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Non soldi ma sogni: le Olimpiadi oltre le bandiere

Due settimane di competizioni, summa conclusiva di un percorso di allenamento durato quattro anni. In ballo poco in termini di gratificazione professionale. Praticamente tutto, invece, sul piano sportivo, atletico, dell’onore e del sacrificio. Perché, nel breve lasso di tempo tra l’accensione e lo spegnimento della fiamma olimpica, l’atleta che partecipa non mette alla prova solo sé stesso ma anche la dedizione alla propria disciplina. E, in quei pochi minuti (addirittura secondi per alcune competizioni) di prova, c’è l’essenza stessa dello spirito olimpico. Forse di più: il significato profondo dello sport, che raggiunge il suo culmine in una prestazione preparata per un tempo durante il quale tutti gli altri appuntamenti altro non sono che tappe di avvicinamento alla sfida dei cinque cerchi.

Il movimento sportivo

Nessuno, tranne gli atleti, può capire fino in fondo cosa significhi partecipare alle Olimpiadi. Men che meno quale effetto possa avere sulla propria vita rientrare a casa con una o più medaglie al collo. Se i Giochi di Parigi hanno dimostrato qualcosa, però, è proprio l’accettazione della sconfitta, del successo mancato, della prestazione che va oltre il mero risultato. E, insieme, la presenza di un movimento sportivo, quello italiano, capace di sfornare talenti e atleti di livello anche in contesti al di fuori del mondo del calcio. Anzi, per la verità il continuum temporale tra i deludenti Europei azzurri e un’Olimpiade da quaranta medaglie complessive, incluse dodici d’oro, ha rimarcato una sostanziale differenza tra il più mainstream degli sport e le altre discipline. Meno popolari forse, di sicuro meno remunerative per i professionisti ma comunque parte del meccanismo di un Paese che, sullo sport, ha sempre fatto grande affidamento.

Le Olimpiadi dell’Italia

Parigi non passerà alla storia per l’organizzazione. Nonostante l’impeccabile risposta della città, particolarmente preparata alla gestione dei grandi eventi, la strategia organizzativa è balzata alle cronache più per i difetti che per i pregi. Eppure, alla fine, è sempre lo sport a parlare. E, se bilancio deve essere, lo sarà sulle prestazioni sportive, sulle medaglie conseguite, sui record battuti e sull’applicazione messa nelle competizioni. Cuore e grinta, medaglie o piazzamenti: quello che sarà consegnato alla storia, né più né meno. “A mio parere – racconta il giornalista sportivo Massimo Ciccognani, che ha seguito ‘sul campo’ i Giochi per Interris.it – l’Italia avrebbe potuto ambire alle 47 medaglie. Penso a quelle sfuggite nel pugilato o nella scherma, con le due stoccate non valutate dagli arbitri o giudicate a favore degli avversari. Ma penso anche ai tanti quarti posti, con podi sfumati per delle inezie. Senza dimenticare quanto sia mancato Tamberi che, nelle migliori condizioni, avrebbe certamente potuto dire la sua. Complessivamente, l’Italia ha conseguito un risultato eccezionale superando i record di Tokyo. Tuttavia, per quanto creato, potrebbe sembrare meno di quanto meritato”.

L’oro del volley

Le Olimpiadi di Tokyo avevano consegnato l’Italia alla leggenda, portando il tricolore a sventolare sul gradino più alto del podio nella gara regina, quella dei 100 metri. Un titolo che, anche quest’anno, Marcell Jacobs si è giocato con onore, regalando una prestazione eccezionale, nonostante la medaglia mancata. Eppure, altre perle sono emerse dalla squadra azzurra. Talmente luminose da oscurare il malumore per quanto (anche per colpe non nostre) non ha funzionato: “Possiamo ritenerci soddisfatti perché il finale è stato da brividi, grazie alla vittoria della pallavolo femminile. Un successo costruito grazie a una squadra fantastica e a un tecnico come Julio Velasco, cercato anche da altre discipline per la sua capacità di insegnare molto in ambito sportivo. Basti pensare che le Olimpiadi si preparano in quattro anni… Lui ci ha messo sei mesi a convincere la squadra, già di per sé molto competitiva, di essere la più forte”.

Inseguire un sogno

Ma quanto vale, davvero, un oro olimpico? La matura accettazione della medaglia sfumata da parte della giovanissima nuotatrice Benedetta Pilato, ha dimostrato che mettersi alla prova può essere considerato, a volte, più gratificante della vittoria stessa. Ma è altrettanto chiaro che ottenere un premio significhi ottenere un riconoscimento concreto, la certezza effettiva del livello raggiunto e, insieme, di cosa fare per ottenere di meglio: “L’Olimpiade non porta soldi ma fa realizzare sogni. Pensiamo a Djokovic che, dopo aver vinto tutto a livello individuale, voleva regalare qualcosa al proprio Paese. L’Olimpiade è fatta per chi insegue un sogno, per chi lavora quattro anni per raggiungerlo. La Spagna, che ha fatto accoppiata Olimpiade-Europeo, fa capire quanto sia tutto il movimento a remare nella direzione giusta. Personalmente, amo chi lotta per l’onore e per la patria. Non dimentichiamo che, quei quattro anni di sacrificio, si giocano in pochi minuti”.

Cosa resta dei Giochi

Se è davvero il risultato sportivo quello che resta, Parigi 2024 racconta di un’Italia che punta ancora con forza sul proprio movimento sportivo. Che è in grado di regalare emozioni e di competere ai massimi livelli con Nazioni demograficamente ed economicamente più avanzate. E, se l’indicazione che arriva dalle Olimpiadi dev’essere una lettura complessiva su uno spaccato sociale peculiare per ogni Nazione, sui difetti strutturali dei singoli Giochi si finirà per chiudere un occhio: “Parigi è stata estremamente mancante dal punto di vista organizzativo. Anche solo per aver ‘tradito’ lo spirito olimpico rinunciando allo stadio durante la cerimonia di inaugurazione. Probabilmente si è cercato di ottenere un effetto sullo spettatore che, tuttavia, non è riuscito. La mancanza di una tribuna coperta, ad esempio, è risultata particolarmente problematica, così come le difficoltà riscontrate al villaggio olimpico o la questione della Senna… Difetti che è stato giusto mettere in risalto ma che, come ogni cosa, passerà in secondo piano”. Soprattutto per chi ha lasciato Parigi con una medaglia al collo…

Damiano Mattana

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