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Lebbra, Lissoni (Aifo): “Curare non solo la malattia ma anche lo stigma”

L'intervista di Interris.it al dottor Antonio Lissoni, Presidente dell'Associazione italiana amici di Raoul Follereau (Aifo) nella 71esima giornata mondiale dei malati di lebbra, istituita da Follereau nel 1953

La lebbra è una delle 20 malattie tropicali dimenticate che ogni anno colpiscono più di un miliardo di persone nel mondo, causando disabilità e stigma. Sono tutte curabili, eppure continuano a uccidere. In comune hanno anche le cause della loro diffusione: la povertà, la mancanza di igiene e di alimentazione adeguata e i sistemi sanitari locali molto deboli. I sintomi della lebbra non sono subito riconoscibili. Se non curata in tempo, conduce a disabilità anche molto gravi o, nel peggiore dei casi, alla morte. Malattia già conosciuta nell’antichità – moltissime le storie dei lebbrosi contenute nella Bibbia – gravata da deturpazioni fisiche, dolori e disabilità, la lebbra è storicamente considerata la malattia stigmatizzante per eccellenza.

Oggi, domenica 28 gennaio, si celebra la 71esima giornata mondiale dei malati di lebbra, istituita da Raoul Follereau nel 1953. Il tema di questa edizione è “Nessuno ai margini”. In merito, Interris.it ha intervistato il dottor Antonio Lissoni, Presidente dell’Associazione italiana amici di Raoul Follereau (Aifo), organizzazione non governativa che da oltre sessanta anni è in prima linea nella lotta alla lebbra e alle forme di ingiustizia ed emarginazione ad essa connesse.

Antonio Lissoni, Presidente Aifo

L’intervista ad Antonio Lissoni, Presidente Aifo

Come è nata Aifo?

“Aifo nasce 63 anni fa, precisamente nel 1961, dal pensiero e dall’azione di  Raoul Follereau: questo scrittore e poeta francese dedicò tutta la vita alla lotta alla lebbra dopo che, nel 1936, inviato dal suo giornale in Africa, incontrò per la prima volta una comunità dove venivano emarginati i malati di lebbra. Scopre, attraverso di loro, il mondo della povertà e del pregiudizio sociale nei confronti di questa malattia che condannava – ieri come oggi – i malati alla solitudine e all’emarginazione. AIFO nasce sostanzialmente dall’intuizione di Follereau: AIFO non cura soltanto la malattia, ma si prende innanzitutto cura del malato in quanto persona”.

Cosa è la lebbra?

“La lebbra o malattia di Hansen (questa seconda è l’unica definizione utilizzata legalmente dagli enti pubblici e statali italiani) è una malattia infettiva granulomatosa e cronica, causata dal batterio Mycobacterium leprae, che colpisce la pelle e i nervi periferici in vari modi e gradi, anche molto invalidanti. Un tempo molto pericolosa, negli anni ’40 del Novecento si è riusciti a trovare una cura efficace”.

Quanti sono i malati di lebbra nel mondo?

“Secondo i dati OMS pubblicati a metà settembre 2023 le persone diagnosticate nel corso dell’anno 2022 sono state 174.087, con un aumento del 23,8% rispetto al 2021 (140.594 persone). Al primo posto l’India con 103.819 casi, seguita dal Brasile (19.635 persone) e dall’Indonesia (12.441 persone), la cui somma corrisponde al 78,1% del totale dei casi nel mondo. Altri Paesi con un numero significativo di persone diagnosticate annualmente (superiore a 1.000) sono, in ordine alfabetico: Bangladesh, Etiopia, Filippine, Madagascar, Myanmar, Mozambico, Nepal, Nigeria, Repubblica Democratica del Congo, Somalia, Sri Lanka, Tanzania. Il 5,1% dei nuovi casi sono bambini, una percentuale ancora alta che dimostra come la catena di trasmissione sia ancora attiva e precoce. In crescita anche il numero delle persone che presentano gravi disabilità al momento della diagnosi (9.554 nel 2022, con un aumento del 12,8% rispetto all’anno precedente in cui erano  8.469 persone). Ciò indica che, ancora oggi, a causa della scarsa conoscenza dei sintomi della malattia all’interno delle comunità, delle difficoltà di accesso e della scarsa qualità dei servizi di trattamento, la diagnosi avviene tardivamente e in molti casi la persona colpita dalla malattia si presenta già con disabilità fisiche irreversibili”.

Papa Francesco ha definito la lebbra “uno stigma” che “continua a provocare gravi violazioni dei diritti umani in varie parti del mondo”.

“E’ così infatti. A causa della malattia, i malati di lebbra vengono discriminati e esclusi. Quindi il lavoro di AIFO nelle varie zone dove la lebbra è presente si preoccupa come prima cosa di curare la malattia. Ma il lavoro non finisce alla cura fisica. In un secondo momento, Aifo si impegna nella formazione, nel reinserimento sociale del paziente e nella lotta alla discriminazione all’interno della società in cui vive”.

La 71esima giornata mondiale dei malati di lebbra è “nessuno ai margini”: a quali ‘margini’ ci si riferisce?

“Ai margini in senso lato, non solo geografici ma anche e soprattutto economici e sociali. Alle ‘periferie’ citate dal Papa. Perché la lebbra è una malattia estremamente stigmatizzante, al pari delle altre malattie tropicali dimenticate”.

Cosa sono le malattie tropicali dimenticate e quali sono i punti in comune con la lebbra?

“La lebbra è una delle 20 malattie tropicali dimenticate o neglette (Neglected Tropical Diseases – NTDs). Patologie che ogni anno colpiscono più di un miliardo di persone nel mondo, causando disabilità e stigma. Nella lista figurano, oltre alla lebbra, anche la dengue, la leishmaniosi e la rabbia; ed altre meno note. Sono tutte malattie curabili che hanno cause comuni: povertà, mancanza di igiene e di alimentazione adeguata e sistemi sanitari locali molto deboli”.

 

Cosa è e come raggiungere l’obiettivo 3.0?

“Nella lotta alla lebbra, come Aifo realizziamo progetti che seguono le strategie dell’Organizzazione Mondiale delle Sanità (OMS) impegnandoci a raggiungere l’Obiettivo ‘Tre Zeri’, vale a dire: 0 Trasmissione (interrompere la catena di trasmissione della malattia), 0 Disabilità (fare diagnosi precoce, prima dello sviluppo delle disabilità) 0 Discriminazione (promuovere l’inclusione sociale delle persone colpite). Sono obiettivi cardine comuni a tutta la Federazione Internazionale ILEP che raccoglie tutte le associazioni che si occupano di lebbra e di malattie tropicali dimenticate. Al momento, si sta studiando anche la possibilità di un vaccino, ma attualmente il nostro è un lavoro mirato in primis alla prevenzione (per una diagnosi precoce in modo da limitare i danni gravi quali la disabilità e limitare al contempo la trasmissione) e la cura. Ma anche e soprattutto a creare quelle condizioni per una possibilità di vita migliore combattendo la causa principale di questo genere di malattie: la povertà”.

Vuole fare un appello finale?

“Il mondo ormai è diventato globale. Lo abbiamo chiaramente visto durante la pandemia da Covid-19. Tutto circola. Come circolano i virus, il mio invito è: cerchiamo di far circolare il bene! E’ ‘l’epidemia del bene’ di cui parlava Follereau. È la civiltà dell’amore in contrapposizione al risentimento, all’odio, alle disuguaglianze. Penso alle attuali situazioni di guerra in varie parti del mondo, a partire dall’Ucraina e dal Medio Oriente. Come sarebbe necessaria un’epidemia d’amore in tutta questa sofferenza! La soluzione è possibile. Come scriveva anni fa il cardinal Martini: ‘Ogni popolo guardi il dolore dell’altro e la pace sarà vicina’ [Verso Gerusalemme di Carlo Maria Martini, 2004, Ed Feltrinelli, ndr]. E’ proprio la comprensione della sofferenza dell’altro – malato, povero, in guerra, abbandonato o sofferente – l’unico modo per iniziare i percorsi verso una pace e una convivenza civile e duratura. E’ anche la sfida di AIFO: assicurare a ogni persona protezione, inclusione e salute. E ridurre le disuguaglianze sociali affinché nessuna persona viva più ai margini”.

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