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Mingarelli, il marchigiano che rivoluziona l’imprenditoria con l’edilizia green

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Industria e ambiente non sono necessariamente due realtà contrapposte. E’ infatti possibile fare impresa e farlo in modo sostenibile, non danneggiando l’ambiente e al contempo creando nuovi posti di lavoro. Lo dimostra l’esperienza ventennale della Diasen un’azienda
di Sassoferrato (comune caratteristico dell’entroterra marchigiano, a pochi chilometri di distanza da Fabriano, uno dei più grandi poli industriali e culturali d’Italia) che in pochi anni si è trasformata da realtà locale a eccellenza internazionale nel settore dell’edilizia ecologica, con progetti realizzati in molte Nazioni del mondo e numerosi riconoscimenti vinti.

L’intuizione green di Diego Mingarelli

Nata nel 2000, è guidata da Diego Mingarelli, Amministratore Unico di una realtà fondata da suo padre Floriano – precursore di un’idea di chimica compatibile – di cui ha saputo capitalizzare l’eredità e l’intuizione: il settore edile avrebbe subito una profonda trasformazione e per questo, da alcuni anni, Mingarelli ha orientato le scelte aziendali verso prodotti più innovativi, a basso impatto ambientale e ad alto contenuto tecnologico e di qualità.

Oggi in Diasen si realizzano prodotti e soluzioni altamente performanti e green, che comprendono biomalte termiche e acustiche, impermeabilizzanti, rivestimenti per il settore dell’edilizia privata e pubblica, industriale e sportiva. Ma cosa si intende per “edilizia ecologica” e quali sono le reali ricadute nella vita quotidiana e sull’ambiente? Ne parliamo direttamente con l’A.D. di Diasen, il dottor Diego Mingarelli.

L’intervista al dottor Diego Mingarelli

Dottor Mingarelli, qual è la mission della Diasen di Sassoferrato?
“La Diasen è un’azienda di eccellenza nata all’inizio del nuovo millennio e specializzata in prodotti destinati all’edilizia ecologica. Il core business è rappresentato da una proposta che si focalizza sul benessere abitativo, declinato attraverso biomalte e pitture naturali capaci di soddisfare bisogni estesi di comfort termico, acustico e igrometrico negli edifici. Ma tutto inizia nell’azienda di solventi di mio padre. Lui, già negli anni ’80, aveva una grande attenzione all’ecologia e allo sviluppo di prodotti a basso impatto ambientale. La nascita di Diasen diede forma compiuta a quell’intuizione: puntare su materie prime naturali per essere protagonisti dei nuovi trend dell’edilizia sostenibile ed ecologica. Il nostro brand è sinonimo di sicurezza, di innovazione e di alta qualità, in Italia e nel mondo. Una realtà dinamica, in forte evoluzione. L’investimento in Ricerca & Sviluppo nel 2012 ha superato il 5% di un fatturato in crescita”.

Quali sono i prodotti che vi contraddistinguono?
“Il tratto distintivo dei prodotti Diasen è l’uso di materie prime naturali. Una di queste ci rappresenta più di tutte: il sughero, una corteccia a rigenerazione decennale, che l’azienda raffina e utilizza in forma granulare nelle biomalte e nelle pitture. Il sughero è il fattore di differenziazione, l’elemento di unicità e il pilastro fondante dell’identità sostenibile e circolare di Diasen, che impiega una quota significativa del sughero estratto dalle foreste della Sardegna e concorre alla tutela di un importante ecosistema mediterraneo”.

Cosa si dovrebbe fare per avere un’economia realmente sostenibile?
“Gli spunti possono essere tanti. Innanzitutto, utilizzare materie prime rinnovabili e fonti energetiche non di origine fossile. E poi entrare nel circuito dell’economia circolare, promuovendo una cultura del riutilizzo. Il sughero, da questo punto di vista, rappresenta un’opportunità emblematica e un circolo virtuoso: riutilizziamo eccedenze provenienti da altri tipi di produzione e trasferiamo il residuo dei nostri trattamenti di raffinazione ad altri settori che, a loro volta, lo usano come materia prima. In più il sughero è un materiale con proprietà isolanti talmente elevate da generare risparmi consistenti sia in termini di riscaldamento che di raffrescamento delle abitazioni”.

Possiamo dire che la Diasen è un’esempio virtuoso di economia circolare?
“Sì, e la nostra esperienza dimostra che è possibile fare industria conciliando produzione di valore e rispetto dell’ambiente. Per raggiungere questo obiettivo però è fondamentale che la sostenibilità diventi non solo un orizzonte di materie prime e di produzione ma anche un pilastro strategico del fare impresa. Per questo in Diasen cerchiamo di assegnare a ogni aspetto della gestione e dell’operatività aziendale un tratto inconfondibile e concreto di sostenibilità”.

In che modo?
“Cerchiamo di intervenire a tutti i livelli: sul versante energetico, con nuovi investimenti in energia solare; nel packaging, attraverso soluzioni a imballaggio ridotto; e poi ancora nel consumo di acqua e di combustibile ma più di ogni altra cosa in una attenzione continua al benessere e ai bisogni delle persone e dei collaboratori. La sostenibilità dei prodotti e delle soluzioni non può prescindere da scelte e comportamenti sostenibili a 360 gradi. È un approccio che genera credibilità e valore”.

La Diasen è operante a Sassoferrato in una zona pedemontana, sugli Appennini tra Marche e Umbria, lontano dalle grandi metropoli. Qual è il peso delle piccole e medie imprese per il territorio circostante?
“Il territorio è una componente importante del nostro successo e del nostro business model. Siamo una storia emblematica di quella manifattura diffusa che è parte integrante del panorama produttivo e culturale dell’Italia: migliaia di piccole e medie imprese – spesso familiari – dislocate in modo capillare in tutta la Penisola, dall’entroterra alla costa, da Nord a Sud. La Diasen coltiva con passione questo rapporto speciale col territorio e con la sua comunità. Al punto di averlo incardinato fin nella sua ragione sociale”.

Perché? Cosa significa Diasen?
“Il nome combina due grandi elementi identitari: ‘Dia’ è la forma contratta di Diathonite, la nostra linea di biomalte termiche, acustiche e deumidificanti, il core business dell’azienda; ‘Sen’, invece, si riferisce a Sentinum, la colonia romana – i cui resti sono ancora visitabili nel parco omonimo alle porte di Sassoferrato – che replicava i modelli costruttivi dell’Urbe, basati sull’uso di calce e materie prime naturali, base della nostra filosofia del Costruire Mediterraneo. Questa visione che tiene insieme modernità e tradizione la decliniamo anche nella selezione delle persone, cercando di tenere insieme competenza, radicamento territoriale e sensibilità ambientale. Un mix di elementi che ci permette di avere una squadra giovane – l’età media è di soli 32 anni – fortemente orientata alla mission sostenibile dell’azienda e desiderosa di sviluppare un percorso di crescita duraturo e condiviso”.

Sta partecipando al B20. A ottobre le vostre proposte arriveranno sul tavolo del G20. Che cosa chiederete?
“Faccio parte del gruppo di lavoro ‘sostenibilità e grandi emergenze’ del B20 e stiamo lavorando con grande impegno. Abbiamo cominciato a gennaio e proseguiremo fino a ottobre, quando presenteremo le nostre proposte ai big del G20. La sostenibilità è uno dei temi del prossimo futuro e io porterò la mia esperienza di imprenditore attivo in questo campo e cercherò di essere la voce di una sostenibilità a misura di PMI. In pochi sanno che l’Italia è il Paese con più imprese sostenibili in Europa e il più vocato all’economia circolare con un riutilizzo di circa l’80% a fronte di una media europea di solo il 40%”.

Cosa c’è da migliorare in Europa per un’economia davvero sostenibile?
“Le normative, le certificazioni e le procedure privilegiano una dimensione nazionale invece che perseguire un disegno di uniformità che coinvolga l’Unione Europea nel suo insieme. I regolamenti sono diversi da Paese a Paese e si crea una barriera normativa e burocratica difficile da superare, soprattutto per la piccola e media impresa che non può esprimere il potere contrattuale delle grandi multinazionali. Sarebbe necessaria una regolamentazione univoca. Non solo in Ue, ma in tutti i Paesi del G20”.

Cosa pensa di Papa Francesco e della sua attenzione al tema dell’ambiente?
“Papa Francesco è un grande interprete di questa stagione in cui i destini del pianeta cominciano a diventare un elemento della consapevolezza delle persone e delle organizzazioni. Nella sua enciclica Laudato si’, dedicata all’ambiente, il Papa ha tracciato un modello di impresa attento all’ecologia, alla sostenibilità e al futuro. Un modello sposato da tante aziende italiane che ha come obiettivo un’economia del bene comune fondata sulla centralità della persona. Su questa strada, la piccola e media impresa italiana può rappresentare un punto di riferimento in Europa e nel mondo grazie a un modello di umanesimo sostenibile che ne spiega la forza, l’originalità e il successo”.

Milena Castigli: