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Il Natale in clausura

L'intervista di Interris.it a Madre Stefania, abbadessa del monastero di Santa Caterina di Alessandria su cosa significa e come si vive il Natale in clausura

“Il Natale è un momento particolare, forte e molto sentito, accompagnato dalla liturgia e dalla preghiera monastica nelle varie ore in cui si invoca la venuta del Signore, con le parole bibliche, con la Parola di Dio”. Sono le parole di Madre Stefania, abbadessa nel monasstero benedettino di Santa Caterina d’Alessandria (situato a Monte San Martino, in provincia di Fermo, che intervistata da Interris.it ha raccontato come lei e le sue sorelle vivono il Santo Natale in un monastero di clausura.

Il mistero d’amore del Natale

“Ci sono anche elementi ‘esterni’ che aiutano a vivere quest tempo, come il Presepe: ne facciamo uno a fianco dell’altare, una cosa semplice ma che ci aiuta a concentrarci sul mistero vero, ossia il Cristo che viene ancora a salvarci. Poter guardare con i nostri occhi questo mistero di amore che ha cambiato la vita dell’umanità, è la cosa più importante. Dio ha preso la nostra carne nel Figlio, per salvarci – racconta Madre Stefania -. Ci sono anche elementi emozionali, come le luci, qualche dono, cose che arricchiscono la nostra tavola… ma non dobbiamo mai distogliere lo sguardo dal mistero di Cristo che si è fatto carne per salvarci e portare una pace che purtroppo gli uomini non vogliono accogliere“.

Un pensiero al mondo in guerra

Madre Stefania rivolge un pensiero a tutte quelle persone che quest’anno, a causa della guerra non potranno celebrare il Santo Natale o partecipare alla Messa. Non si riferisce solo alla situazione della Terra Santa, ma anche alla Siria, lo Yemen, il Sudan, l’Ucraina. “Questa situazione crea in noi un profonda sofferenza, ci sentiamo impotenti di fronte ai ‘grandi’ del mondo così decisi a combattersi e a uccidere anche bambini innocenti – afferma -. Ci sentiamo disarmate come quel pargoletto nella mangiatoia. Imploriamo il Signore affinché abbia pietà di questi popoli e doni la pace a tutte le nazioni in cui c’è la guerra. Siamo segnate profondamente da questa situazione e pensiamo a tanti consacrati e sacerdoti che vivono in Terra Santa e, veramente non ci sono parole, ma solo una forte unione nella preghiera“.

Una storia d’amore senza fine

Da oltre 40 anni in monastero, Madre Stefania spiega che la vita di una monaca di clausura è come quella di una radice: una pianta è bella e rigogliosa se le sue radici sono in salute. “La vita claustrale è la storia d’amore tra Dio e noi, è lui che ci dona la vocazione e noi abbiamo risposto – spiega -. Dio si è innamorato di noi creature così povere e fragili, nella sua infinita misericordia ci ha attirato a sé ed ora viviamo questa vita per lui e per il mondo. E’ una chiamata che ci separa materialmente, che ci tiene chiuse in monastero, ma che ci fa sentire vicine a tutte le persone di questa Terra. La nostra è una vita per la Chiesa e per gli altri. Noi non fuggiamo dal mondo, con la clausura ci troviamo ogni giorno davanti ai nostri limiti e difetti: se non fosse veramente una chiamata che viene dal Signore sarebbe insostenibile. Non possiamo scappare da noi stesse, dobbiamo fare i conti con la nostra umanità – aggiunge -. ogni vocazione ha una missione, quella delle monache di clausura consiste nello spendere la propria vita per il Signore e per il mondo. Alle cinque di mattina, quando andiamo nel coro a pregare, portiamo a Dio tutte le richieste di preghiera e ringraziamo anche del tanto bene che c’è, ma purtroppo del bene si parla poco. Il fondamento di tutto è la chiamata del Signore e tutto assume un valore di dono e di grazia. La chiamata è l’essenziale per stare in monastero. Scoprirsi amati da Dio e fatti per vivere solo per lui e per i fratelli nel nascondimento della clausura“.

La supplica a Gesù bambino

A Gesù bambino che ancora oggi sceglie di nascere in questo mondo sfigurato dalle guerre e dalla violenza vorrei dire: ‘Hai tanto coraggio. Vedi quanto noi ti ascoltiamo poco?’ – conclude Madre Stefania -. Con la nostra preghiera vogliamo chiedere a questo pargoletto di aprire i cuori di tutti, dei potenti e dei più piccoli, perché ognuno di noi può fare la sua parte affinché ci sia più amore e fraternità e che la pace torni a regnare in tutto il mondo“.

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