La “museoterapia”, sviluppata nel Canada da un paio di anni, è una nuova forma di cura che incentiva l’accesso ai musei affinché i soggetti provati da stress, depressione o malattie come il morbo di Alzheimer, possano rilassarsi, concentrarsi e recuperare a livello psicofisico. Il Canada, quindi, è stato il Paese apripista e, per primo, ha colto l’importanza curativa del museo, tanto che i medici hanno avuto la possibilità di raccomandarne e prescriverne l’uso (50 ingressi gratuiti per ogni paziente), alla stregua di un farmaco.
L’esperienza canadese ha raccolto grande entusiasmo ed è stata accolta con favore anche in Italia e nel resto dell’Europa. La caratteristica, di questa “nuova” opportunità, sta nel valorizzare il contributo sensoriale (stimolando le aree emozionali del cervello come l’ippocampo e l’amigdala) dell’arte in genere puntando, inoltre, sulla specificità dello spazio museale.
L’intelligenza umana, ormai conclamata come sfaccettata e multipla, deve essere in grado di poter sperimentare tutte le opportunità e le tecniche che il mondo fenomenico offre, per guadagnarne in termini di benessere e felicità. Da qui, la ricerca di forme di espressione che rechino un beneficio psicofisico, dalla compagnia di un animale alla contemplazione di un parco, alla musicoterapia e al contributo offerto dall’arte attraverso la nuova importanza che le è affidata. Arte che sorprende, incuriosisce, stuzzica la creatività e, addirittura, guarisce.
L’aspetto fondamentale di questa terapia non farmacologica è quello creativo, nel rielaborare personalmente l’opera, valutandola nella sua configurazione d’insieme (più della somma delle singole parti), fissare il ricordo e offrire una considerazione a livello verbale. In tal modo si stimolano tutte le aree cerebrali impegnate in queste diverse competenze. Questa cura comporta benefici per tutte le situazioni di disagio cognitivo e di deterioramento cerebrale, in particolare le forme di autismo e il morbo di Alzheimer.
I processi sensoriali sviluppati nei musei e nei laboratori, dove si creano le condizioni per indurre il soggetto a decodificare l’opera, a interpretarla e a rielaborarla interiormente, stimola l’attività neurologica e creativa ed è ottimale per chi soffre di disagi cognitivi o lesioni cerebrali.
I musei sono delle realtà sempre più vive e concepite attorno alla persona e alle problematiche intervenienti. Alcuni istituti, infatti, da anni, in un ampio progetto di inclusione, offrono, alle persone con disabilità sensoriali, degli specifici percorsi di natura tattile e sonora. La bellezza, l’arte e i musei che le contengono sono di notevole beneficio per la salute mentale di tutti, permettendo di provare piacere nell’osservare e studiare i capolavori dell’essere umano. Nella quiete e nei tempi giusti di una visita al museo, i sensi riprendono il loro lavoro, senza bombardamenti di notizie d’ogni tipo, rilassando la mente. L’arte, dunque, è benessere non solo per chi ha patologie mentali bensì per tutti.
La fruizione delle sale è, oggi, estesa a una platea sempre più vasta, non solo quella di nicchia degli esperti e degli studiosi, implementando la funzione di benessere, piacere e diletto (che le istituzioni ribadiscono con vigore) in un rapporto sempre più dialettico, digitale, interattivo e non referenziale.
Sono tramontate la funzione e la visione tradizionale di museo come asettico archivio e “magazzino” di opere, a favore, invece, di una realtà interattiva, inclusiva e aperta a tutte le età che invoglia, con percorsi ludici specifici, anche bambini e ragazzi solitamente poco interessati all’arte.
In seguito alle chiusure imposte dalla pandemia, i musei hanno saputo sostenere il contraccolpo, incrementando l’offerta digitale e la possibilità di utilizzo attraverso i virtual tour, in una prospettiva più ampia e sociale possibile. È necessario, in ogni caso, un rapporto tra istituzione e utenza che sia sempre più duttile e ampio, che renda questa relazione aperta e mai unidirezionale, con le due parti entrambe pronte all’innovazione, ai cambiamenti e alla reciproca collaborazione.
“La nuova museologia: le opportunità nell’incertezza” è il titolo del volume, uscito il 13 ottobre del 2020, edito da Celid, scritto da Domenico Piraina (Direttore del Palazzo Reale di Milano) e Maurizio Vanni (museologo e storico dell’arte). Quest’ultimo è anche il Direttore di uno dei centri più attivi nel settore, il “Lucca Center of Contemporary Art”. Si tratta di un “museo di arte visiva moderna e contemporanea. Si lega al tema dell’interdisciplinarietà, all’approccio polisensoriale, al coinvolgimento attivo dei visitatori; è un progetto museologico innovativo, una struttura polivalente, ad alto contenuto tecnologico e dall’appeal internazionale”.
Il ministero della Cultura, il 26 aprile scorso ha fornito, al link http://www.statistica.beniculturali.it/rilevazioni/musei/Anno%202020/MUSEI_TAVOLA1_2020.pdf, i dati relativi al numero dei visitatori e agli introiti percepiti dai musei italiani nel 2020 (sono presenti anche le statistiche riguardanti gli anni scorsi). È interessante valutare i dati, anche in considerazione dell’anno precedente per considerare il contraccolpo causato dalla pandemia.
Per quanto riguarda gli istituti aperti (a pagamento e gratuiti) la differenza non è molta: 211 nel 2020 e 206 nel 2019. Cambia, nettamente, a causa delle chiusure obbligate, il numero dei frequentatori: 4.261.332 nello scorso anno contro il triplo, i ben 13.500.952 del 2019. Di conseguenza, varia notevolmente l’importo degli introiti lordi: dagli 80 milioni e mezzo di euro del 2019 a 24 milioni e mezzo del 2020.
Gli ultimi dati del ministero, riguardanti la “classifica” dei luoghi più visitati in Italia, visibile al link https://www.beniculturali.it/comunicato/musei-top-30-colosseo-uffizi-e-pompei-superstar-nel-2019-franceschini-autonomia-funziona-andiamo-avanti-su-percorso-innovazione-1, sono del 25 gennaio 2020. A titolo di informazione statistica, si evidenzia la prima posizione del Parco archeologico del Colosseo, con una media annuale di circa 7 milioni e mezzo di visitatori, seguono le Gallerie degli Uffizi con più di 4 milioni e, in ascesa, il Parco archeologico di Pompei, quasi a 4 milioni. Molto distanziati sono alcuni siti di assoluta bellezza come la Reggia di Caserta (8° posto e 800 mila visitatori) e il Parco archeologico di Ostia antica (20° posto e 300 mila turisti).
San Giovanni Paolo II affermava “L’arte è esperienza di universalità. Non può essere solo oggetto o mezzo. È parola primitiva, nel senso che viene prima e sta al fondo di ogni altra parola. È parola dell’origine, che scruta, al di là dell’immediatezza dell’esperienza, il senso primo e ultimo della vita”.
In una fase storica di grande incertezza, squilibrio, perdita di riferimenti e ansia diffusa, l’arte e la cultura possono rappresentare un’ancora di salvezza e di recupero del benessere psicofisico. L’Italia, sotto questo aspetto, rappresenta una miniera inesauribile di risorse a cui si abbina una varietà di offerta molto ampia; resta al pubblico la possibilità e l’apertura mentale di coglierne il beneficio.
La museoterapia, quindi, sviluppa fortemente il senso di inclusione e di avvicinamento al pubblico ponendo in essere tutte le dinamiche per garantire la migliore fruizione dell’arte; permette di riceverne anche un benessere, soprattutto a favore delle persone più deboli e disagiate, più bisognose di questa vicinanza e di tali stimoli culturali ed emotivi.