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Marcinelle, il ricordo della tragedia mineraria che cambio l’Europa

Miniera di carbone (@Angela da Pixabay)

L’8 agosto 1956, l’intera Europa, è stata scossa da una catastrofe immane: a causa di un incendio, divampato in uno dei pozzi della miniera di carbon fossile di Bois du Cazier, a Marcinelle, è avvenuta la morte atroce di 262 minatori di dodici diverse nazionalità, di cui 136 italiani. Essi erano giunti in Belgio dopo la sottoscrizione dell’accordo bilaterale tra il presidente del Consiglio Alcide De Gasperi e il suo omologo belga Van Acker, avvenuta il 23 giugno 1946, che prevedeva il trasferimento di molta mano d’opera italiana in Belgio in cambio di sovvenzioni economiche. Interris.it, nel sessantottesimo anniversario della tragedia di Marcinelle, ha intervistato Michele Ottati, emigrato in Belgio con i suoi genitori all’età di due anni e mezzo e presidente nazionale delle Acli locali, realtà operante nel Paese dal 1947, dal 1983.

Miniera di carbone (@ marcindrews da Pixabay)

L’intervista

Presidente Ottati, Marcinelle è una tragedia che sottolinea l’importanza per il nostro Paese dell’emigrazione storica, che, con grande sacrificio, ha affrontato spesso durissime condizioni di vita e di lavoro all’estero. Che significato ha, oggi, il ricordo di quel drammatico momento?

“Il ricordo della tragedia di Marcinelle permette alle nuove generazioni dei figli degli emigrati italiani di fare memoria delle loro origini rispetto alla loro presenza in Belgio oggi. Quei drammatici eventi permettono di ricordare alla comunità italiana i sacrifici ed il contributo dei minatori al Paese che li aveva accolti malamente e con molto razzismo. Ciò, inoltre, inculca loro il rispetto dovuto ai giovani italiani morti sul lavoro e nelle miniere a mille metri sottoterra. Marcinelle, inoltre, ha fatto anche parlare degli altri minatori italiani deceduti silenziosamente nelle altre miniere del Belgio.”.

Nel secondo dopoguerra è stato siglato un accordo tra governo italiano e governo belga. Cosa prevedeva? Come ha mutato l’immigrazione italiana in Belgio?

“L’accordo firmato nel 1946 tra l’Italia e il Belgio prevedeva tante promesse che non sono state mantenute. L’Italia poteva acquistare 200 kg di carbone per ogni minatore italiano mentre, i giovani minatori, avrebbero ricevuto una casa e avrebbero potuto fare giungere le loro famiglie in Belgio. Gli stessi, però dovevano rimanere cinque anni a lavorare in una miniera prima di poter cambiare lavoro, altrimenti venivano messi su un treno di ritorno e rispediti in Italia. In effetti, molto delle promesse formulate, non sono state rispettate perché, in realtà, i minatori, erano alloggiati nelle baracche lasciate vuote dai soldati tedeschi prigionieri pochi anni prima, ed erano visiti male dalla popolazione che li accusava di rubare il loro il pane e il lavoro. Molti locali belgi erano vietati agli italiani ed ai cani. Personalmente, insieme a tanti altri figli di minatori, ci siamo visti negare l’entrata nelle discoteche per il semplice fatto di essere italiani”.

L’8 gennaio, in concomitanza del ricordo di quella tragedia, si celebra la “Giornata nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel mondo”. In che modo, il drammatico evento di Marcinelle, ha cambiato la condizione dei lavoratori italiani in Belgio?

“La condizione dei lavoratori italiani è cambiata perché, il Belgio, ha cominciato a costruire delle case in mattone per i minatori e, di conseguenza, le condizioni di impiego sono migliorate. Le famiglie hanno potuto ricongiungersi con i loro cari, gli stipendi sono diventati uguali per tutti e si è iniziato a parlare della malattia professionale della silicosi, ovvero la polvere nei polmoni impedendo i giovani minatori di respirare. Il Belgio, inoltre, ha iniziato a cercare minatori provenienti da altri Paesi, come ad esempio da Spagna, Grecia, Marocco e Turchia, anche perché, il flusso di quelli provenienti dall’Italia, era rallentato moltissimo”.

Foto di Janno Nivergall da Pixabay

Le Acli, grazie ad un accordo con il Movimento Operaio Cristiano belga, sono presenti in loco dal 1947. Come si è connotata e come si sta connotando la vostra azione nel Paese?

“L’accordo con il Movimento Operaio Cristiano ha avuto soprattutto il vantaggio di aver conferito al Patronato ACLI la delega giuridica del Sindacato Cristiano belga allo stesso. Infatti, il Patronato ACLI quindi, poteva difendere i lavoratori italiani nei Tribunali del lavoro in loco. Inoltre, gli aclisti potevano partecipare alla formazione del MOC e, nel sindacato cristiano, vennero create apposite sezioni con dei membri permanenti italiani”.

Sono passati molti anni dai fatti di Marcinelle. Cosa vorrebbe dire ai giovani che, per la prima volta, sentono parlare di questa tragedia?

“Purtroppo, per via dell’assenza di una politica e di una strategia di sostegno da parte di tutti i governi italiani, dal dopoguerra in poi, nei confronti della risorsa rappresentate dalla presenza di milioni di italiani all’estero, i giovani della terza e quarta generazione non parlano più l’italiano e avranno sentito parlare di Marcinelle attraverso i loro nonni, bisnonni o alle ACLI. Essi hanno subito un processo dell’assimilazione per diventare degli italo-belgi che fanno onore alle loro origini, svolgendo dei ruoli importanti in tutti gli ingranaggi della vita sociale, economica, culturale, politica e giudiziaria. La comunità italiana in Belgio rappresenta la terza comunità del Paese, dopo quella fiamminga e francofona. Gli italiani che vivono qui, dopo la tragedia di Marcinelle, sono diventati parte integrante della società civile delle tre regioni e delle tre comunità del Belgio. Quindi, almeno per quanto riguarda le ACLI del Belgio, considerano il voto all’estero, il CGIE ed i Comites degli elementi anacronistici, i quali possono soltanto accontentare i partiti italiani, impreparati ad occuparsi seriamente della risorsa rappresentata dalla presenza degli italiani all’estero”.

Christian Cabello: