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Padre Spadaro: “Arte e cultura per immaginare un futuro migliore”

Il contributo che l’arte e la cultura possono dare per aprirsi alla speranza lo spiega a Interris.it padre Antonio Spadaro, teologo, intellettuale, attualmente sottosegretario del Dicastero per la cultura e l’educazione

Per curare, rimettere insieme, salvare un mondo segnato dalle divisioni, dalle diseguaglianze crescenti e dalla “terza guerra mondiale a pezzi”, servono la speranza e l’immaginazione.  La cultura e l’arte incarnano la riflessione sullo stato delle cose e il gesto che crea il nuovo, che apre al futuro. Così, in occasione del Giubileo della speranza, è stato pensato un evento dedicato agli artisti e alla cultura. “C’è bisogno di una parola nuova, diversa, che dia slancio e prospettiva. Allora avere un Giubileo che mette insieme il mondo dell’immaginazione, della creatività e quello della dimensione critica, è importante per offrire le chiavi un futuro migliore”, dice a Interris.it padre Antonio Spadaro, teologo, intellettuale, giornalista già direttore della rivista dei gesuiti “La Civiltà cattolica”, attualmente sottosegretario del Dicastero per la cultura e l’educazione, che organizza le iniziative del Giubileo degli artisti e della cultura.

Arte e fede

La fede e l’arte sono storicamente legate da una relazione in cui una ispira l’altra che poi traduce l’ispirazione in parola, in nota, in segno, in colore, in fotogramma. “Tutte le arti sono in grado di esprimere con grande forza la potenza dello sguardo della fede e la parola di Dio”, sottolinea il teologo. Le rappresentazioni del sacro che si sono succedute nei secoli hanno sia raffigurato il soggetto religioso che espresso la dimensione spirituale. Ed entrambe invitano a guardare il mondo con altri occhi. “La fede vive grazie alla capacità d’immaginazione e l’arte e la cultura ci offrono l’occhio dell’immaginazione e quello della riflessione”, prosegue Spadaro. Per non appiattirsi nell’eterno presente dei like sui social e dello scrolling sul cellulare occorre sospendere volontariamente la propria incredulità, aggiunge citando il poeta inglese Samuel Taylor Coleridge, quando siamo di fronte a una creazione artistica, in modo da poterci immergere in storie che non sono la nostra, per trascendere da noi stessi.

Farsi prossimi

Andare oltre noi stessi, il nostro vissuto, la nostra visione della realtà e la nostra postura interiore verso l’esterno può significare anche aprirsi all’altro in modo differente. Chiediamo a padre Spadaro se l’arte e la cultura possono aiutare a farsi prossimi di chi pensiamo diverso, spesso più fragile. “L’arte può diventare luogo d’incontro simbolico del dolore, della sofferenza, delle tensioni, delle vite distanti, marginali, periferiche”, risponde, “in questo Giubileo si inaugura lo spazio espositivo Conciliazione 5, un progetto del maestro cinese Yan-Pei Ming, in collaborazione con l’amministrazione penitenziaria italiana e la comunità del carcere di Regina Coeli. Il carcere diventa luogo in cui l’arte diventa visibile, lo valorizza e lo trasforma, ed entra in dialogo con la vita delle persone detenute. Un messaggio molto forte”.

Fattore umano e tradizione generativa

L’arte è stata a lungo vista come uno degli apici della creatività umana, l’atto elevato di creazione del genio. L’innovazione tecnologica nell’ultimo secolo prima ha privato l’opera d’arte della sua aura, la sua unicità, come osservava il filosofo tedesco Walter Benjamin, per farla diventare un oggetto di consumo all’interno della società di massa, e oggi l’intelligenza artificiale (ia) rischia di rendere obsoleto il fattore umano. Questo è uno dei timori più diffusi riguardo l’avvento dell’ia. Secondo Spadaro “dobbiamo cercare di comprendere come le nostre invenzioni ci rendano più umani e possono essere messe al nostro servizio”. Nuove tecnologie, nuove sensibilità e nuove strategie possono rivelarsi, inoltre, gli strumenti adatti per “la trasmissione del patrimonio culturale alle nuove generazioni, per rendere la tradizione generativa di futuro”, aggiunge.

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