Dai passi da compiere per mettere la parola fine alla piaga della prostituzione schiavizzata, alla questione migranti e alla prevenzione dei femminicidi. Sono questi alcuni dei temi che il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Alfredo Mantovano, ha affrontato nell’intervista in esclusiva con Interris.it. Lo abbiamo incontrato a Fabriano (provincia di Ancona), dove il 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne, si è recato per visitare una struttura della Comunità Papa Giovanni XXIII, denominata “Casa fra le nuvole di Papa Francesco“, che accoglie giovani donne vittime di violenza e della tratta.
L’intervista
Sottosegretario Mantovano, da dove partire per contrastare la prostituzione schiavizzata? Quale il primo passo da fare?
“Bisogna, prima di tutto, individuare le caratteristiche del fenomeno, che oggi non è conosciuto, volontariamente o meno, nella sua interezza. È necessario rendere chiaro, anche con una campagna mediatica, che avvicinare una ragazza che spesso proviene da un’altra nazione, non è un atto privo di conseguenze, ma è una collaborazione attiva nella riduzione in schiavitù di quella giovane e in tutto il traffico illecito che ha portato a quella e a tante altre presenze in mezzo alla strada”.
In che modo l’Europa può contribuire all’accoglienza dei migranti?
“In due modi. Primo, affrontando un piano di sviluppo serio per i Paesi di provenienza e di transito dei flussi migratori; secondo, con l’apertura a significativi flussi legali di ingresso. L’Italia è in primo piano in questi due aspetti sia con l’iniziativa ‘Piano Mattei per l’Africa‘, sia perché è già operativo il Decreto flussi, con proiezione triennale, che prevede l’ingresso regolare di 450mila migranti, con quote privilegiate per i Paesi che collaborano al contrasto degli ingressi irregolari. Inoltre, esiste la possibilità di andare fuori quota se il migrante frequenta nel Paese di origine un corso di formazione, anche organizzato da privati, che sia certificato dalle autorità italiane. Questo è un doppio binario che se praticato a livello europeo vedrebbe gli effetti positivi moltiplicati”.
Quali misure ritiene sia necessario applicare o implementare per prevenire e contrastare la piaga dei femminicidi?
“Il dato educativo è fondamentale e non consiste tanto in questa evocata educazione sentimentale. È necessario, prima di tutto, l’impegno della famiglia e poi della scuola per far capire ai bambini e agli adolescenti che tutto ha un limite, insegnare che possono esserci anche ostacoli da superare o che bisogna fare i conti con voti negativi. Questo vuol dire che l’insegnante che dà un voto basso a un figlio non è un avversario e che se l’allenatore di calcio decide di lasciare un bambino in panchina non è una persona da picchiare. È giusto instillare nei figli il gusto della sfida per la vita, ma bisogna far comprendere loro che in questo percorso si può cadere tante volte. Purtroppo, l’atteggiamento comune di tanti genitori è evitare qualsiasi inciampo ai figli. In questo modo, la prima difficoltà incontrata o il primo ‘no’ ricevuto si trasformano in un affronto così forte, intollerabile. Bisogna recuperare il senso del limite e il dato educativo fondamentale che nessuna legge e nessuna ora di lezione può surrogare”.
Quale lezione arriva dalla santità di Rosario Livatino a chi ha ruoli pubblici?
“Il Beato Rosario Livatino con il suo esempio ci fa capire che svolgere una funzione pubblica non è qualcosa di alternativo alla fede, comprendere che la fede non fa male a chi esercita responsabilità sia nel pubblico sia nel privato, e non è un qualcosa che ‘nuoce gravemente alla salute’, anzi, se c’è una coerenza fra l’elaborazione culturale di quella fede e l’elaborazione professionale nel rispetto della distinzione di ciascun ambito, è qualcosa che eleva e non deprime”.
Siamo in visita alla Comunità Papa Giovanni XXIII. Il suo ricordo di don Oreste Benzi.
“Per tutti è stato maestro di vita e di generosità, in quanto tale ha insegnato che non c’è sfida che non si possa affrontare perché non si è mai soli nel farlo”.