Il 16 aprile ricorre la Giornata mondiale contro la schiavitù infantile. E’ stata ideata dal Movimento Culturale Cristiano in commemorazione di Iqbal Masih e di tutti i bambini che ancora oggi, come lui, soffrono la schiavitù o vengono venduti per diventare lavoratori o sposi bambini. “Nessun bambino dovrebbe impugnare mai uno strumento di lavoro, mai un’arma di offesa. Gli unici strumenti che un bambino dovrebbe tenere in mano per lavoro sono penna e matita”, era il pensiero fondamentale di Iqbal Masih, bambino pakistano assassinato a 12 anni e divenuto il simbolo della lotta contro il lavoro minorile.
La vita di Iqbal
Nato in Pakistan da una famiglia molto povera, Iqbal inizia a lavorare a 4 anni in una fornace. A cinque viene venduto dal padre per 18 dollari ad un venditore di tappeti per pagare un debito che il genitore aveva contratto per i festeggiamenti del matrimonio di una delle sorelle. Fu quindi costretto a lavorare da 10 a 12 ore al giorno, incatenato al telaio e malnutrito, tanto da riportare un danno alla crescita. In quella fabbrica, racconterà dopo, tutti i suoi colleghi erano bambini come lui.
Nel 1992 uscì di nascosto dalla fabbrica, partecipando insieme ad altri bambini a una manifestazione del Bonded Labour Liberation Front (BLLF), Fronte di liberazione del lavoro, organizzazione fondata da Eshan Ullah Khan, movimento in grado di ottenere nello stesso anno l’approvazione del Bonded Labor System Abolition Act, la Legge sull’abolizione del sistema di lavoro vincolato. Ritornato nella fabbrica di tappeti, si rifiutò di continuare a lavorare malgrado le percosse. Il padrone sostenne che il debito anziché diminuire fosse aumentato di diverse migliaia di rupie e la famiglia fu costretta ad abbandonare il villaggio a causa delle minacce; Iqbal, ospitato in un ostello della BLLF, ricominciò a studiare.
Dal 1993 iniziò a viaggiare e a partecipare a diverse conferenze internazionali, sensibilizzando nel Pakistan l’opinione pubblica sui diritti negati dei bambini lavoratori e contribuendo al dibattito sulla schiavitù mondiale e sui diritti internazionali dell’infanzia.
Alla fine del 1994 si recò a Stoccolma, partecipando a una campagna di boicottaggio dei tappeti pakistani volta a mettere pressione sulle autorità di Islamabad.
In seguito, le autorità pakistane presero una serie di provvedimenti, tra i quali la chiusura di decine di fabbriche di tappeti, salvando migliaia di bambini dalla schiavitù.
Il 16 aprile 1995, giorno di Pasqua, Iqbal uscì in bicicletta con due suoi cugini. Venne colpito alla schiena e ucciso a colpi di arma da fuoco da un tossicodipendente, Ashraf Hero. Il BLLF accusò subito dell’accaduto la “mafia dei tappeti”. Ma non furono mai trovate delle prove schiaccianti. Nè gli eventuali mandanti.
La schiavitù infantile nel mondo
A seguito della sua morte, il tema del lavoro minorile e della schiavitù infantile ha ricevuto sempre più attenzione, rendendo Iqbal un vero e proprio eroe e un simbolo della lotta a questa piaga. Non a caso, la Giornata mondiale contro la schiavitù infantile è stata istituita nell’anniversario del suo assassinio. Una piaga che coinvolge nel mondo più di 400 milioni di bambini soprattutto nei paesi più poveri”.
Nonostante i passi avanti nella legislazione internazionale e nelle normative nazionali di molti Stati, si stima che nel mondo oltre 150 milioni di bambini siano costretti a lavorare; di questi, oltre 70 milioni in condizioni pericolose e circa 9 milioni ridotti in schiavitù. Quasi metà dei minori che lavorano vivono in Africa.
Associata alla schiavitù infantile è la tratta di minori, venduti per essere impiegati in miniere, piantagioni, fattorie, fabbriche, o costretti a mendicare, inseriti nei circuiti del traffico di droga e arruolati in milizie armate. Nonché lo sfruttamento sessuale e quello domestico. Anche l’istituzione dei matrimoni precoci è da considerare una forma di schiavitù.
I dati ILO sul lavoro minorile
Il lavoro minorile è un fenomeno di dimensioni globali. Secondo le ultime stime dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), sono ancora 152 milioni i bambini e adolescenti – 64 milioni sono bambine e 88 milioni sono bambini – vittime di lavoro minorile. Metà di essi, 73 milioni, sono costretti in attività di lavoro pericolose che mettono a rischio la salute, la sicurezza e il loro sviluppo morale. Molti di loro vivono in contesti colpiti da guerre e da disastri naturali lottando per sopravvivere. L’Organizzazione mondiale del lavoro ha ricordato che anche il lavoro minorile, ovvero dei bambini di età inferiore a 16 anni, è vietato da oltre un secolo.
Nella Giornata Mondiale contro la schiavitù infantile, Interris.it ha intervistato la dottoressa Liliana Ocmin, componente del Consiglio di Amministrazione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO).
L’intervista a Liliana Ocmin di ILO
Quali sono le differenze tra “lavoro minorile” e “schiavitù infantile”?
“Innanzitutto va specificato che non esiste un lavoro minorile. Il lavoro priva i bambini della loro infanzia. Non permettendo loro di giocare ed avere un’istruzione. Influenzano così negativamente anche il loro futuro. I bambini non devono lavorare: hanno il diritto di godersi la propria infanzia e avere una crescita e uno sviluppo psicofisico normale. La schiavitù infantile comprende sia le storture dovute al lavoro minorile, sia altri tipi di sfruttamento: la schiavitù sessuale, l’accattonaggio, i baby soldati e i matrimoni precoci. Tutte pratiche illecite che tolgono l’infanzia ai bambini e privano i ragazzi della loro gioventù e della possibilità di studiare. Così come di fare sport, giocare, viaggiare, relazionarsi tra tra pari; in definitiva: dei loro diritti. In comune c’è che i bambini vengono sfruttati e schiavizzati per il benessere degli adulti”.
Esistono delle convenzioni a tutela dei minori?
“Sì. Esistono delle convenzioni internazionali a tutela dei minori e contro il lavoro minorile molto importanti. La principale è la Convenzione n. 182 relativa alla proibizione delle forme peggiori di lavoro minorile dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro del 1999 che richiama la Convenzione sui diritti dell’infanzia, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989. La Convenzione OIL 182 è stata ratificata da tutti i Paesi del mondo. Inoltre, l’Agenda 2030 per un lavoro dignitoso ed una crescita economica sostenibile è molto chiara: tra gli 8 ‘goal’ da raggiungere c’è quello di ‘Adottare misure per eliminare il lavoro forzato, porre fine alla schiavitù moderna e al traffico di esseri umani, eliminare il lavoro minorile (inclusi i bambini-soldato) e porre fine al lavoro minorile in tutte le sue forme entro il 2025’. Mancano solo due anni: è un traguardo ambizioso ma che è fondamentale raggiungere”.
Il fenomeno è in calo o in crescita?
“Dopo anni di dati in calo, negli ultimi 4 – anche a causa del Covid-19 e delle guerre come quella in Ucraina – è stata purtroppo registrata una crescita consistente di nuovi fenomeni di tratta, schiavitù, traffico e sfruttamento lavorativo dei minori. Tutti i rapporti internazionali evidenziano dunque che negli ultimi quattro anni sono stati fatti dei passi indietro rispetto al periodo pre Covid”.
In quali Nazioni del mondo è maggiormente presente la schiavitù infantile?
“I continenti più virtuosi ad oggi sono l’Asia, America Latina e Caraibi. Hanno registrato dei miglioramenti. Sono invece peggiorati di gran lunga l’Africa, soprattutto subsahariana. Ma anche l’Europa, a causa del forte aumento dell’arrivo in Italia di minori migranti non accompagnati. Non solo dalla Libia ma, da un anno a questa parte (a causa del conflitto) anche dall’Ucraina. L’Italia è il primo Paese dell’Unione Europea per numero di minori stranieri non accompagnati (MSNA) arrivati. Ma molti di loro scompaiono nel nulla“.
Quanti sono i minori migranti non accompagnati che finiscono nella rete dello sfruttamento in Italia?
“La dimensione esatta del fenomeno non è quantificata. Sappiamo per certo che esiste: anche in Italia ci sono minori sfruttati nel lavoro dei campi e ragazze anche giovanissime nelle reti del racket della prostituzione coatta. Esiste dunque il traffico di esseri umani, il traffico di organi e quello di bambini destinati allo sfruttamento sessuale. Ma sono fenomeni difficili da poter quantificare. Questa impossibilità di quantificare il fenomeno è una delle problematiche che ILO ha evidenziato per l’Italia e l’Europa”.
Cosa è cambiato con la guerra in Ucraina?
“La guerra in Ucraina ha aumentato la richiesta di bambini bianchi e dei profughi di guerra. Le famiglie ucraine – con tutte le buone intenzioni pur di salvare i figli dai bombardamenti – affidano i minori a terze persone, che però poi risultano essere dei trafficanti. Come ILO è un fenomeno nuovo che stiamo cercando di far attenzionare a livello internazionale perché al momento è sottovalutato”.
Qual è la principale causa dello sfruttamento?
“Il Papa ha puntato il dito più volte contro ‘i modelli economici orientati al mero profitto’ considerandoli la causa principale dello sfruttamento di tanti bambini e persone nel mondo. I bambini poveri del mondo vengono sfruttati e schiavizzati per produrre quei prodotti che noi occidentali chiediamo e acquistiamo, possibilmente a basso prezzo. A pagare il prezzo sono però i più piccoli, in particolar modo le femmine”.
C’è dunque una differenza di genere anche nello sfruttamento?
“Sì. I bambini sono impiegati come soldati, lavoratori, schiavi sessuali, etc. Le bambine, oltre a tutto ciò, vengono date in sposa a 10-12 anni. Questo significa che per loro non ci sarà mai un riscatto, non potranno mai uscire da quella ‘prigione’. Per tale motivo il fenomeno delle spose bambine, spesso sottaciuto o banalizzato come un mero fatto ‘culturale’, è una vera schiavitù infantile. Le bambine sono quindi doppiamente vittime”.