Da un lato il conflitto armato con uomini e mezzi militari, dall’altro le sanzioni economiche. Nel mezzo, come in ogni conflitto, decine di migliaia di persone, famiglie, bambini, anziani, che abbandonano le loro case. Kiev, la capitale dell’Ucraina, è sotto assedio e sotto i missili, e i Paesi occidentali studiano e decidono le risposte alle mosse dei russi nel Paese dell’Europa orientale. I primi due “pacchetti” di misure su cui l’Unione europea ha trovato l’accordo prevedono il blocco dell’accesso della Russia ai sistemi finanziari europei, il divieto di esportare aerei e attrezzatura aeronautica spaziale, oltre che le tecnologie di raffinazione per l’industria petrolifera, in Russia. Oltreoceano, l’amministrazione guidata dal presidente degli Stati Uniti d’America Joe Biden impone sanzioni sul Fondo di investimenti diretti russo, a quattro banche statali e il dimezzamento dell’export di materiale tecnologico nel paese di Putin. E arrivano anche per Vladimir Putin, ma non solo, le sanzioni. Prima l’Unione europea, poi la Gran Bretagna, quindi gli Stati Uniti e anche il Canada congelano gli asset del presidente russo e del ministro degli Esteri Sergey Lavrov. Resta ancora “sul tavolo” l’esclusione della Russia dalla piattaforma per i pagamenti internazionali Swift. Mentre le potenze muovono le loro pedine sulla tragica scacchiera del conflitto, con un tweet in russo e in ucraino il Santo Padre ricorda al mondo che “ogni guerra lascia il nostro mondo peggiore di come lo ha trovato. La guerra è un fallimento della politica e dell’umanità, una resa vergognosa, una sconfitta di fronte alle forze del male”.
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— Papa Francesco (@Pontifex_it) February 25, 2022
Per capire come si sia arrivati a questo punto e in quale quadro si stanno sviluppando gli eventuali attuali, Interris.it ha intervistato la responsabile di ricerca dell’Istituto affari internazionali Nona Mikhelidze, esperta di politica estera russa.
L’intervista
Quali motivi hanno portato il presidente russo Vladimir Putin a entrare militarmente in Ucraina?
“Non si tratto solo di uno scontro con l’Ucraina, ma è lo scontro di Putin contro l’Occidente. Quello scontro fra autocrazia e democrazia che conduce ormai da anni. Nel 2008 c’era stata la guerra con la Georgia, poi nel 2014 l’annessione della Crimea e la nascita delle autoproclamate Repubblica popolare di Donetsk e Repubblica popolare di Lugansk. Non vanno dimenticati poi il coinvolgimento militare russo nel decennale conflitto siriano e le operazioni del Gruppo Wagner in Africa. Ci sono poi la guerra ibrida con l’Occidente, gli avvelenamenti di Sergey e Julia Skripal nel 2018, e tutta la disinformazione su diversi temi come la Brexit e le elezioni presidenziali americane nel 2016, l’immigrazione, il sostegno alle forze populiste e sovraniste, infine la disinformazione sul Covid. In questi anni, Putin coltivava la speranza di ottenere una spaccatura sia nei rapporti interni all’Unione europea che in quelli tra Ue e Stati Uniti d’America. Lo scontro in corso in Ucraina non ha a che fare con la sicurezza, perché l’Occidente non è coinvolto militarmente, ma è uno scontro ideologico. La Russia non rappresenta più un modello di sviluppo per i Paesi post sovietici, e questi guardano a occidente. Nel 2013 le proteste di Euromaidan scoppiarono contro un governo corrotto, la società civile aspettava una transizione democratica e guardava a Occidente. In questi ultimi anni, in Ucraina, Putin ha ostinatamente cercato un cambio di governo ‘da dentro’, provando a rafforzare quelle forze pro-Russia, ma quando ha visto che i suoi tentativi di interferenza interna non funzionavano ha valutato che l’invasione militare restava l’unica opzione. Un altro motivo dietro questa mossa è la politica interna russa. Prima la trasformazione da Paese autoritario a dittatura, con il referendum che gli consente la rielezione fino 2036. Poi le leggi che restringono la partecipazione civica alla vita politica, l’avvelenamento e l’imprigionamento di Alexei Navalny. Infine quelle leggi che dichiarano centinaia di organizzazioni non governative ‘agenti di Stati stranieri’ e impongono loro forti limitazioni”.
Quanto la Russia può sostenere economicamente operazioni militari in un altro Paese?
“Le operazioni militari costano molto, se poi a un eventuale sostegno economico all’occupazione si devono pure fronteggiare le sanzioni imposte diventa tutto veramente difficile. Bisogna inoltre chiedersi cosa succederà in Russia, dato che si va verso un isolamento del Paese. Il Consiglio d’Europa ha sospeso la Russia, i russi sono esclusi dalla finanza, dalla cultura, dallo sport, con la finale di Champions League spostata da San Pietroburgo a Parigi e il Manchester United che rinuncia alla sponsorizzazione di Aeroflot, la principale compagnia aerea russa. Quanto può reggere la popolazione? Ricordiamo che la popolarità Putin a inizio degli anni Duemila derivava dal fatto che dopo i difficili anni Novanta era riuscito a rafforzare l’economia. Ma la generazione che non ha vissuto quel periodo non ha termini di paragone con l’oggi: è globalizzata, tecnologica, connessa. Per quanto reggerebbe un isolamento?”.
Qual è la visione del presidente russo dei Paesi post sovietici?
“In primis vorrebbe evitare rivoluzioni nello spazio post sovietico, l’ultimo esempio è stato quello del Kazakhstan. Proietta le rivoluzioni verso la Russia, verso di sé. Inoltre ha creato l’Unione economica euroasiatica, con l’obiettivo di mantenere legami culturali, commerciali ed economici con questi paesi. In questo frangente, in Ucraina, si è spinto ‘oltre’ perché lo ha sorpreso la coesione europea in risposta alla crisi. Non vuole che l’Ucraina entri nell’Ue per non perdere quel legame culturale, commerciale ed economico. Né vuole che aderisca alla Nato perché in tal caso l’Ucraina dovrebbe realizzare delle riforme per lo sviluppo della democrazia. Mentre a lui serve avere intorno, per detenere il potere, Stati mal governati”.
Qual è la posizione della Nato su un ipotetico ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza atlantica?
“Né l’ingresso della Georgia né quello dell’Ucraina sono mai veramente stati all’ordine del giorno. Soprattutto dopo quanto successo in Crimea e nel Donbass”.
Cosa può fare l’Occidente in termini di deterrenza?
“Benché non possano far terminare le operazioni dall’oggi al domani, le sanzioni sono un costo da far scontare a medio e lungo termine per far perdere alla Russia l’interesse nell’occupazione. L’esclusione del Paese dallo Swift e le altre sanzioni economiche, molto importanti, potrebbero mettere in ginocchio l’economia russa e avere effetti importanti sulla vita quotidiana dei cittadini. Occorrerebbe però migliorare la comunicazione strategica di queste sanzioni, per farle capire a tutti. Serve dimostrare agli ucraini e ai cittadini di altri Stati post sovietici che l’Occidente c’è, difende i valori e risponde, anche se non in modo militare diretto”.
Come la popolazione russa “sente” questa mossa di Putin?
“In precedenza è stato in grado di far rivivere sentimenti patriottici con la vicenda della Crimea, che ebbe anche un esiguo costi di perdite. Adesso però tra i cittadini c’è chi fa fatica a capire questa guerra e cosa intenda fare Putin dell’Ucraina. Ci sono state manifestazioni di protesta in una quarantina di città, con circa 1.500 arresti”.