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Maria Antonietta Rositani: “Sono stata abbandonata dallo Stato. La fede mi aiuta”

Maria Antonietta Rositani - simbolo della battaglia contro la violenza sulle donne - porta la propria testimonianza su fede, famiglia, istituzioni e fa un augurio al suo carnefice: Ciro Russo

Parole intrise di cristiana pietà e fede vissuta sono quelle usate da Maria Antonietta Rositani nel raccontare la propria drammatica storia a In Terris. Quello che maggiormente stupisce di questa 43enne – simbolo della battaglia contro la violenza sulle donne – è la calma e la serenità con le quali sta affrontando un nuovo importante passo della sua vita.

Carcere all’ex marito

Lunedì pomeriggio il giudice del tribunale di Reggio Calabria ha inflitto diciotto anni di carcere all’ex marito Ciro Russo che 16 mesi fa tentò di ucciderla dandole fuoco. Russo era ai domiciliari perché era stato condannato dal tribunale di Reggio Calabria a 3 anni e 2 mesi per le violenze contro la moglie e la figlia. La ragazza, la notte del 20 dicembre, aveva tentato di difendere dalle botte la madre. L’uomo, infuriato, le diede uno schiaffone al volto, facendola sanguinare.

Fu in quella occasione che Maria Antonietta decise di chiamare le forze dell’ordine e di denunciare Ciro, dopo anni di violenze. Ma l’uomo quella sentenza non l’aveva digerita e meditava un’atroce vendetta contro la donna che aveva osato denunciarlo.

Il tentato omicidio

Quel maledetto 12 marzo del 2019, Russo evase così dai domiciliari ad Ercolano (in provincia di Napoli) e guidò indisturbato per 500 chilometri per raggiungere l’ex moglie a Reggio Calabria. Erano in lite sull’affido dei loro due figli.

Lungo una strada della città calabra, dopo che la donna aveva accompagnato il figlio minore a scuola, Russo speronò la sua auto e – una volta bloccata la donna dal lato del guidatore – le lanciò addosso del liquido infiammabile e le diede fuoco gridando “muori“.

Nel rogo dell’auto – che si trovava a pochi passi dalla scuola frequentata dal figlio della coppia – è morto il piccolo Diuck, il cagnolino adottato da Maria Antonietta per consolare il figlio dopo la separazione.

L’arresto

Russo venne catturato dopo una fuga durata 24 ore e arrestato. Maria Antonietta riuscì per miracolo a scappare da quell’inferno di fuoco in cui si era trasformato il suo abitacolo. Ne uscì viva, ma non indenne. Infatti, dal giorno dell’aggressione – sedici mesi fa – Maria Antonietta è tutt’ora ricoverata al Centro Grandi Ustionati del Policlinico di Bari. Soffre ancora per le ustioni riportate, che deve medicare ogni 48 ore.

L’intervista

In Terris l’ha sentita al telefono appena uscita dalla sala operatoria: “Ho appena fatto un nuovo intervento, ora non mi sento molto bene”, ha risposto al telefono. Ma ha voluto comunque fare l’intervista dimostrando grande forza d’animo. In questo lungo calvario, è stata accompagnata dall’amore dei figli, del padre, dei fratelli, degli amici e delle tante persone – tra cui medici e infermieri dell’ospedale di Bari – che tifano per lei. Ma anche, come ci racconta lei stessa, da una fede nel Signore radicata e tenace.

Signora Rositani, come sta vivendo la notizia dei 18 anni inflitti al suo ex marito, Ciro Russo?
“Non posso dire di aver gioito perché non c’è nulla da gioire: abbiamo sofferto troppo io e la mia famiglia. Sono un poco più serena, almeno non vivrò più con la paura che lui venga ad ammazzarmi. Se questa è la sentenza che hanno deciso di dargli, io la accetto. L’importante è che siano effettivamente 18 anni e che non vengano diminuiti in appello”.

Ritiene che sia giusta la condanna a 18 anni?
“No, non la trovo giusta perché secondo me questo genere di persone meriterebbe l’ergastolo. Però la legge prevede questo e mi sta bene che faccia almeno quelli. Ha già avuto tre anni di firma…”.

E’ stato proprio durante i domiciliari che Ciro è scappato e ha tentato di ucciderla. Pensa che la legge l’abbia tutelata?
“No, questa legge non protegge abbastanza le vittime o almeno non ha protetto abbastanza me! Se Ciro avesse avuto un braccialetto elettronico o se fossero state prese in seria considerazione tutte le denunce che avevo presentato prima di quel 12 marzo del 2019, oggi io non sarei qui in ospedale dopo un tentato omicidio”.

Le cronache hanno riportato il caso, anche recentemente, di padri separati che sono arrivati ad uccidere i propri figli. Crede che Ciro ne sarebbe stato capace se non fosse stato fermato in tempo?
“No. Non voglio credere a una simile eventualità”.

La rinascita

Chi sono le persone che le sono state accanto in questo calvario?
“In primis, la mia famiglia: mio padre e i miei fratelli che mi hanno accudito. Loro mi hanno aiutato tantissimo. Poi, i miei figli che mi hanno dato la forza di andare avanti. E i medici del policlinico di Bari. In special modo il dott. Giulio Maggio, della Chirurgia Plastica Universitaria Centro Ustioni che mi ha operata più volte e il primario, il prof. Giuseppe Giudice. Ero arrivata a Bari in condizioni critiche e loro mi hanno salvata la vita. Questo non me lo potrò mai dimenticare”.

Quanto è importante la fede in questo lungo calvario?
“La fede è tutto. Se oggi sono ancora qui a parlare è perché Dio mi ha dato la possibilità di sopravvivere. E’ grazie a Gesù se mi sono miracolosamente salvata dalle fiamme. E’ Lui che mi ha dato e mi sta dando la forza di andare avanti. Il Signore è tutto”.

Cosa vorrebbe dire al Governo e alle istituzioni?
“Quando uscirò da qui andrò a chiedere allo Stato perché mi ha abbandonata. Sono infatti state le istituzioni ad armare la mano di Ciro, con tutte le conseguenze, e io voglio delle spiegazioni. L’appello che faccio al Governo e alle forze dell’ordine è semplice: non sottovalutate le richieste di aiuto. Non trascurate le persone che vi chiamano. Le persone vanno aiutate subito, non a tragedia avvenuta”.

Cosa prova nei confronti di Ciro?
“Tanta pena per lui perché è un essere molto piccolo che sicuramente non è vicino a Dio. Gli auguro in questi anni che passerà in carcere di avvicinarsi alla fede e a Dio. E anche di sperimentare un po’ di umiltà”.

Qual è il sogno più grande che realizzerà quando tutto questo sarà finito?
“Il mio sogno più grande è quello di tornare a fare la mamma. Sono bloccata in un letto di ospedale da 16 mesi! Voglio tornare ad essere presente nella vita dei miei figli attivamente. Inoltre, il mio progetto una volta finito questo calvario sarà quello di battermi al fianco di tutte le donne che hanno bisogno di aiuto. Battermi per un mondo migliore, senza tutta questa violenza”.

 

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