In Italia, negli ultimi anni, si assiste a una vera e propria “industria dell’augurio e degli auspici”, al fine di dispensare fortune, serenità e prosperità. In una situazione in cui gli oroscopi assurgono a maggiore visibilità (per molti sono fonte di verità), in cui il ricorso a cartomanti e fattucchieri è aumentato (tredici milioni di italiani se ne avvalgono, ogni anno, secondo una stima del Codacons), sembra di essere tornati a molti secoli or sono. In particolare, ai tempi degli auguri dell’antica Roma che, seguendo il volo degli uccelli, precisavano, per qualsiasi azione, se la stessa incontrasse il benestare divino. Il loro responso era considerato sacro.
Complice la praticità di esecuzione offerta dai social, ormai l’augurio è un qualcosa di continuo e inflazionato. Si arriva, addirittura, a forme inedite di augurio (per il I Maggio, per la festa del papà, della mamma, della donna, l’inizio di una stagione, per l’inizio del mese, della settimana, per la giornata in palestra, in spiaggia, ecc).
L’augurio deve essere comodo (meglio se inviato in modo collettivo, lo stesso per più persone), funzionale e “catalogato”: le ripetizioni sono ammesse, le dimenticanze no. È evidente come la tecnologia (WhatsApp, Facebook, sms, mail, ecc.) abbia sostituito, in maniera esponenziale, le poche lettere o cartoline che si inviavano in occasione delle festività più importanti. Un breve messaggio d’auguri digitale permette di far intendere, all’amico o al parente, come non ci scordi di lui, senza dover intraprendere una noiosa e lunga telefonata (poco redditizia nei tempi frenetici di oggi).
Il ricambio degli auguri
La voglia di inviare auguri è notevole: una dimostrazione ce l’ha chi, fornito di migliaia di contatti su Facebook, riceve il “buon compleanno” da molte persone che non conosce (complice l’avviso quotidiano che ricorda i festeggiati del giorno).
Questo somiglia all’esperimento citato il 31 dicembre 2016 da Andrea Mameli in uno scritto dal titolo molto preciso “Inflazione di auguri: ipocrisia acuta o sincero bisogno di condividere sentimenti?”. Il giornalista ricorda: “Nel 1976 Phillip R. Kunz e Michael Woolcott studiarono i comportamenti sociali legati agli auguri di Natale inviando cartoline augurali a 578 sconosciuti pescati sull’elenco telefonico.
I due ricercatori riscontrarono che i loro auguri venivano contraccambiati più spesso di quanto si aspettavano e conclusero che il comportamento osservato fosse funzionale al mantenimento di una coesione sociale formale. Il 20% di coloro che risposero non si informarono sull’identità del mittente”.
Il “caso” Capodanno
Per un’idea dell’entità del fenomeno, occorre leggere la dichiarazione di WhatsApp: “Il 31 dicembre 2019 sono stati inviati più messaggi rispetto a qualsiasi altro giorno precedente nella storia decennale. Dei 100 miliardi di messaggi inviati, oltre 12 miliardi erano messaggi con disegno”. L’utilizzo è tale che in alcune circostanze simili del passato, la piattaforma si è bloccata, raggelando tutti gli utilizzatori impossibilitati a ricevere e inviare messaggi. Il Capodanno rappresenta la massima sublimazione dell’augurio, in cui lo sforzo personale per determinare un anno migliore per se stessi e gli altri è estrema. È anche l’unica occasione in cui è consentito procrastinare l’augurio per qualche altro giorno, finché non si incontra fisicamente, nel nuovo anno, la persona in questione. È facile arguire il tema ricorrente dei messaggi di auguri del prossimo anno: che sia migliore di un disgraziato 2020.
Con l’augurio personale, ripetuto e ostinato, quasi si vuol pretendere di cambiare il corso degli eventi. Si tratta di embrionale superstizione. Una locuzione molto gettonata, infatti, è “buona fortuna”. Fin qui, dunque, la visuale “laica” dell’augurio. La Chiesa, sin dalle origini, non formulava “auguri” (usanza pagana) ma ricorreva al più biblico “Dio ti benedica”. L’unica forma di augurio per un credente è una preghiera. Egli, non credendo al caso e al destino, non arriva ad augurare “buona fortuna” o “in bocca al lupo” e similari.
La visione della Chiesa
San Giovanni Paolo II, nel corso del “Te Deum” della fine dell’anno 2001, precisò: “Non credere agli oroscopi e ai veggenti, non lasciarsi suggestionare dalle visioni apocalittiche del futuro. Impegnarsi invece nel presente. Gesù ci esorta a non investigare inutilmente su ciò che è riservato a Dio, che è appunto il corso degli eventi, ma a utilizzare il tempo che ciascuno ha a disposizione, cioè il presente, operando con amore filiale per la diffusione del Vangelo in ogni angolo del pianeta”.
Nel quinto libro della Bibbia, il Deuteronomio 18:9,10 si legge: “Quando sarai entrato nel paese che il Signore tuo Dio sta per darti, non imparerai a commettere gli abomini delle nazioni che vi abitano. Non si trovi in mezzo a te chi immola, facendoli passare per il fuoco, il suo figlio o la sua figlia, né chi esercita la divinazione o il sortilegio o l’augurio o la magia”.
L’articolo 2116 del Catechismo della Chiesa Cattolica recita “Tutte le forme di divinazione sono da respingere: ricorso a Satana o ai demoni, evocazione dei morti o altre pratiche che a torto si ritiene che ‘svelino’ l’avvenire. La consultazione degli oroscopi, l’astrologia, la chiromanzia, l’interpretazione dei presagi e delle sorti, i fenomeni di veggenza, il ricorso ai medium occultano una volontà di dominio sul tempo, sulla storia ed infine sugli uomini ed insieme un desiderio di rendersi propizie le potenze nascoste. Sono in contraddizione con l’onore e il rispetto, congiunto a timore amante, che dobbiamo a Dio solo”.
Nuovi passi
Propiziarsi la divinità e il destino con gli auguri di vario tipo è puramente superstizione. Il voler bene a una persona e non dimenticarla, si dimostra ben oltre il semplice augurio, con la vicinanza fisica (se possibile), spirituale, morale, anche attraverso una piacevole telefonata. L’industria degli auguri non si ferma e procede con nuovi primati, di anno in anno, attraverso un fitto scambio con forme gratuite e sempre più studiate.
L’invio a catena
Nelle ricorrenze religiose più importanti, come la Pasqua e il Natale, gran parte della collettività è più impegnata a disseminare gli auguri che a vivere e santificare quelle feste che cita in continuazione (la comunità riscopre, solo a parole, il valore della solennità e tutti sembrano esser diventati cattolici). In queste occasioni, la preoccupazione principale è quella di inviare l’augurio a tutti i contatti della propria rubrica telefonica, di Facebook o della posta elettronica, cercando, nell’attenta lettura dell’elenco, di smarcare, pian piano, quelli “lavorati” (al netto di quelli scambiati dal vivo).
Una situazione di stress
L’ultimo paradosso è che, per alcuni, procedere all’invio preciso di auguri senza esclusioni o dimenticanze, diviene anche una situazione di stress tipica di tali festività, come i regali, l’uovo e la colomba; beni da acquistare rigorosamente con attenzione e in tutta velocità, complice la vita frenetica delle persone moderne. Gli individui di oggi? Sono stressati, sempre di corsa ma ben ripieni e gonfi di auguri.