, lo diceva il Beato Carlo Acutis, un ragazzo come voi. Dio ci conosce ad uno ad uno, con il nostro nome e il nostro volto, che è unico. Certo, abbiamo anche i nostri limiti; alcuni di noi purtroppo hanno limiti pesanti da portare. Ma questo non toglie nulla al valore di una persona: ognuno è unico, è figlio o figlia di Dio, è fratello o sorella di Gesù.
Una comunità cristiana che accoglie la persona così com’è aiuta a vederla come la vede Dio. E come ci vede Dio? Con lo sguardo dell’amore. … Gesù è l’uomo perfetto, è la pienezza dell’umano, e l’amore di Dio ci fa crescere verso questa misura completa, verso la pienezza.
E, sapete, ci sono dei segni che fanno capire quando una persona viene accolta con amore, quando un bambino, una bambina, un ragazzo, una ragazza, ma anche una persona grande, di qualsiasi età viene guardata con lo sguardo di Dio, viene accolta con amore.
Quali sono questi segni? Ce ne sono diversi, ma ne scelgo uno: il sorriso. Ho visto che l’avete detto anche voi, più di una volta, raccontando le vostre storie: “Quel bambino o quella bambina ha dei problemi, però è sempre sorridente…”. Come mai? Perché si sente amato, amata, si sente accolto, accolta, così com’è. Quando un bimbo appena nato sta in braccio alla sua mamma, che lo guarda e gli sorride, incomincia a sorridere. Il sorriso è un fiore che sboccia nel calore dell’amore.
Cari bambini e ragazzi, nelle vostre storie, e anche nelle vostre domande, risalta un’esperienza che molti di voi avete in comune: l’esperienza della casa famiglia. Oggi, qui con voi, voglio sottolineare che le “case famiglie” sono nate dalla mente e dal cuore di Don Oreste Benzi. Lui era un prete che guardava i ragazzi e i giovani con gli occhi di Gesù, con il cuore di Gesù. E stando vicino a quelli che si comportavano male, che erano sbandati, ha capito che a loro era mancato l’amore di un papà e di una mamma, l’affetto dei fratelli.
Allora Don Oreste, con la forza dello Spirito Santo e il coinvolgimento di persone a cui Dio dava questa vocazione, ha iniziato l’esperienza dell’accoglienza a tempo pieno, della condivisione della vita; e da lì è nata quella che lui ha chiamato “casa famiglia” – prosegue il Papa.
Un’esperienza che si è moltiplicata, in Italia e in altri Paesi, e che si caratterizza per l’accoglienza in casa di persone che diventano realmente i propri figli rigenerati dall’amore cristiano. Un papà e una mamma che aprono le porte di casa per dare una famiglia a chi non ce l’ha. Una vera famiglia; non un’occupazione lavorativa, ma una scelta di vita. In essa c’è posto per tutti: minori, persone con disabilità, anziani, italiani o stranieri, e chiunque cerchi un punto fermo da cui ripartire, una famiglia in cui ritrovarsi. La famiglia è il luogo dove curare tutti, sia le persone accolte sia quelle accoglienti, perché è la risposta al bisogno innato di relazione che ha ogni persona.
Ed ora, cari amici, vorrei rivolgermi personalmente a qualcuno di voi. Saluto Francesco, di sei anni, che oggi non è potuto venire, e prego per la sua mamma che è malata. Saluto Biagio, di 14 anni: anche lui non è potuto venire, e gli mando una benedizione speciale.
Tu, Sara, che hai 13 anni e sei scappata dall’Iraq, custodisci nel cuore il tuo santo desiderio che ai bambini non venga rubata la loro infanzia: Dio ti aiuterà a realizzarlo! Tu che vorresti vedere la nonna che è andata in cielo, parla con lei nel tuo cuore e segui i suoi buoni esempi, e un giorno la rivedrai. Tu che, come tanti adolescenti, fai fatica a percepire la bellezza della Messa, non temere: al momento giusto Gesù vivo ti farà sentire la sua presenza. Grazie te, piccolo amico, che ti ricordi degli innocenti che vengono uccisi nel seno materno.
E grazie di cuore a voi, bambini e ragazzi, che ogni domenica sera vi incontrate online e pregate il Rosario. Voglio dirvi: la vostra preghiera per la pace, anche se non sembra, Dio la ascolta; e noi crediamo che Dio dona la pace, subito, oggi! Dio ce la dona, ma sta a noi accoglierla, nel cuore e nella vita. State sicuri che Dio ascolta la vostra preghiera, e andate avanti! Carissimi, grazie a tutti voi!
Che il Signore benedica la Comunità Papa Giovanni XXIII e che la Madonna la custodisca sempre nella fede, nella speranza e nell’amore. Vi benedico di cuore. E vi chiedo per favore di pregare per me“.
Ramonda: “Il buon Dio ha creato la famiglia, è l’invenzione più bella che ci sia”
“Carissima Santità, i nostri bimbi qui presenti La vorrebbero chiamare se fosse possibile come chiamavamo il nostro fondatore ‘Nonno Oreste'”. Così esordisce Paolo Ramonda, Presidente dell’APG23, leggendo la lettera di saluto iniziale al Pontefice, fatta a nome di tutti i bambini presenti.
Siamo qui quest’oggi con tanti bambini, normali ma anche un po’ speciali, veniamo dai cinque continenti, figli naturali e rigenerati nell’amore, accolti nelle famiglie e case famiglie della Comunità Papa Giovanni XXIII, per crescere insieme, cercando di volerci bene.
Alcuni di noi hanno delle disabilità gravi ma anche delle qualità super! Siamo stati per molto tempo in ospedale, negli istituti, i nostri genitori biologici non se la sono sentita di tenerci, e non li giudichiamo, anzi li ringraziamo per il dono della vita. Purtroppo oggi tanti bimbi non vengono fatti nascere perché sono ciechi, sordi, con trisomia ventuno o con spasticità gravi.
Eravamo nei campi profughi, oggi con le nostre mamme siamo qui con tanti amici e abbiamo la possibilità di andare a scuola, abbiamo una casa e tante cose belle.
Siamo scappati dalla guerra, con tanta paura, senza acqua, medicine, talvolta solo con i nonni e poi ci siamo ricongiunti con i nostri genitori.
Eravamo nelle carceri con le nostre mamme e oggi siamo qui liberi di giocare e correre e vogliamo che altri bimbi possano uscire: ce ne sono ancora 36 in carcere in Italia.
Le nostre mamme erano schiave sulla strada, oggi grazie ai volontari hanno un lavoro e noi bimbi possiamo stare con loro.
Alcuni di noi erano nella lista per l’interruzione volontaria di gravidanza, ma le nostre mamme hanno avuto il coraggio e la forza di dire sì alla vita e dunque siamo qui contentissimi di esserci.
Alcuni di noi erano embrioni congelati e grazie al calore di un grembo materno, di una mamma per vocazione, oggi possiamo vedere le meraviglie del Creato e il sentirci scelti e voluti bene.
Eravamo nei campi nomadi, senza luce, acqua, riscaldamento, con dei topi grandi che giravano, oggi siamo con la nostra famiglia nel Villaggio della gioia assieme ad altre famiglie.
Abbiamo trovato nuovi genitori, babbo e mamma, nuovi fratelli e sorelle e siamo qui in tanti per dirLe grazie. Veniamo da varie parti d’Italia, da Kabul, dall’Ucraina, dalla Siria, dall’Europa dell’Est e dal nord Europa e dal Sud America.
La vediamo sempre in televisione con quel vestito bianco. “Nonno Oreste” aveva una tonaca lisa nera, ma siete bellissimi tutti e due. Anche Gesù ci è tanto simpatico perché aiutava i poveri, guariva i malati, risuscitava i morti.
Santità, il buon Dio ha creato la famiglia, è l’invenzione più bella che ci sia, perché piccoli, giovani, anziani, tutti assieme possiamo crescere e forse anche camminare insieme verso la casa del Padre. Tanti di noi sono in carrozzina come lei e ben comprendiamo la Sua sofferenza e preghiamo per Lei, perché il buon Dio le doni tanta salute.
Don Buonaiuto: “L’abbraccio del Santo Padre equivale all’abbraccio del Signore “
“E’ stata una grande emozione incontrare il Santo Padre insieme a una rappresentanza della Comunità Papa Giovanni XXIII, cioè i bambini e i ragazzi delle nostre case famiglia, provenienti dai cinque continenti” ha dichiarato don Aldo Buonaiuto, fondatore della testata Interris.it e sacerdote dell’Apg23.
Don Buonaiuto, parroco della Collegiata San Nicolò di Fabriano, ha accompagnato oltre 150 fedeli (tante famiglie con bambini) a salutare il Papa in comunione fraterna con i membri dell’Apg23. Una delle bambine della parrocchia è corsa verso il Papa donandogli una letterina e il Pontefice gli ha detto: “Sei stata proprio coraggiosa!”. Alcuni neonati sono stati accarezzati e benedetti da Francesco durante i saluti finali.
“Sono bambini rigenerati nell’amore da un papà e da una mamma che hanno scelto di aprire la loro casa per donare quell’amore che viene da Gesù – prosegue don Buonaiuto -. Questi piccoli si sentono accolti. Come ha sottolineato il Pontefice, questa è una scelta di vita che ci caratterizza in tutto il mondo. L’abbraccio del Santo Padre per noi è tutto, perché equivale all’abbraccio del Signore che ci conferma nella fede e ci spinge con entusiasmo ad andare avanti nel vivere questa bellissima vocazione della Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata dal Servo di Dio don Oreste Benzi”.
La testimonianza di uno dei bambini presenti
“E’ stata una giornata faticosa ma bellissima”, racconta a Interris.it Gabriele, 10 anni, uno dei tanti bambini che hanno preso parte all’udienza e alla messa pomeridiana, officiando anche come chierichetto. “Ci siamo alzati alle 6 del mattino per poter arrivare a Roma in tempo per l’udienza delle 11:30. Dopo il saluto di Paolo Ramonda a Papa Francesco a nome di tutti noi bambini e il discorso del Papa, noi piccoli lo abbiamo salutato tutti assieme con dei canti preparati per l’occasione e infine gli abbiamo portato dei doni fatti con le nostre mani. Alle 15:30 – dopo la visita alle tombe dei Papi – abbiamo partecipato alla Santa Messa in San Pietro presieduta dal cardinale Mauro Gambetti. E’ stato molto bello conoscere Papa Francesco. Mi ha colpito la sua simpatia e la semplicità con cui si rivolgeva a noi bambini: sembrava proprio un nonno affettuoso. Anche quando sarò vecchio, di sicuro mi ricorderò del giorno che ho incontrato Papa Francesco!”.