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Padre Feretti: “Marsiglia sia un luogo di dialogo e non di frontiera”

Papa Francesco

foto Samantha Zucchi/Insidefoto/Image nella foto: Papa Francesco

Marsiglia è la città più grande del sud della Francia. Questo luogo ha una storia particolare che ha visto la presenza, in fasi diverse, di romani, liguri, arabi, saraceni e presenta, ancora oggi, un’identità variegata che continua ad arricchire la storia francese, con la presenza dell’immigrazione anche per il ritorno dalle ex colonie. La città, insomma, ha sempre rappresentato un crocevia di culture che, ai giorni nostri, considerato il particolare momento storico che stiamo vivendo, assume una grande valenza simbolica per valorizzare la cultura dell’incontro tra i popoli.

Il viaggio apostolico di Papa Francesco

Tra conflitti, drammi sulle rotte delle migrazioni, mutamenti ambientali e nuove fragilità il mar Mediterraneo assume in misura sempre maggiore il ruolo di ponte fra Occidente e Oriente nonché incontro di culture diverse. Tutto ciò implica la necessità di fare del Mediterraneo un mosaico di speranza. Questa è la prospettiva a cui guardano il viaggio apostolico di Papa Francesco e l’evento denominato “Incontri del Mediterraneo”, in corso a Marsiglia in questi giorni, che vede la partecipazione di una sessantina di vescovi e altrettanti giovani rappresentanti delle cinque rive del Mediterraneo con l’obiettivo di affrontare insieme le sfide particolari, ma allo stesso tempo universali: pace, accoglienza, dialogo, ambiente, identità, interculturalità, del “mare nostrum” per far si che possa diventare un mare condiviso e inclusivo. Interris.it, in merito al significato più profondo della visita a Marsiglia del Santo Padre, ha intervistato padre Alfredo Feretti, direttore del “Centro La Famiglia” di Roma, il primo consultorio sorto nella capitale d’Italia, fondato nel 1966 da padre Luciano Cupia degli Oblati di Maria Immacolata.

Il cimitero delle barche a Lampedusa. Foto di tivissima da Pixabay

L’intervista

Papa Francesco, oggi e domani, è in visita a Marsiglia, un luogo fortemente simbolico per l’emergenza migratoria attualmente in corso. Cosa significa oggi accogliere? Che significato ha questa visita?

“Va detto prima di tutto che, sfortunatamente, il verbo ‘accogliere’, come molte parole, diventando di moda, sta perdendo di contenuto. Quando si parla di accoglienza, come tutti noi sappiamo, si pensa alle responsabilità altrui perché noi, nel nostro piccolo, ci sentiamo un pò impotenti e la attribuiamo sempre ad altri. Invece, dovremo sapere che, nella parola accoglienza, è insita la nostra personale responsabilità morale, quindi dobbiamo convertirci alla cultura dell’accoglienza. Mi spiego meglio: fare dello straniero uno di noi è una delle opere più difficili. Il tema dell’accoglienza è enorme e complesso, richiede uno sforzo corale e unitario. Accogliere non significa solamente ospitare qualcuno in casa, ma vuol dire innescare un doppio processo in cui, l’accolto e l’accogliente, si inseriscono in una dinamica di trasformazione. Questo tempo ci richiede una trasformazione interiore. Nel momento in cui si accoglie qualcuno in casa propria, non è l’altro che deve uniformarsi a me, ma la trasformazione comporta la metamorfosi di entrambi, accogliendo l’altro, si capisce di più la propria identità. Stranamente oggi si tende a dire ‘difendiamo la nostra identità perché nessuno possa ridurla al nulla, dobbiamo salvarla’ ma, per fare ciò, è assolutamente necessario accogliere l’altro pensando però di trasformare noi stessi in quanto, l’altro, diventa parte di noi. Le culture che si incontrano innescano un processo che richiede tempo, ciò però presuppone che nessuno resti sulle proprie posizioni. È un mutamento enorme, che durerà anni, ma è irreversibile. Il tema dell’accoglienza è oggi il tema d’eccellenza. Ecco perché, l’incontro a Marsiglia, è il volto principale di una tematica fondante della nostra cultura e di una nuova che noi, per ora, non possiamo conoscere, ma di cui abbiamo bisogno.”

In che modo, secondo lei, la Chiesa può aprire nuovi cammini di pace e riconciliazione tra i popoli al servizio del bene comune?

“Ci sono gradi di responsabilità diversi e, ovviamente, coloro che si incontrano a Marsiglia, hanno un grado di giudizio più alto e troveranno le strade più accessibili per le comunità intere. Primariamente però, è necessario affrontare le paure che ci portiamo dentro tra cui, come si sente dire in questi giorni, il timore di perdersi se si accoglie qualcuno, la quale porta ad una tendenza di chiusura per proteggersi. La Chiesa, su questo versante, può fare una grande opera di educazione ovvero, è necessario capire che, ci salviamo se ci apriamo e inneschiamo un cammino di riconciliazione tra i popoli. Bisogna riconoscere la storia dei nostri popoli nel rapporto con quelli del sud del mondo. È un discorso difficile ma ritengo che sia fondante. Dobbiamo avere il coraggio di assumerci le nostre responsabilità in qualità di società e di persone che abitano questa parte del pianeta in rapporto con i popoli del sud del mondo, i quali soffrono tremendamente perché non hanno un minimo di dignità e diritti garantiti per poter vivere dignitosamente. Occorre quindi avviare un cammino di riconciliazione al servizio del bene comune. L’apertura agli altri rivela, anche noi stessi, che non possiamo scoprirci nella nostra identità senza scoprire e conoscere coloro che vengono vicino a noi. Non possiamo fermarci a questo, altrimenti ci chiudiamo.”

Marsiglia come Lampedusa in questo frangente storico è chiamata ad essere un porto di speranza. In che modo, nella vita di ogni giorno, il cristiano può contribuire al perseguimento di questo obiettivo?

“Marsiglia, nell’800, è stata il luogo della partenza di centinaia di missionari. La mia Congregazione ha avuto come fondatore il vescovo di Marsiglia, monsignor Eugène de Mazenod ed è lui che ha costruito ‘Nostra Signora della Guardia’ dove il Papa celebrerà l’Eucarestia. Monsignor De Maszenod, da quel porto, ha visto partire decine di giovani missionari per ogni parte del mondo. Marsiglia, come Lampedusa e il Mediterraneo, non sono luoghi di frontiera ma di dialogo. Rappresentano il nostro futuro, dove l’umanità può ritrovare sé stessa e, come cristiani, possiamo contribuire a trasformarci davvero in porti sicuri. Abbiamo una potenzialità enorme. Centomila persone possono sembrare molte ma, se fossero accolte degnamente, potrebbero diventare una ricchezza. Ecco perché, Marsiglia, Lampedusa e il Mediterraneo, possono diventare la frontiera di una nuova umanità.”

Christian Cabello: