Le domande di ingresso per lavoratori extracomunitari hanno di gran lunga superato le disponibilità. Confermando dunque la cronica mancanza di manodopera che interessa diversi settori dell’economia. Specie in agricoltura. Dove gli italiani e in particolare i giovani sono assenti da anni.
E’ quanto afferma la Coldiretti in riferimento alle domande presentate a partire dal 27 marzo in base al Dpcm (Decreto del presidente del Consiglio dei ministri) di programmazione transitoria dei flussi.
Un provvedimento che fissa a 44.000 unità (contro le 42.000 dello scorso anno) le quote per lavoro stagionale attese principalmente nelle campagne, oltre che nel settore turistico e alberghiero. Una cifra molto inferiore alle reali necessità. In merito, Interris.it ha intervistato il dottor Romano Magrini, responsabile lavoro della Coldiretti.
L’intervista a Romano Magrini di Coldiretti
Quali sono le Regioni dove si concentrano maggiormente le richieste di ingresso?
“Anche se non esiste una suddivisione a livello territoriale, le regioni dove si concentrano le richieste di ingresso secondo la Coldiretti sono quelle che richiedono un grande impegno di manodopera. Nello specifico, sono: il Trentino per la raccolta delle mele; il Veneto per la raccolta degli ortaggi e delle fragole che è ormai alle porte anche per effetto del caldo inverno; il Friuli Venezia Giulia per la preparazione delle piantine di vite per i nuovi impianti, le cosiddette ‘barbatelle’; il Lazio per gli ortaggi e la Campania per la coltivazione del tabacco ed il settore della pomodoro destinato alla trasformazione industriale”.
Di quanti lavoratori c’è bisogno nelle campagne italiane?
“Con l’arrivo della primavera c’è bisogno di almeno centomila lavoratori per colmare la mancanza di manodopera che ha duramente colpito le campagne lo scorso anno con la perdita rilevante dei raccolti agricoli nazionali”.
Quali sono state le cause della “mancanza di manodopera che ha duramente colpito le campagne italiane lo scorso anno”?
“Le cause sono molteplici. La principale è il Covid che ha bloccato i movimenti di lavoratori. Le frontiere erano chiuse e molte aziende agricole sono state costrette a rinunciare a raccogliere i prodotti in campo. Gradualmente l’emergenza è rientrata, ma comunque all’appello sono mancati molti lavoratori che nel frattempo hanno trovato occupazioni alternative. I decreti flussi sono una fondamentale opportunità per reperire manodopera che spesso è già fidelizzata. Perché un aspetto di cui troppo spesso non si tiene conto è che il lavoro agricolo richiede un’adeguata formazione, dalla raccolta dell’uva a quella della frutta a tutte le lavorazioni in campo, e l’improvvisazione può creare gravi danni. La domanda di lavoro agricolo è molto alta e infatti la Coldiretti sta spingendo su tutte le modalità per garantire una adeguata presenza di occupati nelle aziende italiane. Solo un set di strumenti infatti può mettere al riparo le coltivazioni. Bene dunque il Decreto Flussi 2023 ma è importante anche il nuovo sistema di prestazioni occasionali varato dal Governo Meloni che ha accolto la nostra pressante richiesta”.
“Sistema di prestazioni occasionali”: di cosa si tratta?
“Si tratta di una disciplina che semplifica gli adempimenti per l’impiego di lavoratori occasionali a cui vengono garantiti salari e diritti. Proprio la difficoltà di reperire manodopera è la causa principale del calo delle ore lavorate in agricoltura. Le nostre aziende hanno bisogno di flessibilità perché le campagne hanno tempi diversi da quelli della burocrazia. Occorre rispettare i cicli stagionali di produzione e dunque per non perdere i raccolti bisogna intervenire tempestivamente.
Chi potrà accedere al “Sistema di prestazioni occasionali”?
“Potranno accedervi pensionati, studenti, disoccupati, percettori di Naspi, reddito di cittadinanza, ammortizzatori sociali e detenuti ammessi al lavoro all’esterno. Al lavoratore saranno inoltre garantite le stesse tutele (contrattuali, previdenziali, assistenziali, ecc.) previste per gli occupati a tempo determinato”.
Quanti sono i lavoratori stranieri occupati in agricoltura?
“In Italia un prodotto agricolo su quattro viene raccolto da mani straniere con 358mila lavoratori provenienti da ben 164 Paesi diversi che sono impegnati nei campi e nelle stalle fornendo più del 30 per cento del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore, secondo il Dossier Statistico Idos sull’immigrazione“.
Da quali Nazioni provengono?
“I lavoratori stranieri occupati in agricoltura sono per la maggior parte provenienti da Romania, Marocco, India e Albania, ma ci sono rappresentanti di un po’ tutte le nazionalità. Si tratta soprattutto di lavoratori dipendenti a tempo determinato che arrivano dall’estero e che ogni anno attraversano il confine per un lavoro stagionale per poi tornare nel proprio Paese spesso stabilendo delle durature relazioni professionali oltre che di amicizia con gli imprenditori agricoli. Cresce anche la presenza di stranieri alla guida delle imprese agricole con quasi 17mila titolari di nazionalità diversa da quella italiana”.
“Un prodotto agricolo su quattro viene raccolto da mani straniere”: perché così pochi italiani lavorano in campagna?
“Per troppi anni l’agricoltura è stata sottovalutata. Sembrava che la scelta migliore fosse smantellare il nostro sistema produttivo e acquistare all’estero il cibo necessario. Per anni siamo stati i soli a battere sul tasto della strategicità dell’agroalimentare. Poi è arrivata la pandemia che ha rimescolato le carte. Tutti i Paesi hanno capito che bisognava investire sull’agricoltura per garantire quantità e qualità adeguate di prodotti alimentari. Il vento è cambiato. I giovani hanno riscoperto l’attività dei campi. Anche per il lavoro si attende una inversione di tenenza, ma è necessario garantire adeguati redditi alle imprese e ai lavoratori e questo dipende dal giusto riconoscimento economico delle produzioni agricole e zootecniche. Non si può pensare più di concedere pochi cent per prodotti che poi vengono pagati a caro prezzo sugli scaffali. La guerra in Ucraina con l’esplosione dei costi ha ancora di più impoverito il settore che è riuscito, ma solo in minima parte, a coprire i costi stellari. Stiamo lavorando molto per riequilibrare la filiera puntando su contratti che favoriscano l’anello più debole. Creando un nuovo equilibrio siamo certi infatti che diventerà appetibile il lavoro agricolo anche per gli italiani e per i giovani in particolare”.