Il 7 ottobre 2023, l’attacco terroristico di Hamas nei confronti di Israele, ha dato inizio a una nuova escalation di violenza in tutto il Medio Oriente e, a pagare il tributo più alto in termini di vite umane, è la popolazione civile inerme. Ogni giorno che passa il conflitto rischia di allargarsi sempre di più e, molti paesi vicini ad Israele e Palestina rischiano di esserne coinvolti, uno di questi è il Libano.
La situazione in Libano
Alla luce di ciò, se dovesse verificarsi l’apertura di un nuovo fronte di guerra nell’area mediorientale, la breccia sarebbe molto probabilmente rappresentata dal confine tra Israele e il Libano, paese nel quale imperversano i paramilitari di Hezbollah. Quest’ultima è un’organizzazione politico-militare di matrice integralista, ritenuta terroristica da Stati Uniti e Israele, nata nel 1982, nel pieno della guerra civile libanese tra cristiano maroniti e musulmani e nell’anno dell’invasione israeliana al cosiddetto “paese dei cedri” che, tra i suoi obiettivi, ha sempre proclamato la distruzione dello Stato di Israele. I miliziani, da molti giorni, stanno lanciando numerosi razzi nelle località del nord della Galilea, tanto che, le autorità di Gerusalemme, hanno deciso di evacuare la popolazione dai villaggi posti al confine con il sud del Libano.
L’intervista
Interris.it, in merito all’attuale situazione in Libano, ha intervistato il dott. Danilo Feliciangeli, referente di Caritas Italiana per il Medio Oriente.
Dottor Feliciangeli, qual è l’attuale situazione del Libano?
“La situazione attuale del Libano, purtroppo, è molto difficile. La crisi che, di fatto, è in corso tra Hezbollah e Israele è estremamente grave e si somma alle altre che, dal 2019, il Paese sta vivendo. Ricordo che, in quell’anno ci sono state le prime proteste dei cittadini contro il sistema corrotto e clientelare, il quale ha dato origine a una profonda crisi economica e sociale, acuita dalla pandemia da Covid-19 e dall’esplosione avvenuta nel porto di Beirut il 4 agosto 2020. Il Libano pertanto, in questi anni, ha subito una serie di shock molto gravi, che avrebbero piegato qualsiasi altro Paese. Inoltre, questi fatti, si sono inseriti in un contesto duramente segnato da molte fragilità pregresse, già indebolito dalla crisi siriana, ma soprattutto da trent’anni di corruzione e di clientelismo, i quali rendono tutto ancora più delicato. In questa fase, purtroppo, la guerra in atto, ha già causato 76 mila sfollati, ovvero cittadini libanesi che hanno dovuto lasciare i loro villaggi nel sud del paese, al confine con Israele, a causa dei bombardamenti. I morti sono stati circa 120 e, più della metà, sono civili, si parla inoltre di 33 minori deceduti negli attacchi e di altre persone colpite dall’artiglieria israeliana. Il conflitto, finora, è stato limitato al sud del Paese, ma potrebbe degenerare ed estendersi anche al nord, in particolare dopo l’attacco israeliano che, qualche giorno fa, ha provocato l’uccisione del leader di Hezbollah a Beirut. Speriamo che la situazione non peggiori ulteriormente ma, sfortunatamente, il rischio sussiste”.
Come sta agendo Caritas in questo momento difficile per aiutare la popolazione civile libanese?
“La guerra purtroppo, si somma alla gravissima crisi economica e sociale che, ormai da quattro anni, il Libano sta vivendo. La povertà ormai lambisce oltre l’80% della popolazione e sta colpendo la società a tutti i livelli. La sanità è al collasso e, solamente chi ha una grande disponibilità di risparmi, riesce a curarsi. Molte scuole sono chiuse da tempo in quanto, gli insegnanti, vengono pagati pochissimo e non riescono nemmeno a coprire i costi di trasporto per recarsi al lavoro, pertanto molti non ci vanno e, perfino le università, aprono a singhiozzo. I beni primari si trovano a fatica perché, allo stato attuale, l’inflazione ha raggiunto dei prezzi altissimi. La situazione sociale libanese, di conseguenza è terribile e, nel sud del Paese, si è aggiunto il conflitto in atto. La Caritas, ormai da tempo, sta operando su questi due fronti, sia per fornire supporto ai 76 mila sfollati causati dal conflitto a cui, Caritas Libano, sta offrendo accoglienza, non solamente mettendo a disposizione alloggi, ma anche sostenendo le famiglie che già stanno ospitando delle persone. Gli sfollati hanno perso ogni fonte di reddito e, in molti casi, siccome vivevano in villaggi rurali e coltivavano piccoli appezzamenti di terreno, allo stato attuale, non hanno più nulla. Stiamo poi offrendo una sistemazione alloggiativa a chi non è riuscito a trovare rifugio presso i propri familiari o conoscenti. Le persone assistite in questa nuova emergenza sono circa cinquemila. Inoltre, allo stesso tempo, stiamo mettendo in atto un programma di aiuto per far fronte alla crisi economica e sociale, distribuendo beni di prima necessità e operando sul fronte dell’assistenza medica, attraverso il supporto ad un progetto rivolto a 600 beneficiari che non possono permettersi le cure sanitarie. Inoltre, attiviamo anche un programma per lo sviluppo economico, finalizzato alla creazione di piccole realtà produttive per sostenere le famiglie in questa condizione di estrema difficoltà economica”.
Quali sono i vostri auspici per il futuro in riguardo alla pacificazione del Libano? In che modo, chi lo desidera, può aiutare l’azione di Caritas in quest’area?
“Purtroppo, dallo scorso sette ottobre, stiamo vivendo una serie di drammi scioccanti a causa della violenza raggiunta in quest’area del mondo. L’attacco di Hamas, avvenuto proprio quel giorno, è stato di una crudeltà efferata verso la popolazione civile. La risposta dell’esercito israeliano lo è stata altrettanto e sta causando molte vittime civili a Gaza. La nostra paura è rappresentata dal fatto che, l’attuale conflitto, il quale fino ad ora non ha avuto un’intensità altissima, possa travolgere anche il Libano con la stessa efferatezza e violenza, andando a colpire i civili. Auspichiamo quindi che, la guerra in atto, non si estenda ulteriormente. Le stime dicono che, se si verificasse un attacco israeliano su Beirut, essendo una capitale densamente popolata, le vittime potrebbero essere tra le 200 e le 500 mila. Speriamo quindi che il buonsenso prevalga, si metta fine alle violenze a Gaza e si trovi uno spazio per il confronto e per il dialogo. Le azioni violente portano solo ad una violenza ulteriore. Serve la buona volontà di qualcuno che decida di mettervi fine. Hamas e Hezbollah sono diffusi in Medio Oriente e si potranno sradicare solamente attraverso un processo di pace. Vorremmo che le armi tacciano e si inizi a dialogare. La classe politica libanese ormai ha fallito ma, una parte della popolazione, tra cui i giovani che sono molto formati, potranno portare ad un rinnovamento nel Paese. Chi vuole sostenere l’azione di Caritas e dei nostri partner nell’area, può trovare tutti i riferimenti, nonchè le possibili modalità di supporto sul nostro sito e aiutarci attraverso una donazione con la causale ‘Emergenza Terra Santa’ oppure ‘Emergenza Libano’, i fondi verranno equamente distribuiti per aiutare la popolazione in difficoltà”.