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Mai smettere di cercare le persone scomparse

Sono 62 mila gli italiani di cui si sono perse le tracce. La vicenda di Mauro Romano e una sofferenza di cui deve farsi carico l'intera comunità

Denise Pipitone, Angela Celentano, Mauro Romano, Emanuela Orlandi. Quattro storie di minori svaniti nel nulla, vicende mai risolte che rientrano nella tragica contabilità delle 62 mila persone che attualmente risultano scomparse in Italia. Non bisogna mai smettere di cercare questi nostri fratelli e sorelle dei quali non si hanno notizie. Le famiglie hanno il diritto di sperare e nessuno è definitivamente perduto finché qualcuno continua a cercarlo. Il nostro dovere individuale e comunitario è quello di dare supporto a coloro che si trovano a vivere l’allontanamento o la sparizione di una persona cara.

La storia di Mauro Romano

A “Storie Italiane”, la trasmissione di Rai 1 condotta da Eleonora Daniele, ho avuto modo di confrontarmi con la mamma di Mauro Romano, il bimbo pugliese scomparso nel 1977 e di segnalare la necessità di un canale preferenziale per le denunce di scomparsa. Non può scendere l’oblio su vicende così dolorose. Continuare a indagare è un obbligo morale. L’ultimo saluto a mamma Bianca e a papà Natale, il 21 giugno 1977, prima che andassero a Salerno per un funerale. Di Mauro Romano si sono perse le tracce da quel pomeriggio, nel cortile di un’abitazione a Racale, in provincia di Lecce. Aveva 6 anni. Non è mai stato trovato. Oggi ne avrebbe 50, stessa età che si ritiene abbia un uomo che vive a Dubai e appartiene a una delle famiglie più ricche degli Emirati Arabi Uniti, Mohammed Al Habtoor: secondo la mamma di Mauro, lo sceicco ha le stesse cicatrici di suo figlio. “Voglio sapere se è lui, chiedo l’esame del Dna. Provo a lanciare un appello direttamente allo sceicco arabo: confrontiamo il Dna. Se non è lui, chiedo scusa e non disturbo più”,  invoca la donna, 76 anni.

Cosa è successo

La sua casa a Racale racconta la storia di una famiglia che non ha mai di smesso cercare Mauro. “Quando ho visto la foto sul giornale, mi hanno colpito gli occhi e mi è partita una cosa dallo stomaco: ho sentito che era Mauro. Poi, le cicatrici: sulla mano destra e sul sopracciglio sinistro. Lo vedo che si brucia la mano con il ferro da stiro e che cade dalla bicicletta”, racconta. “Nel 2008 la mamma vede una foto su una rivista”, spiega l’avvocato della famiglia Romano, Antonio La Scala. “C’è un uomo accanto all’attrice Manuela Arcuri e nell’articolo c’è scritto che è uno sceicco. Da qui è partito tutto. Non più tardi di due mesi fa, abbiamo fatto richiesta del Dna, ma senza esito. Ho chiesto all’ambasciata italiana un incontro tra la mamma di Mauro e lo sceicco: l’istinto materno, parlerà da solo”, prosegue il legale. “La donna ha scritto al prefetto Rino Monaco, all’epoca commissario per le persone scomparse, per chiedere contatto con il console italiano negli Emirati e il console ha risposto dicendo di essere riuscito a parlare con il padre dell’uomo ritratto in foto che però non sapeva nulla della storia di Mauro”, spiega La Scala. Mamma Bianca ha scritto anche al padre dello sceicco: “Risulta che sia stata invitata a Dubai, ma l’incontro non c’è stato perché i contatti si sono interrotti. Il fratello maggiore, Antonio Romano racconta di essere riuscito ad avere il numero personale dello sceicco: “Al telefono non gli dissi il motivo, solo che era una cosa molto importante: parlò in italiano e mi diede appuntamento a Roma, ma non si presentò. Dopo ore, a quel numero rispose una persona che mi disse di non tornare”.

La disperazione di una mamma

Nei pressi del trullo dove scomparse il bambino venne trovato un batuffolo con sostanza narcotizzante. Quando ho dialogato con lei, Bianca Colaianni, la mamma di Mauro Romano, ha espresso in diretta la propria disperazione per una verità finora attesa invano lungo quattro decenni. “Ho sentito in tv la storia di un ragazzo che ha deciso di lasciarsi morire e lo capisco, ringrazio la trasmissione e voi tutti per l’affetto e la vicinanza, ma non ce la faccio più a vivere in questa situazione, mi viene voglia di lasciarmi morire, potrò trovare pace e serenità solo se almeno potrò piangere su quelle povere ossa, non so se ce la farò”, disse la mamma piangendo. Uno sfogo che mi sentii di raccogliere e consolare.

Un grido di giustizia che deve arrivare fino alle istituzioni

Noi possiamo solo provare a intuire il dolore di una mamma di fronte a una tragedia del genere. Può capirlo solo chi come lei ha subito la perdita di un figlio e in più ha dovuto sopportare per tutti questi anni la mancanza di verità. Davanti al danno indescrivibile e al fitto mistero con i quali questa mamma deve convivere da oltre quarant’anni, il suo grido di giustizia deve arrivare al cuore delle istituzioni e sollecitare un salto di qualità sul piano investigativo. Quindi. Proprio ora che affiora una nuova pista mamma Bianca non può arrendersi dopo aver lottato finora. Anzi è questo il momento in cui è più necessario il suo coraggio: servono tutte le sue energie, deve fare ricorso a tutta la sua forza interiore perché questa è una fase importantissima affinché, anche grazie al suo generosissimo cuore di mamma, alla sua perseveranza e alla sua insistenza, la verità possa finalmente venire alla luce.

Non può essere un grido di aiuto isolato

Con la sua testimonianza di perseveranza mamma Bianca insegna a tutti cosa significa realmente essere genitori. E’ un modello per tutte le madri. Le parole suonano povere davanti a drammi come il suo ma lei dona coraggio a tutti i genitori che si trovano in una situazione di sofferenza come la sua. Tutti gli italiani abbracciano mamma Bianca e sostengono il suo impegno eroico e incessante per avere giustizia. Nella sua missione di ricerca della verità, mamma Bianca non deve essere lasciata sola. La denuncia dei familiari delle persone scomparse non può essere un grido d’aiuto isolato. Il loro appello deve arrivare al cuore delle istituzioni affinché venga davvero manifestata l’intenzione di cambiare le leggi in modo da dare assoluta priorità alle segnalazioni di casi di scomparsa: questo tipo di denunce devono avere una corsia preferenziale fin dal primo istante in cui vengono formulate, perché i primi momenti sono i più importanti per la soluzione dei casi  e spesso è una questione di poche ore a fare la differenza tra una soluzione positiva e un esito negativo di una vicenda. E poi lo Stato deve accompagnare e sostenere in ogni fase i familiari delle persone scomparse. Le istituzioni, a livello locale e nazione, non devono mai dimenticarsi di loro.

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AUTORE

don Aldo Buonaiuto
don Aldo Buonaiuto
Fondatore e direttore editoriale di In Terris, è un sacerdote della Comunità Papa Giovanni XXIII. Da anni è impegnato nella lotta contro la prostituzione schiavizzata

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