Sono passati trent’anni da quella sera del 22 settembre del 1992 in cui moriva Padre Candido Amantini, l’esorcista di Roma. Nel cuore di molti fedeli e presso la Scala Santa, dove le sue spoglie riposano da una decina d’anni dopo il trasferimento dal Verano, il suo ricordo è vivissimo. La Congregazione della Passione, cui apparteneva e che da poco ha festeggiato il terzo centenario della fondazione, ha voluto ricordarlo dal 19 al 22 settembre con una serie di celebrazioni eucaristiche presso il santuario, presiedute, fra gli altri, dal cardinale Mauro Piacenza, penitenziere maggiore, da padre Francesco Bamonte, presidente dell’Associazione Internazionale degli Esorcisti, da don Aldo Buonaiuto, esorcista e membro dell’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, da padre Ottaviano d’Egidio, già superiore generale dei Passionisti, e da padre Leonello Leidi, rettore del Pontificio Santuario della Scala Santa. Del Servo di Dio Candido Amantini, nativo del monte Amiata, è in corso il processo di beatificazione presso la Congregazione Vaticana per le Cause dei Santi. Inoltre, dal 1997 si è costituito presso la Scala Santa un Gruppo di preghiera a lui intitolato, attivissimo nel raccogliere testimonianze e nel far conoscere la sua figura.
Candido è ancora oggi ricordato per il ministero di esorcista che esercitò quotidianamente per più di tre decenni fino all’esaurimento delle forze. La sua vita religiosa conobbe due fasi principali. Compiuti gli studi universitari presso l’Angelicum e il Pontificio Istituto Biblico, dapprima, per circa un ventennio, fu apprezzato formatore e docente di Sacra Scrittura presso la sua Congregazione. Successivamente, dal 1961 fino alla morte, svolse un instancabile servizio nel ministero della consolazione in aiuto dei sofferenti a causa del Maligno. Per moltissime anime fu direttore spirituale e premuroso accompagnatore nei pellegrinaggi a Lourdes. Dunque, egli fu un prete in pienezza, tanto che San P. Pio da Pietrelcina disse di lui: “È un sacerdote secondo il cuore di Dio”.
La sua salda vocazione si rinnovava costantemente nella celebrazione dei sacramenti e con la preghiera, nucleo e motore della sua esistenza, sostegno nel suo delicato e faticoso ministero. E nella preghiera si raffinava quella relazione personale con Dio che P. Candido riversava nel prossimo che incontrava, ascoltava e, in nome di Cristo, liberava, restituendolo alla pienezza della vita. L’esorcismo è un atto di carità e di amore, e P. Candido ne era consapevole, mosso da una compassione autentica che, se di giorno sperimentava incontrando decine di persone (fino a 80, 100), di notte, interrompendo il sonno, esprimeva nell’adorazione eucaristica. Egli si poneva così continuamente in comunione fraterna con i sofferenti, soffrendo a sua volta.
Padre Candido, a trent’anni dalla sua dipartita, è una figura attualissima, poiché il tema della presenza reale del Maligno, nonché della sua azione nelle vicende umane, anche in ragione delle molte prove che il mondo sta vivendo, suscita interesse e solleva interrogativi. Il diavolo adegua ai tempi la sua tattica, sebbene il suo obiettivo finale resti immutato fin da Genesi: la rovina dell’uomo creato a immagine di Dio e la dannazione delle anime. Oggi, per l’antica sua sfida, appare sotterraneo eppure più desideroso di visibilità. La stessa cornice occultistica in cui operano i suoi intermediari, spesso e volentieri si mostra pubblicamente sul web, nei social, nei media. Da qui un’urgenza pastorale per sviluppare piena consapevolezza di fronte alla presenza del Male, per dare risposte a chi soffre e che spesso risposte non trova. P. Candido, con la sua solida preparazione teologica e biblica, grazie alla sua umanissima e vigile sensibilità (sapeva distinguere immediatamente i casi di possessione dalle patologie psichiche), rappresenta senza dubbio un modello per ogni sacerdote esorcista, e non solo.
Candido non amava i riflettori, la sua discrezione era assoluta, quanto dolce e autentica era la sua testimonianza quotidiana, sorretta da una fede incrollabile. Il suo sorriso, nonostante i frequenti assalti e le molte avversità causate dall’Avversario, era meditato e sereno. Le risposte che egli forniva alle dolorose richieste di chi era vittima dell’azione straordinaria del diavolo erano espresse nei gesti e nelle parole essenziali del suo quotidiano ministero, sempre nutrendo e trasmettendo la certezza che il demonio è già stato sconfitto dalla morte e risurrezione di Cristo. Fermo perciò era il suo richiamo contro le strategie del Maligno e dei suoi cooperatori umani, contro ogni compromesso, come contro oggi atteggiamento arrendevole. Chiestogli un giorno che nome avrebbe dato al demonio, P. Candido rispose con efficacissima sintesi: “Il suo nome è bestemmia”.
Mite, paziente, di indole riservata, i suoi silenzi – complice lo sguardo – sostituivano spesso le parole. Esortava quanti lo incontravano a crescere nell’amore di Dio, facendo propri il perdono e la misericordia. Come ha scritto Don Gabriele Amorth, che fu suo allievo nel ministero dell’esorcismo, P. Candido “parlava di Dio, sempre di Dio, conforme a quella che era la sua vita interiore. E spronava a rivolgere tutti i pensieri a Dio, ad abbandonarsi in Lui, a guardare Gesù Crocifisso che non voleva altro che la volontà del Padre”.
Candido aveva una venerazione particolare verso Maria Santissima. Non per caso il nome che il giovane Eraldo Amantini assunse, quindicenne, da religioso fu Candido dell’Immacolata: scelta singolare e provvidenziale dal momento che molti anni dopo avrebbe ricevuto il mandato di esorcista. Nell’iconografia mariana la Vergine Immacolata schiaccia, infatti, col piede la testa dell’antico serpente. P. Candido, con una sensibilità spirituale propria della sua vocazione passionista, attribuiva un’importanza speciale alla partecipazione della Madre di Dio alla Passione di Gesù. Nel suo bellissimo libro “Il Mistero di Maria”, ristampato nel 2018, spiegò che quel giorno in cui si compì sul Golgota la Redenzione, in Maria, con le sue sofferenze non separate da quelle di suo figlio, venne a completarsi anche il mistero della sua divina maternità.
Trasformare il male patito in offerta fu l’estremo atto d’amore che anche P. Candido Amantini fece suo negli ultimi giorni di vita, come malato terminale. Morì nella sua stanza alla Scala Santa, affacciata sulla prospettiva di Via Tasso, che di dolori e sofferenze mezzo secolo prima fu tragico teatro, ripetendo le parole dell’antico canto natalizio: “Ahi quanto ti costò l’avermi amato!”. Fu quella l’estrema consegna personale del passionista, figlio fedele di San Paolo della Croce, il compimento di una relazione d’amore e gratitudine al cospetto del modello, profondamente accolto e amato, di Cristo sofferente per la salvezza del mondo.