Manuale per la pace scritto in tempo di guerra. “Se vuoi la pace, prepara istituzioni di pace” si intitola il denso saggio (Edizioni Frate Jacopa) di monsignor Mario Toso. Vescovo di Faenza e Modigliana. Già Rettore Magnifico dell’Università Pontificia Salesiana. E segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Autore di numerosi libri soprattutto sulla Dottrina sociale della Chiesa. A inquadrare il tema è nella prefazione l’economista Stefano Zamagni, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. Un tema “di straordinaria e pur tragica attualità”. E cioè “la guerra in Ucraina che si protrae nel tempo. E di cui “non si riesce ancora a prevedere la fine“, sottolinea il professor Zamagni, già presidente dell’Agenzia per il terzo settore.
Pensiero di pace
“Il taglio espositivo del saggio è quello proprio del pensiero critico-discernente. Di un pensiero cioè che non si limita ad analizzare i fenomeni indagati. Ma si spinge a comprenderne le radici profonde. A praticare appunto il discernimento- evidenzia Stefano Zamagni-. È questo un antidoto efficace contro il pericolo bene descritto da C.S. Lewis. Con l’espressione ‘chronological snobbery’. Per significare l’accettazione acritica di ciò che succede semplicemente perché parte del trend intellettuale del presente. Accade così che l’accettazione supina del ‘factum’ finisce col togliere slancio al ‘faciendum’. Il conflitto russo-ucraino ne è eloquente conferma”. La guerra in Ucraina, infatti, “ha suscitato sgomento e preoccupazione“. Non solo per “la tragedia che ha colpito quel popolo”. Ma anche per “la grave ed irrazionale destabilizzazione internazionale“. Sul piano “culturale, politico, economico ed ecologico. Nonché della pace”, prosegue il presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali. Un tale evento “ha evidenziato atroci crimini di guerra e gli estremi del genocidio“. A fronte “dell’inefficienza dell’Onu e di altre istituzioni internazionali”. Suscitando “contrapposizioni di pensiero, ideologiche e religiose, che al momento paiono insanabili”.
Sos escalation
Incombe, secondo il presule salesiano, “la non improbabile escalation della guerra sul piano non solo europeo, ma anche mondiale”. E ciò reclama che le armi tacciano al più presto. Perché prevalgano il dialogo fra le parti e il lavoro della diplomazia per una soluzione giusta. Il saggio del vescovo Mario Toso, sollecita il superamento dei pacifismi declamatori. Auspicando il potenziamento della via della nonviolenza attiva e creativa. Che costruisce la pace predisponendo alacremente istituzioni di pace. Supportate da una nuova società civile mondiale. Johan Galtung è stato uno dei più tenaci assertori delle ragioni della pace. E nel 1975 coniò il termine “peacebuilding“. Introducendo la distinzione tra pace negativa e pace positiva. La prima è null’altro che il conflitto congelato. Ossia una situazione in cui tacciono le armi. Ma restano i carboni accesi sotto la cenere. La seconda, invece, è la pace negoziata. Un’opzione favorita dai “costruttori di pace”, come esplicita il Vangelo.
Forze negative
“Monsignor Toso si spende a favore della pace positiva– afferma Stefano Zamagni-. Perché persuaso che mai si potrà eliminare o scongiurare la guerra se non si distrugge il mondo della guerra. Cioè quelle forze negative, guidate da interessi perversi. Che mirano a fare del mondo un teatro di guerra“. Alla luce di ciò, “di particolare rilevanza sono le proposte che Toso avanza per contrastare ‘le forze e gli interessi’. Cioè le strutture di peccato. Oggi presenti più che mai sulla scena internazionale”. Quindi, aggiunge l’economista, “con saggezza, oltre che con sapienza, monsignor Toso ci ricorda che il bene va perseguito su vie di bene. E ciò è possibile, a patto che la ricerca del bene torni a muovere le intenzioni profonde di ciascuno. È tale consapevolezza che apre alla speranza, la quale non è né il fatalismo di chi pensa che la guerra sia qualcosa di inevitabile. Né l’atteggiamento misoneista di chi rinuncia a lottare. Preferendo ‘osservare la realtà dal balcone‘ (papa Francesco). È la speranza che sprona all’azione. Perché chi è capace di sperare è anche capace di agire Per vincere la paralizzante apatia dell’esistente“.
Sviluppo
Secondo Zamagni, lo sfondo sul quale la riflessione del vescovo Toso va inserita è quello della icastica affermazione di papa Paolo VI. “Lo sviluppo è il nuovo nome della pace” (Populorum Progressio). “Una affermazione che a distanza di oltre cinquant’anni stenta ancora ad essere correttamente compresa– sostiene il professor Zamagni-. Perché? La ragione è che si continua a confondere lo sviluppo con la crescita economica. Anche piante ed animali crescono. Ma solamente l’essere umano è capace di sviluppo. Il quale è l’esito del concorso di tre dimensioni. Quella della crescita certamente. Ma pure quella socio-relazionale e quella spirituale. Ebbene, un modello di sviluppo garantisce la pace quando le tre dimensioni avanzano in armonia. Senza che la dimensione della crescita fagociti le altre due. Come oggi sta avvenendo”. Ne deriva “lo stato di diffusa e endemica belligeranza in questa nostra epoca. E la guerra in Ucraina ne è tragica evidenza”, afferma l’economista.
Reciprocità
“Platone si è servito del termine thimos (riconoscimento)- puntualizza Stefano Zamagni-. Per indicare che bisogno primario dell’essere umano è quello di essere riconosciuto. E di riconoscere l’altro. Prima ancora del bisogno di nutrimento. Il riconoscimento postula la reciprocità. Due però le forme che il thimos può assumere”. Quella della “megalothimia” e quello della “isothimia”. Quest’ultimo è il bisogno di essere riconosciuti come eguali agli altri. Mentre a prima è la volontà di essere riconosciuti come superiori agli altri. La megalothimia è una tendenza che negli ultimi decenni ha ripreso servizio anche in Occidente . Ed è “uno dei principali fattori causali della guerra in corso“, specifica Zamagni. “Si consideri, infatti, che l’odio è il più coesivo dei sentimenti politici. Dato che, più di ogni altro sentimento, l’odio tiene assieme una moltitudine. E ne fa una totalità obbediente. Cosa alimenta l’odio?- si chiede l’economista-. La paura, il cui antidoto è la sicurezza. L’autocrate ha necessità di diffondere paura. Per potersi legittimare nei confronti della sua popolazione. E ottenerne così sostegno”.
Semi di pace
Il presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali cita una storiella, di autore ignoto. Che “bene interpreta lo spirito” con cui è stato scritto il saggio del presule salesiano. È la parabola del seminatore. Un giovane entrò in un negozio nel quale il venditore era un angelo. Chiese che cosa si vendesse in quel posto. E la risposta dell’angelo fu che vi poteva trovare di tutto. E certamente, cose che non potevano essere comprate altrove. Allora il giovane chiese di poter acquistare la fine delle guerre. La fraternità tra tutti gli esseri umani. L’amore in famiglia. E altro ancora. “Scusa giovane – gli disse il venditore – qui non vendiamo frutti, ma soltanto semi!”.