“La santità non è un lusso, non è un privilegio per pochi, un traguardo impossibile per un uomo normale; essa, in realtà, è il destino comune di tutti gli uomini chiamati ad essere figli di Dio, la vocazione universale di tutti i battezzati. La santità è offerta a tutti; naturalmente non tutti i santi sono uguali: sono infatti, come ho detto, lo spettro della luce divina. E non necessariamente è grande santo colui che possiede carismi straordinari. Ce ne sono infatti moltissimi i cui nomi sono noti soltanto a Dio, perché sulla terra hanno condotto un’esistenza apparentemente normalissima. E proprio questi santi ‘normali’ sono i santi abitualmente voluti da Dio“. Sono parole del Papa emerito Benedetto XVI, pronunciate durante un’udienza generale nel Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo nell’agosto del 2008.
Parole che sembrano calzare a pennello per Sandra Sabattini, la giovane riminese, discepola di don Oreste Benzi, che sarà beatificata domenica 24 ottobre 2021, diventando così la prima fidanzata santa ammessa agli onori degli altari. Una santità, la sua, vissuta in tutti gli ambiti della sua vita, nell’aprirsi alla condivisione con gli ultimi, nel mettere al servizio di Dio tutta la sua giovane esistenza terrena, fatta di entusiasmo, semplicità e una grande fede.
Chi era Sandra Sabattini
Nata a Riccione il 19 agosto 1961, Sandra Sabattini ha respirato la fede fin da piccola e ancor più quando, insieme ai genitori ed al fratellino, va a vivere nella canonica dello zio prete, don Giuseppe Bonini, a Misano Adriatico, e di seguito a Rimini, nella parrocchia di San Girolamo. A 12 anni incontra don Oreste Benzi e la comunità Papa Giovanni XXIII; due anni dopo già partecipa ad un soggiorno per adolescenti sulle Dolomiti con disabili gravi, dal quale ritorna con le idee chiare: “Ci siamo spezzati le ossa, ma quella è gente che io non abbandonerò mai”.
Si spende nel servizio per i disabili e per i tossicodipendenti, e va a cercare i poveri di casa in casa. Nel 1980, dopo il diploma di maturità scientifica a Rimini, si iscrive alla Facoltà di Medicina all’Università di Bologna. Uno dei suoi sogni è di essere medico missionario in Africa. Fidanzata con Guido Rossi dall’agosto 1979, anch’egli membro della Papa Giovanni; insieme vivono una relazione improntata ad un amore tenero e casto, alla luce della Parola di Dio. Il 29 aprile 1984, ad Igea Marina, mentre si reca ad un incontro della Papa Giovanni, viene investita da una macchina, entra in coma e muore il 2 maggio successivo, a 22 anni.
Il miracolo di Sandra
È stato accertato un miracolo dovuto alla intercessione della giovane riminese, e così la Venerabile è stata iscritta da Papa Francesco tra i beati: le persone a lei devote o la gente della diocesi di origine possono pregarla con fiducia e imitarla con frutto. Membro della Comunità Papa Giovanni XXIII, Stefano è sposato con Loredana, con cui hanno avuto quattro figli. E’ stato segretario di don Oreste Benzi, fatto che gli ha dato la possibilità di “stare accanto a una profezia”. Nel 2007, in piena carriera politica, scopre di avere un tumore. Dopo vari controlli scopre che i valori tumorali sono alti, segno che la malattia sta progredendo. Va a parlare con don Oreste, fondatore dell’Apg23, che invece di dargli le risposte che cercava lo fa pregare. “Ho chiesto a tutta la Comunità di pregare Sandra Sabattini per la tua guarigione”, gli dirà don Benzi. Stefano scopre che la sua guarigione è avvenuta grazie all’intercessione di Sandra Sabattini, che la Chiesa proclamerà beata proprio in virtù di questa guarigione. Non è stato il miracolato a chiedere a Sandra la guarigione, lui neppure la conosceva. L’iniziativa fu di don Oreste Benzi che invitò la famiglia di Stefano e tutta la Comunità Papa Giovanni XXIII ad unirsi in questa preghiera.
L’intervista
E’ Padre Antonio Marrazzo, Redentorista postulatore della causa romana di Sandra Sabattini e postulatore generale dei Redentoristi, che ci racconta la “straordinaria normalità” di questa giovane riminese che il 24 ottobre 2021 sarà innalzata agli onori degli altari dal cardinale Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione delle cause dei Santi.
Padre Antonio Marrazzo, qual è il ruolo di un postulatore in una causa di beatificazione?
“Il ruolo del postulatore è quello di rappresentare giuridicamente gli attori della causa davanti al vescovo e a tutte le autorità ecclesiastiche. Il postulatore viene nominato dagli attori. In caso di associazioni laicali c’è bisogno dell’approvazione del vescovo, nel mio caso, essendo un religioso, è stata necessaria anche l’autorizzazione del mio Superiore Generale. Il ruolo del postulatore è quello di rappresentare gli attori, sia nella fase diocesana, durante il processo, sia nella fase romana per seguire la procedura con la Congregazione delle Cause dei Santi. Per avviare un processo bisogna considerare, prima di tutto la fama di santità; presentare una biografia documentata del candidato alla canonizzazione; raccogliere tutti gli scritti editi e inediti; fornire l’elenco dei testimoni e una relazione sul valore della causa. Questo come fase iniziale. Nel processo diocesano, il postulatore non può intervenire, ma subentra alla fine – o lui o il vicepostulatore – per visionare gli atti processuali e verificare che sia stato fatto tutto correttamente dal punto di vista giuridico. Successivamente, tutta la documentazione viene portata alla Congregazione delle Cause dei Santi (il transunto), mentre una seconda copia (la copia pubblica) viene consegnata alla postulazione per la redazione della Positio. Il compito del postulatore è supervisionare, guidare, fare gli interessi della causa e dell’attore, oltre a preoccuparsi della fama di santità, verificando che sia autentica e non artificiosa”.
Quanto è importante la fama di santità? La popolarità di una persona può influire sulla causa di beatificazione?
“La fama di santità è la prima cosa che viene verificata. Non è tanto un problema di popolarità, soprattutto per come la si intende oggi. Non basta una popolarità mediatica. Fama di santità vuol dire che i fedeli invocano questa persona in privato, si uniscono in associazioni per portare avanti quelle che sono state le sue caratteristiche di vita cristiana. Questo è fondamentale per noi. La fama di santità deve essere duratura. Il compito del postulatore non è solo verificare questo, ma anche far conoscere la figura del Servo/a di Dio, nell’esemplarità di vita, ma non tanto per quello che ha fatto, ma per come lo ha fatto. Già durante il Processo diocesano, i membri del tribunale, verificano i luoghi dove il Servo/a di Dio viene venerato, per accertare l’autenticità della tomba e che non ci sia un culto indebito. Quando manca la fama di santità non si procede con la causa, non si costruisce un santo in vitro”.
Lei è il postulatore della causa di Sandra Sabattini. Che idea si è fatto di questa ragazza dai documenti e dalle testimonianze che ha potuto visionare?
“Sandra Sabattini non rientra in nessun criterio di santità classico. E’ quasi un paradosso. Questa ragazza ha vissuto una vita straordinaria, nel quotidiano ordinario. E’ stata una persona che potremmo definire normale: per tutta la vita ha fatto di tutto per essere coerente e vivere pienamente la volontà di Dio. E’ così che il normale diventa straordinario. Ed è qui che sta, secondo la considerazione classica dei santi, il paradosso di Sandra. Lei risponde al criterio di santità così come viene considerato oggi: vivere una vita in piena comunione con Dio attestando così che tutti siamo chiamati alla santità, nessuno escluso. Tutte le testimonianze processuali convergono su questo aspetto: pur vedendola come una ragazza normalissima, hanno avuto la conferma – soprattutto dopo la sua morte e leggendo il suo diario – che aveva una marcia in più. Ci si rendeva conto che c’era qualcosa di diverso. Sandra risponde a quello che Gesù ha detto agli apostoli: ‘Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri’. E’ questa la sua grande testimonianza, questo modo diverso di relazionarsi dove ci si accorgeva che non era sola, che nel suo agire traspariva un’altra presenza. Lo si notava soprattutto nella sua attenzione agli altri caratterizzata dall’empatia, dall’equilibrio, dall’armonia. È un modo di fare che potremmo dare per scontato. Definirlo normale, frutto di una buona educazione. Sandra, invece, lo ha tradotto nella testimonianza del suo vivere uniforme alla volontà di Dio”.
Qual è il messaggio che una figura come quella di Sandra Sabattini dà alla Chiesa di oggi?
“Lei risponde perfettamente al comandamento dell’amore, visto però da una prospettiva diversa. Nel Vangelo leggiamo: ‘Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente’ e ‘amerai il prossimo tuo come te stesso’. Spesso quest’ultima affermazione, non la consideriamo abbastanza. Amare se stessi, significa conoscersi, avere una chiara consapevolezza di se stessi che consente, con onestà, di accettare i propri limiti e capacità. Questo è possibile se permettiamo a Dio di amarci per come siamo e così insegnarci come rispondergli con totale dedizione e, in comunione con Lui, amare con la stessa capacità il nostro prossimo. Nel Diario, Sandra afferma di avere chiara questa dinamica e le difficoltà che ne comporta l’attuazione. Infatti, scrive: ‘Signore, Ti ringrazio perché mi vuoi bene, perché sei con me. È una gioia paragonabile a nessun’altra quella che sento in me. È la gioia di chi sa che non sarà mai solo […]. Ma la vita è lotta, dura e implacabile, e la lotta è tutto. Bisogna stringere i denti e affrontare la realtà, l’angoscia del nuovo, giorno per giorno, con la certezza però che Tu stai camminando insieme a me’. Sandra ha accettato se stessa con serena umiltà, perché ha lasciato che Dio diventasse Signore e compagno nel suo percorso esistenziale. La conferma ti questo processo interiore ci è data da un’affermazione del fidanzato Guido Rossi: ‘La persona e la presenza di Gesù Cristo nella sua vita negli anni in cui ho condiviso con lei i giorni era ormai una parte integrante della sua persona’. Anche don Benzi, che ha avuto modo di conoscere profondamente il suo animo e di considerarne per primo le virtù, parlando della fama di santità ha dichiarato: ‘Sono sempre stato convinto dell’esemplare vita cristiana di Sandra da far conoscere quale modello da imitare soprattutto dai giovani. Sono testimone che, soprattutto adolescenti, leggendo il suo diario rimangono edificati e attratti a Dio. In questo riconosco che oggi Sandra riesce a realizzare quello che era il suo grande desiderio: essere missionaria perché Gesù sia il cuore del mondo’. Il Diario ci ha fatto scoprire questo percorso di Sandra, fatto di autoformazione, di affidamento totale a Dio, di ascolto e fiducia in coloro che volevano veramente il suo bene, di coraggio nell’affrontare le sfide quotidiane in favore del prossimo”.
Sandra sarà la prima fidanzata beata. Che importanza ha questo aspetto?
“La risposta a questa domanda l’ha data nella sua testimonianza Guido Rossi, il fidanzato di Sandra: ‘C’è sempre stato tra noi il massimo rispetto l’uno per l’altro. I vari impegni di entrambi ci hanno portato a frequentarci non con molta assiduità anche dal punto di vita delle relazioni affettive. Da Sandra la relazione, anche nell’ambito affettivo, era vissuta nella gioia. In cinque anni di fidanzamento, conclusosi con la sua prematura scomparsa, non ho il ricordo di atteggiamenti non casti da parte di Sandra’. Guido e Sandra hanno fatto un percorso di crescita nel dono reciproco, hanno cercato di conoscersi, di alimentare una comunione d’intenti, prima di arrivare a quella finale del dono totale di sé. Purtroppo, oggi la relazione affettiva si vive spesso con leggerezza, con un’attenzione inquinata, dando al rapporto una considerazione distorta, perdendo di vista soprattutto il valore della propria corporeità con la quale veicoliamo ciò che siamo, ciò che ci caratterizza. Non sempre ponderiamo che nel contatto affettivo, si svela se stessi, e che ha completamente senso solo se vissuto nella piena e quotidiana comunione esistenziale che lo esprime come dono reciproco. Diversamente da entrambe le parti risulta come aver rubato all’altro una sensazione emotiva. Sandra e Guido si sono voluti bene facendo un percorso cristiano corretto, equilibrato, che li avrebbe portati alla pienezza della vita coniugale”.
Negli ultimi anni, Chiesa ha dato molto spazio a quelli che Papa Francesco ha definito santi della porta accanto. Che significato ha questa scelta?
“Nel Diario, Sandra manifesta tutto il suo normale essere giovane: ‘Accettarti certo lo vorrei, prima però devo sconfiggere me stessa, il mio orgoglio, le mie falsità. Non ho umiltà e non voglio riconoscerlo, mi lascio condizionare terribilmente dagli altri, ho paura di ciò che possono pensare di me. Sono incoerente, con una gran voglia di rivoluzionare il mondo, e che poi si lascia assoggettare da questo’. La santità contemporanea è come l’ha vissuta Sandra. Oggi abbiamo soprattutto bisogno di modelli laici di santità che offrano una testimonianza cristiana nel quotidiano nelle diverse condizioni esistenziali. Ciò non significa che la Chiesa non debba continuare a canonizzare le religiose, i religiosi, i sacerdoti, i vescovi o i papi. Ma occorre considerare quei modelli esemplari di vita cristiana che, nella normalità, manifestano un’umanità adulta, matura, autentica, testimoniando con la loro vita l’immagine di Dio nella storia umana. Papa Francesco nell’udienza generale del 2 ottobre 2013, citando il Concilio, ci ha dettato i criteri fondamentali della santità: ‘Ogni cristiano è chiamato alla santità (cfr Cost. dogm. Lumen gentium, 39-42); e la santità non consiste anzitutto nel fare cose straordinarie, ma nel lasciare agire Dio. E’ l’incontro della nostra debolezza con la forza della sua grazia, è avere fiducia nella sua azione che ci permette di vivere nella carità, di fare tutto con gioia e umiltà, per la gloria di Dio e nel servizio al prossimo. […] Non perdiamo la speranza nella santità, percorriamo tutti questa strada. Vogliamo essere santi? Il Signore ci aspetta tutti, con le braccia aperte; ci aspetta per accompagnarci in questa strada della santità. Viviamo con gioia la nostra fede, lasciamoci amare dal Signore… chiediamo questo dono a Dio nella preghiera, per noi e per gli altri’. Sandra Sabattini non ha compiuto gesti straordinari o fondato istituzioni. Eppure oggi la Chiesa e la storia la celebrano e la ricordano per la sua quotidianità vissuta eroicamente in Dio, disponibile al prossimo, soprattutto verso i fratelli dimenticati o scartati. Questa ragazza minuta, di appena 22 anni, con un vissuto apparentemente comune a tanti altri, quasi anonimo, affidandosi generosamente a Dio è riuscita, come comunemente si dice, a fare la differenza. La vita di Sandra richiama la definizione che Gesù ha dato del Regno di Dio: ‘Esso è come un granellino di senapa che, quando viene seminato per terra, è il più piccolo di tutti semi che sono sulla terra; ma appena seminato cresce e diviene più grande di tutti gli ortaggi e fa rami tanto grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra’ (Mc 4,31-32)”.