Le speranze dell’umanità affidate all’Onu. Lo statista francese Jean Monnet avvertiva che “non ci sarà pace finché gli stati continueranno a basarsi sulle rispettive sovranità nazionali“. Oggi si celebra la Giornata delle Nazioni Unite e il segretario generale António Guterres ne ribadisce gli ideali duraturi. La ricorrenza coincide con una delle fasi più buie. In Terra Santa, in Ucraina e in decine di conflitti dimenticati la guerra semina morte e distruzione. “In mezzo ai marosi globali, lo statuto dell’Onu rimane la nostra ancora morale condivisa– osserva Guterres-. In questa fase di drastici cambiamenti, le Nazioni Unite restano concentrate sui problemi reali delle persone reali. Stiamo lavorando per una globalizzazione equa. Per un’azione coraggiosa sul clima. Per i diritti umani e la parità di genere. Per dire no all’odio di qualunque tipo. E stiamo lottando per mantenere la pace. Portando al contempo aiuto essenziale ai milioni che sono intrappolati in conflitti armati”. Le Nazioni Unite, aggiunge il segretario generale, “stanno diventando sempre più agili e responsabili mentre intensificano il proprio supporto agli Stati”.
Missione dell’Onu
L’Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu) è stata istituita dopo la Seconda Guerra Mondiale da 51 Paesi. Ed è in funzione dal 1° gennaio 1946. In seguito all’entrata in vigore della Carta delle Nazioni Unite il 24 ottobre del 1945. Oggi l’organizzazione è costituita dalla quasi totalità degli Stati (193 membri). Una storia di luci ed ombre. Nel 1994 la Santa Sede alzò la voce alla conferenza internazionale dell’Onu sulla popolazione e lo sviluppo al Cairo. Come non ebbe esitazioni né timori a contrapporsi al comunismo e al capitalismo, allo stesso modo Karol Wojtyla puntò l’indice contro le croniche inefficienze e i drammatici errori di fondo delle organizzazioni internazionali. Il cardinale Renato Raffaele Martino, Osservatore permanente della Santa Sede all’Onu durante la conferenza del Cairo, ha raccontato quello snodo fondamentale del pontificato di Giovanni Paolo II nella memoria La testimonianza della verità e il dialogo politico-diplomatico pubblicata sul “Bollettino di Dottrina sociale della Chiesa” nel 2014. Ha riferito il cardinale Martino: “In veste di nunzio apostolico presenziai alla conferenza al Cairo. La cui organizzazione fu affidata al controverso ‘Fondo specializzato per la popolazione’. E anche alla conferenza sulle donne di Pechino che l’anno successivo ne mutuò in blocco le formulazioni sulla salute e sulla decostruzione della sessualità responsabile“. E cioè “dall’individuazione della categoria chiave del gender all’idea stupefacente che solo i bambini realmente voluti hanno diritto a nascere“. Oltre a “un sensibile passo indietro nel campo della libertà religiosa“.
Progetto biblico
La Santa Sede riaffermò le profonde motivazioni del progetto biblico di Dio sull’uomo, che è un piano di bontà e di felicità. Ribadendo l’immagine del divino che ogni uomo a ogni latitudine porta con sé e sulla natura fondamentalmente relazionale di ogni persona. Quindi “il campo della sessualità rientra comunque nella sfera sociale, interpersonale e dunque pubblica dell’agire umano”. Ma l’agenda programmatica della conferenza dell’Onu, appoggiata da Stati Uniti e Unione Europea, stabilì l’imposizione arbitraria di qualsiasi mezzo per il controllo delle nascite o pianificazione familiare. Per la Santa Sede si trattava di “un invito all’immoralità di massa e al libero crimine nel caso dei bambini già concepiti“. Giovanni Paolo II non esitò mai a prendere di petto le organizzazioni internazionali, così il 5 ottobre 1995, il giorno in cui viene annunciato il cessate il fuoco nella guerra in Bosnia ed Erzegovina, prese la parola all’Onu. “Nessuno, né uno Stato, né un’altra nazione, né un’organizzazione internazionale, è mai legittimato a ritenere che una singola nazione non sia degna di esistere”. E aggiunse: “Il mondo purtroppo deve ancora imparare a convivere con la diversità. Come gli eventi eventi nei Balcani e nel centro Africa ci hanno dolorosamente ricordato. La risposta alla paura dell’altro non è la coercizione. Né la repressione. Ol’imposizione di un unico modello sociale al mondo intero“.
Attuazione della verità
Karol Wojtyla non arretrò di un passo di fronte all’aggressione portata a termine dalla conferenza dell’Onu del Cairo contro il diritto alla vita. “La libertà non è semplicemente assenza di tirannia o di oppressione. Né è licenza di fare tutto ciò che si vuole – disse Giovanni Paolo II dal podio dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite –. La libertà possiede una ‘logica’ interna che la qualifica e la nobilita. Essa è ordinata alla verità e si realizza nella ricerca e nell’attuazione della verità. Staccata dalla verità della persona umana, essa scade, nella vita individuale, in licenza e, nella vita politica, nell’arbitrio dei più forti e in arroganza del potere. Perciò, lungi dall’essere una limitazione o una minaccia alla libertà, il riferimento alla verità sull’uomo- verità universalmente conoscibile attraverso la legge morale inscritta nel cuore di ciascuno- è, in realtà, la garanzia del futuro della libertà”. Giovanni Paolo II era convinto della necessità di riformare in profondità l’Onu e, in diversi Angelus, richiamò esplicitamente il personale diplomatico delle organizzazioni internazionali a cambiare strada sui temi bioetici.
Migliore rappresentatività
“Nel Consiglio di sicurezza, per esempio, serve una migliore rappresentatività. La composizione a quindici
membri è stata ritoccata negli anni ’60 e in mezzo secolo i membri
delle Nazioni Unite sono arrivati a quasi duecento: la Santa Sede
esorta a fare una riforma», sottolinea il cardinale Martino. E quella
di Wojtyla contro il mondialismo è stata «una illuminante strategia
per l’azione, presente e futura, della Chiesa nella società, a partire
dall’attenzione ai diritti umani e dalla proposta di un umanesimo
integrale, aperto al trascendente». Quello di Giovanni Paolo II è
stato un attivismo morale più vigoroso di quello dei sui predecessori,
teso a far accettare la legittimità della questione morale in seno ai
dibattiti secolari. E, sottolinea il cardinale Martino, contro Karol
Wojtyla «hanno agito potenti lobbies culturali, economiche e politiche
mosse prevalentemente dal pregiudizio verso tutto quello che
è cristiano: nuove sante inquisizioni piene di soldi e di arroganza
perché contro la Chiesa cattolica e i cristiani ogni metodo è lecito
se serve a zittirne la voce; dall’intimidazione al disprezzo pubblico,
dalla discriminazione culturale all’emarginazione». Ne è un esempio
la «disinvolta e allegra maniera con cui queste lobbies promuovono
tenacemente la confusione dei ruoli nell’identità di genere, sbeffeggiano
il matrimonio tra uomo e donna, sparando addosso alla vita,
fatta oggetto delle più strampalate sperimentazioni».