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Lesioni midollari incomplete: l’innovazione di un protocollo italiano

Foto Ufficio stampa San Raffaele

Centosettantacinque. Sono i metri che un paziente affetto da una lesione incompleta al modello spinale, causa di spasticità muscolare e difficoltà motorie, ha potuto percorrere grazie a un neurostimolatore che invia impulsi elettrici ad alta frequenza, combinato con stimolazioni a bassa frequenza e riabilitazione. Questo è il risultato di un innovativo protocollo italiano che apre nuove prospettive terapeutiche per il trattamento di patologie che provocano disfunzioni motorie e condizioni neurologiche caratterizzate da iperreattività dei circuiti spinali. Frutto di uno studio, recentemente pubblicato sulla rivista Science translational medicine, prodotto dalla collaborazione tra l’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) Ospedale San Raffaele, l’Università Vita-Salute San Raffaele e la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.

L’intervista

Interris.it ha intervistato il professor Pietro Mortini, primario di Neurochirurgia e Radiochirurgia Stereotassica all’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e ordinario di Neurochirurgia all’Università Vita-Salute San Raffaele, uno dei due coordinatori dello studio.

Questo protocollo è un frutto della medicina e della ricerca tutto italiano. Come vi fa sentire?

“Siamo profondamente orgogliosi che questo risultato sia il frutto di una collaborazione tutta italiana tra l’Irccs Ospedale San Raffaele, l’Università Vita-Salute San Raffaele e la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. È un esempio eccellente di come il nostro Paese possa essere all’avanguardia nella ricerca e nell’applicazione della tecnologica alla medicina per sviluppare soluzioni innovative che possono migliorare significativamente la qualità della vita dei pazienti con disabilità motorie”.

Questi risultati preliminari sono un inedito assoluto?

“Sì, questi risultati rappresentano un inedito assoluto. Per la prima volta, è stato dimostrato che un protocollo di stimolazione elettrica epidurale ad alta frequenza può ridurre la spasticità muscolare e migliorare significativamente le capacità motorie in pazienti con lesioni midollari. Sebbene l’elettrostimolazione fosse già utilizzata in altri contesti, il nostro protocollo ad alta frequenza è una novità che apre nuove prospettive terapeutiche”.

Ci può illustrare come si è svolto lo studio?

“Lo studio ha coinvolto due pazienti con lesioni incomplete del midollo spinale, una condizione che provoca spasticità muscolare e difficoltà motorie. I due soggetti, sottoposti nel 2023 all’impianto di un neurostimolatore midollare, hanno seguito un percorso riabilitativo intensivo che ha combinato stimolazioni a bassa e alta frequenza con esercizi motori. La novità del protocollo risiede nell’uso di frequenze dell’ordine dei kilohertz, molto superiori a quelle tradizionali, per inibire l’iperreattività patologica dei circuiti spinali senza causare disagio”.

Quali problemi hanno persone affette da malattie che colpiscono il sistema nervoso centrale o soffrono di lesioni midollari?

“Queste persone affrontano problemi complessi, tra cui spasticità muscolare, paralisi parziale o totale degli arti, difficoltà nella deambulazione e perdita di autonomia. La spasticità, in particolare, causa rigidità e spasmi muscolari involontari, compromettendo ulteriormente la mobilità. Questi sintomi riducono drasticamente la qualità della vita e pongono sfide significative per i pazienti e i loro familiari”.

Cos’è e come funziona un neurostimolatore midollare?

“Un neurostimolatore midollare è un dispositivo medico impiantabile che invia impulsi elettrici al midollo spinale per modulare l’attività dei suoi circuiti nervosi. Il sistema è composto da tre componenti principali: gli elettrodi, fini e flessibili, vengono posizionati nello spazio epidurale, cioè tra il midollo spinale e la colonna vertebrale, in modo strategico per stimolare aree specifiche del midollo associate ai movimenti e al controllo muscolare; il generatore di impulsi, un piccolo dispositivo elettronico, simile a un pacemaker, impiantato sottocute, solitamente nella regione addominale o glutea, che genera gli impulsi elettrici inviati agli elettrodi; e il controller esterno, che permette ai medici di regolare la frequenza, l’intensità e la durata degli impulsi in base alle esigenze del paziente. L’impianto del neurostimolatore avviene attraverso un intervento chirurgico minimamente invasivo. Dopo un’anestesia generale, gli elettrodi vengono inseriti con l’ausilio di tecniche di imaging, come la fluoroscopia, per garantire un posizionamento preciso. Una volta posizionati gli elettrodi, il generatore di impulsi viene collegato e impiantato sottopelle. Il neurostimolatore poi può essere programmato e regolato in base alle esigenze specifiche del paziente”.

Quali risultati della combinazione tra elettrostimolazione ad alta frequenza e riabilitazione avete osservato?

“La combinazione di elettrostimolazione ad alta frequenza e riabilitazione ha prodotto risultati estremamente promettenti, sia dal punto di vista funzionale che clinico. Grazie al protocollo sviluppato, i pazienti hanno mostrato un miglioramento significativo nella riduzione della spasticità muscolare, grazie all’inibizione dell’iperattività patologica dei circuiti spinali, nel recupero delle capacità motorie, aumentando forza muscolare e controllo, e nella deambulazione, riportando maggiore stabilità e sicurezza nei movimenti. Per esempio, uno dei pazienti è riuscito a percorrere, senza stimolazione attiva, più di 175 metri. Questi risultati sono stati possibili grazie all’integrazione di stimolazioni mirate e programmi riabilitativi intensivi, adattati alle esigenze specifiche di ciascun paziente. L’alta frequenza della stimolazione è stata determinante per modulare i circuiti spinali senza generare disagio, mentre gli esercizi motori hanno potenziato gli effetti della stimolazione, favorendo il recupero delle funzioni motorie”.

Queste persone potranno tornare a camminare, in maniera parziale o definitiva?

“I risultati preliminari sono molto incoraggianti. I pazienti trattati hanno mostrato un recupero parziale delle capacità motorie, che potrebbe evolvere ulteriormente con protocolli personalizzati e prolungati. Tuttavia, la possibilità di un recupero completo dipende dalla gravità della lesione e dalla risposta individuale al trattamento”.

Per quali tipi di malattie si aprono possibilità di miglioramento, se non proprio di cura?

“Oltre alle lesioni midollari, questo approccio potrebbe essere esteso a patologie che provocano spasticità e disfunzioni motorie, e ad altre condizioni neurologiche caratterizzate da iperreattività dei circuiti spinali. La ricerca futura definirà ulteriori applicazioni cliniche, con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita del maggior numero di pazienti”.

Lorenzo Cipolla: