Sos violenza di genere. Gelosia e controllo da molti giovani sono interpretati come manifestazioni d’amore. Lo crede il 30%, ma il dato sale al 45% se a rispondere sono adolescenti tra i 14 e 15 anni. Il controllo su abbigliamento, uscite, l’accesso ai messaggi è diffuso, ad esempio la geolocalizzazione viene considerata accettabile dal 19%. Emerge dalla ricerca “Giovani Voci per Relazioni Libere” tra ragazzi e ragazze tra i 14 ed 21 anni, condotta da Differenza Donna. L’associazione che gestisce il numero antiviolenza 1522. “Questi dati – ha spiegato la presidente Elisa Ercoli – rappresentano la romanticizzazione della violenza. I ragazzi pensano che sia romantica una passione che porti anche ad una sofferenza. Vuol dire abituarsi a confondere il possesso e la limitazione della libertà con l’amore”. Inoltre è stato presentato a Roma, nella Sala dell’Istituto di Santa Maria in Acquiro Del Senato, il Libro bianco per la Formazione. A cura del Comitato tecnico scientifico dell’Osservatorio sul fenomeno della violenza nei confronti delle donne e sulla violenza domestica. “Abbiamo pensato che per dare il via alle iniziative di formazione ci volesse un punto fermo. Quindi un libro bianco con la descrizione delle diverse forme di violenza e degli strumenti che si possono mettere in atto, dei comportamenti che bisogna mettere in atto per arginare il fenomeno, per contrastarlo”, ha spiegato la ministra alla Famiglia e alle Pari opportunità, Eugenia Roccella.
Dossier anti-violenza
“Da questo libro bianco partiremo per le nuove linee guida che dovrebbero comprendere tutti gli operatori del settore. Quindi sia quelli della giustizia, sia quelli sanitari, sia le forze dell’ordine“, ha aggiunto la ministra. Che ha ricordato inoltre che seppure il lavoro sia stato fatto dal comitato tecnico scientifico che ha un ruolo “istituzionale”, è stato elaborato “con uno spirito militante“. Il volume si divide, quindi, in due parti: la prima dedicata al “riconoscimento”, alla “descrizione del fenomeno” della violenza maschile contro le donne “e delle diverse forme nelle quali si manifesta”. La seconda, “la formazione”, “si concentra sugli indirizzi da adottare per le buone pratiche“. Per la presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio, Martina Semenzato, “la violenza di genere ha bisogno di atti pratici. Questo libro bianco è un atto pratico, concreto. Innanzitutto si ha una narrazione molto puntuale, una decodificazione di che cosa è la violenza”. “Tante donne non sanno di essere in una situazione di violenza – ha ricordato – noi siamo abituati a riconoscere la violenza fisica, che è quella che si vede. Eppure la violenza ha tante facce, purtroppo. Quella psicologica, economica, sessuale, delle forme di violenza che io chiamo mali del nostro tempo, come quelle che passano attraverso i social, come il revenge porn”. Semenzato, illustrando il libro, ha spiegato come aiuti “a capire le tante forme di violenza e che cos’è il femminicidio, l’importanza dell’attività dei centri antiviolenza. E poi la formazione degli operatori del settore, operatori sociosanitari, le forze di polizia, avvocati, magistrati, tutte quelle persone che con la violenza di genere hanno a che fare sistematicamente”.
Stop alla violenza
A Palermo “Le Gemme Editore”, nell’ambito del progetto I segni di Venere, ha organizzato e promosso l’incontro dal titolo “novantasessantanovanta, Anatomia di un cambiamento. Donne oltre il Mito”. Tra i relatori che si sono avvicendati dopo il saluto della direttrice della sede regionale Rai Roberta Di Cicco, Federico Vitella, scrittore, docente di Storia del Cinema di UniMe, autore del libro “Maggiorate. Divismo e celebrità nella nuova Italia” (Marsilio) dal quale ha preso avvio il dibattito. Fabio Lo Verde, docente di Sociologia di UniPa. Cleo Li Calzi, docente di Leadership ed Empowerment presso l’Università Lumsa di Palermo. Sergio Daricello, docente di Storia della Moda, all’Accademia di Belle Arti di Palermo. Costanza Quatriglio, regista e direttrice del Centro Sperimentale di Cinematografia. L’incontro è stato condotto dalla giornalista Maria Giambruno La Porta, ideatrice del progetto di women empowerment “I Segni di Venere“. L’iniziativa, con il partenariato della Rai, è stata promossa in collaborazione con Zonta International Palermo Zyz, Associazione Una Marina di Libri ETS, Associazione “E’ geniale”, Accademia di Belle Arti di Palermo, Fondazione Orestiadi di Gibellina. Afferma Maria Giambruno La Porta: “Il modello di società attuale non risponde alle sfide di una realtà moderna, complessa ed egualitaria. Il progetto I Segni di Venere con le sue iniziative culturali sui territori – vuole essere uno strumento operativo per ripensare i cambiamenti sociali attraverso il pragmatismo delle donne, capaci di accogliere la diversità e abbattere le barriere“. Dopo l’ incontro di Palermo si prosegue con un secondo appuntamento a metà gennaio a Pozzuoli in collaborazione con un team di associazioni coordinate dall’Accademia dei Campi Flegrei. Un terzo incontro a Parma a metà marzo per poi rientrare in Sicilia.
Il futuro
“Il pensiero collettivo che contribuisce alla colpevolizzazione delle donne, anche da parte delle donne stesse, è profondamente sbagliato e offensivo. È molto importante superare dentro se stesse questo senso di colpa”, ha detto l’ex deputata Lucia Annibali. Intervenendo alla conferenza stampa al Senato moderata dalla giornalista Gaia Tortora. E’ stato presentato il libro “Il futuro mi aspetta“, scritto dalla stessa Annibali con Daniela Palumbo. “Bisogna educare ai sentimenti perché il carcere arriva dopo, a cose fatte. Prima ci sono l’educazione al rispetto. Il lascito di Lucia Annibali è il reddito di libertà, uno strumento fondamentale”, ha spiegato la senatrice Silvia Fregolent. “Lucia Annibali -ha ricordato Maria Elena Boschi- ha fatto fare al nostro Paese dei passi in avanti giganteschi in termini sia culturali che normativi. Da lei ho imparato alcune cose. La prima è che non è mai colpa delle donne. Poi, davanti a situazioni di violenza o anche prevaricazione nei confronti di una donna, bisogna diventare intolleranti, non solo evitare di essere indifferenti”. Ha evidenziato la senatrice Raffaella Paita: “Il governo sta pensando a un tavolo per potenziare gli strumenti contro la violenza sulle donne, come il braccialetto elettronico. Come Parlamento, bisogna chiedere di fare presto. È inaccettabile leggere che una donna ha subito violenza perché un braccialetto non ha funzionato”
Educazione necessaria
Più o meno in linea con i dati Istat, il 39% del campione dice di aver subito violenza. Ma la percentuale si alza al 43% tra le ragazze e al 55% tra le persone non binarie. In tanti, il 18%, affermano di aver avuto rapporti sessuali anche quando non lo volevano, il 39% per la difficoltà a dire no, il 14% per il “mancato rispetto del consenso” e il 6% dichiara di essere stato costretto con la forza. Ma il dato aumenta quando si parla di ragazze, ben il 69%, e per le persone non binarie al 70%. “Subiscono una violazione così grave come lo stupro senza avere la solidità di capire – osserva Elisa Ercoli (Differenza Donna)-. Qual è il limite che gli altri devono avere rispetto a te ed quale limite devi dare rispetto agli altri”. Le risultanti del sondaggio per Differenza Donna significano che l’educazione che gli adulti passano ai propri ragazzi è “piena di stereotipi e giudizi patriarcali. E ciò non avviene in famiglie di basso livello sociale ed economico ma in maniera trasversale’. Dati che per Differenza donna dimostrano anche che in Italia contro la violenza alle donne “manca l’asse della prevenzione“, che l’associazione chiede di attuare con campagne informative, corsi nelle scuole per educare a sane relazioni sentimentali e soprattutto formazione che “non può essere fatta soltanto dagli esperti accademici ma con il necessario sapere di chi lavora da anni nei centri-antiviolenza“. Dalla ricerca di Inc Non Profit Lab “Prima che sia troppo tardi. Educare i giovani all’affettività per contrastare la violenza di genere” risulta che il problema della violenza di genere preoccupa 8 italiani su 10, che lo ritengono grave e urgente da affrontare. E sempre per 8 italiani su 10 è opportuno far diventare l’educazione affettiva materia di studio nel corso scolastico di bambini e adolescenti (79,7%). Perché dopo la legge sulla violenza, il passo da compiere – e tutti gli attori sono d’accordo – è quello culturale.