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Loccatelli: “L’economia è il tema principale delle elezioni generali in Turchia”

Foto di Muharrem Aydın: https://www.pexels.com/it-it/foto/bandiera-della-turchia-appesa-sul-ponte-1836580/

Nel centenario della proclamazione della Repubblica di Turchia, la sfida per il palazzo presidenziale di Ankara tra i due principali concorrenti, l’attuale capo di Stato carica Recep Tayyip Erdogan, in cerca del terzo mandato, e il leader della variegata alleanza di sei partiti Kemal Kılıçdaroğlu, detto il “Gandhi turco”, potrebbe essere decisa sul campo dell’economia. Il Paese affronta una situazione complessa dopo la crisi monetaria e debitoria del 2018, ha la propria moneta nazionale fortemente svalutata e un’inflazione superiore al 40% (nel 2022 aveva toccato il picco dell’80%). Senza dimenticare il drammatico sisma dello scorso 6 febbraio, vicino al confine con la Siria, che ha causato oltre 50mila vittime nell’Anatolia meridionale ed è stato seguito da una lunga scia di polemiche per la gestione post-terremoto.

La tornata elettorale

Il 14 maggio oltre sessanta milioni di cittadini turchi sono chiamati alle urne per il rinnovo della Grande assemblea nazionale, il parlamento monocamerale composto da 600 deputati, e per l’elezione del presidente della Repubblica, per cui i candidati in corsa sono scesi da quattro a tre, dopo che Muharrem Ince ha annunciato il ritiro. Qualora nessuno dei contendenti ottenga la maggioranza assoluta dei voti (50%+1) al primo turno, è previsto un ballottaggio tra i due raccolgono il numero più alto di preferenze. Per quanto riguarda invece le elezioni parlamentari, i partiti ammessi alla tornata elettorale sono 36.

La corsa presidenziale

Con i sondaggi che tratteggiano un testa a testa tra i due principali sfidanti, in cui Erdogan sarebbe in leggero svantaggio rispetto al suo più probabile avversario, il più longevo leader della Turchia moderna a pochi giorno dall’appuntamento elettorale vara un aumento del salario minimo del 45% per i lavoratori impiegati nel settore pubblico. Il fondatore del Partito per la giustizia e lo sviluppo (Akp) è al potere da un ventennio, già per tre volte eletto primo ministro e attualmente presidente della Repubblica in carica al secondo mandato, cerca la terza conferma consecutiva, ed è sostenuto dai partiti di destra Mhp e Bbp. Più composita la coalizione che appoggia come candidato Kilicdaroglu, presidente del Partito repubblicano del popolo (Chp), attualmente la più antica forza politica turca, di centrosinistra e laica. Il cosiddetto “Tavolo dei sei” è infatti composto partiti che vanno dalla sinistra all’islamismo. Degli altri due candidati alla presidenza della Repubblica è rimasto solo Sinan Ogan, che ha il sostegno di alcuni piccoli partiti di destra nazionalista, poiché Ince, ex membro del Chp e oggi guida il Memleket Parti, che era già uscito sconfitto alle ultime presidenziali, ha annunciato il suo ritiro, secondo quanto riportato dalla televisione di Stato Trt.

L’intervista

In vista delle elezioni generali turche, Interris.it ha intervistato la giornalista e saggista Giovanna Loccatelli, autrice del libro “L’oro della Turchia”.

In Turchia si vota per il rinnovo del Parlamento e per l’elezione del presidente della Repubblica. In quale quadro socio-economico il Paese va alle urne?

“In Turchia il costo della vita è aumentato drasticamente negli ultimi anni, la classe media è in estrema difficoltà e la forbice sociale si è allargata visibilmente, soprattutto nella metropoli sul Bosforo. Le politiche finanziarie dell’esecutivo – mai messe in discussione da Erdogan – hanno causato un’impennata dell’inflazione, facendo crollare al contempo il valore della lira turca sui mercati. Una gestione dell’economia costata molto al presidente turco dal punto di vista dei consensi. La disaffezione della popolazione si è inoltre acuita in seguito al terremoto di febbraio, una calamità che ha causato oltre 50mila morti. Il malcontento dei cittadini è legato anche alle gravi e accertate responsabilità istituzionali nella mancata prevenzione e nella risposta, considerata da molti inadeguata. Un evento naturale che a pochi mesi dal voto ha messo in luce tutte le incongruenze della politica e della propaganda dell’Akp”.

Quali sono  i punti programmatici più rilevanti dei due principali sfidanti alla corsa presidenziale, Erdogan e Kılıçdaroğlu?

“Kılıçdaroğlu è convinto che il Paese abbia bisogno di una svolta politica che parta dalla riforma costituzionale, con il ritorno al parlamentarismo; l’allargamento della rappresentanza politica e il ritorno della Turchia verso maggiori standard democratici. Kilicdaroglu ha detto anche di voler riprendere il discorso dell’ingresso della Turchia nell’Unione europea e ripristinare la ‘fiducia reciproca’ con gli Stati Uniti, dopo anni di relazioni complicate. Il leader dell’opposizione ha inserito ai primi posti della sua agenda il rovesciamento totale delle ricette economiche di Erdogan; ha intenzione inoltre di rimandare a casa, su base volontaria, parte dei circa 3,6 milioni di rifugiati siriani attualmente in territorio turco. Erdogan, dal canto suo, ha puntato tutto sulla politica estera: l’obiettivo principale è quello di aumentare la proiezione e l’influenza regionale del proprio Paese. La Turchia, negli ultimi anni, ha iniziato a sviluppare intenti espansionistici ed imperialisti di stampo neo-ottomano. Inoltre il paese della Mezzaluna, pur appartenendo alla Nato, ha costruito nel corso degli anni una specie di ‘competizione cooperativa’ con l’Iran e la Russia, nel tentativo di dividersi le aree di influenza e difendere i propri interessi nazionali. Ankara ha anche sviluppato notevolmente il proprio settore della difesa progettando una nuova classe di droni, i Bayraktar TB2, che si sono rivelati decisivi anche nella guerra russo-ucraina. Erdoğan non ha intenzione di cambiare la sua linea economica: sa bene che una politica anti-inflazionistica comporterebbe l’adozione di misure di austerità con gravi conseguenze sul piano interno, anche in termini di sostegno politico nei confronti suoi e del suo partito”.

Quale può essere il tema che interessa maggiormente l’elettorato turco?

“Certamente l’economia. Come abbiamo già visto nelle elezioni amministrative del 2019 vinte dall’opposizione sia a Istanbul che ad Ankara, il tallone d’Achille del presidente turco è proprio la difficile situazione economica e sociale in cui versa il paese, soprattutto a partire dal 2018. Sempre più persone si vedono costrette a tagliare la spesa nei settori più diversi, dallo shopping ai trasporti, dalle cene ai viaggi passando per svago e divertimento in un clima di ‘austerità’. Il fenomeno non riguarda solo la parte più debole della società, ma coinvolge un numero consistente di cittadini, e non solo nella metropoli sul Bosforo. In questo quadro, l’esercito dei disoccupati è il primo a subire i contraccolpi della crisi”.

Queste elezioni cadono in un periodo di anniversari: il decennale delle proteste di Gezi Park, i 20 anni dalla sua nomina di Erdogan a primo ministro e soprattutto il centenario della proclamazione della Repubblica. Qual è il loro portato simbolico?

“Il 2023 segna il centenario della Repubblica di Turchia. Al di là delle pompose celebrazioni che si terranno, la realtà è che questa data storica potrebbe essere l’ultima festa della Repubblica – dopo quasi vent’anni- celebrata da governi a guida AKP oppure potrebbe rappresentare simbolicamente l’incoronazione di Erdogan. Indubbiamente, l’attuale presidente turco è diventato il più importante politico dai tempi di Atatürk e nutre – da sempre – l’ambizione di diventare il più grande di tutti, vedendo il 2023 come il raggiungimento di questo prestigioso traguardo. Il centenario della repubblica di Turchia è una data che, a prescindere dall’esito delle elezioni, gli assicura un posto significativo nella storia”.

Lorenzo Cipolla: