I decessi nelle strutture italiane
I dati sul contagio da Covid-19 nelle strutture residenziali e sociosanitarie in Italia sono stati quelli che più di tutti hanno destato preoccupazione negli ultimi mesi. Un numero perennemente in salita e che tutt’ora continua a crescere. L’indagine dell’Istat è stata condotta su un campione di 1.082 strutture. Dal primo febbraio al 14 aprile 2020 in queste strutture ci sono stati in tutto 6.773 decessi tra i residenti e nel 40,2 per canto dei casi (ovvero 2.724 su 6.773) le morti sono avvenute con infezioni da Covid o per patologie simili all’influenza. 2.273 sono gli anziani milanesi contagiati dal Coronavirus. In Veneto si contato 391 vittime per Covid-19 tra le 330 case di riposo. Le città piemontesi contano 252 decessi avvenuti nelle Rsa, con il 40 per cento di contagiati fra gli operatori sanitari sottoposti a tampone e il 30 per cento di positività fra gli ospiti. Il Trentino accusa il colpo con 598 ospiti delle Rsa, risultati positivi al tampone. I numeri sono più contenuti nelle case di riposo di Bolzano, dove dall’inizio dell’emergenza i decessi sono stati 91 su 270 gli ospiti risultati positivi. In entrambe le zone, per fortuna, non ci sono morti. In Toscana ad oggi sono 168 le vittime per Covid nelle 322 Rsa. Le Marche contano 118 decessi nelle circa 300 Rsa rispetto ai 795 morti complessivi. In Umbria solo 2 decessi. Nel Lazio, invece, 43. In Puglia, in provincia di Lecce, a Soleto, sale il numero degli anziani deceduti nelle Rsa “La Fontanella” commissariata dall’Asl: il bilancio è di 14 morti. In Campania il bilancio sale a 15. Pure tra le 60 case di riposo del Molise si contano vittime anziane: 5 a Cercemaggiore e 2 ad Agnone. Anche la Calabria conta i suoi morti: 19 solo alla Domus Aurea di Chiaravalle (Catanzaro). In Sicilia sono in tutto 40 gli anziani morti tra Rsa e case di cura. In Sardegna, su 86 decessi da Coronavirus, più della metà sono avvenuti nelle case di riposo e per questo le procure di Cagliari e di Sassari hanno aperto un fascicolo. Il numero complessivo dei contagiati sull’isola è di 1.198, due terzi dei quali (789) concentrati nella provincia di Sassari e in massima parte tra gli ospedali e residenze per anziani.
La situazione nel mondo
Non destano meno preoccupazione i dati provenienti dalle Rsa dal resto del mondo: proprio di recente è tornato ad impennarsi il numero quotidiano di morti censito nel Regno Unito che ad oggi è il quinto paese ad avere il maggio numero di morti nelle case di riposo, insieme ad Italia, Spagna, Francia e Stati Uniti, nota la Bbc.
I dati dell’Inghilterra
Sono dati ufficiali quelli appena pubblicati dall’istituto statistico britannico (Office for National Statistics) che contraddicono le dichiarazioni di Boris Johnson, il quale ha definito sconfitto il virus. I dati dimostrano che la prima linea della battaglia britannica contro Covid-19 si è spostata dagli ospedali, dove ormai sono molti i letti vuoti, alle case di riposo dove, nelle ultime due settimane, i morti sono aumentati in modo molto significativo. L’Oms conferma oggi – grazie anche ai primi dati incorporati della “Care Quality Commission”, l’ente regolatore del settore – che i decessi negli istituti per anziani, in Inghilterra e Galles, hanno raggiunto un numero record. Duemila morti di Covid-19 nella settimana che è terminata il 17 aprile – occorrono undici giorni prima che il certificato arrivi all’Office for National Statistics –, il doppio rispetto ai sette giorni precedenti. Le proiezioni per la settimana successiva segnalano che il dato è salito ancora. Un aumento vertiginoso che si riflette nella statistica generali dei decessi che hanno superato i 22mila, sempre nella settimana che è finita il 17 aprile, il doppio della cifra per questo periodo dell’anno e il dato più alto dal 1993, quando si è cominciato a raccogliere questa statistica. “Un picco che sembra essere stato raggiunto e che segna l’inizio di una discesa”, hanno affermato fonti del governo: senza parlare dei decessi nelle case di riposo, in rapido aumento.
Spagna, 86 case di riposo sotto inchiesta
La testimonianza dall’Olanda
Gli ultimi dati registrano nuovi 120 morti per coronavirus in Olanda, per un totale di 4.409 decessi. Ma il dato potrebbe essere più alto di quello fornito dall’Istituto di sanità pubblica Rivm. Qui, particolare preoccupazione è causata dalle misure di prevenzione che non vengono sempre applicate nelle Case di riposo. “Mancano le mascherine, ci dicono. In realtà spesso ci impongono anche di non utilizzarle per evitare di incutere terrore agli ospiti della struttura – racconta Manuela, un’infermiera che lavora in una Casa di riposo a Breda, nei Paesi Bassi -, molti coordinatori infermieristici nei reparti della case di cura sono preoccupati perché il Ministro della Salute dice che la mascherina serve solo negli ospedali mentre nelle case di riposo si deve usare solo se c’è qualche caso acclarato o che manifesta sintomi. A lavoro utilizziamo solo i guanti come misura di prevenzione, per non far spaventare gli anziani, per evitare di far credere loro che noi siamo malati. Eppure Breda è una delle città con il più alto tasso di decessi dovuti al Coronavirus”. “Qui la vita va avanti come se nulla fosse, non sembrano particolarmente preoccupati – continua Manuela -. Le case di riposo sono chiuse alle famiglie, ma quotidianamente ci sono vari volontari che entrano in struttura per aiutare. Loro sono i primi a non adottare i Dpa, così come previsto in Italia e questa cosa fa davvero preoccupare. Anche qui si muore nelle strutture, sono tanti gli anziani affetti da questo virus che non riescono a superarlo e stiamo pagando la mancata tempestività del tutelarsi sin da subito. Nonostante ciò noi infermieri e assistenti socio sanitari cerchiamo di non far mai mancare il nostro sostegno agli ospiti per cercare di farli sentire meno soli”.
L’importanza dell’operatore socio sanitario nelle rsa in questo momento
“La figura dell’operatore socio sanitario nelle residenze sanitarie assistenziali e nelle case di riposo ha sempre avuto un ruolo importantissimo, per il legame umano che si crea con l’ospite, per la cura, l’amore e l’attenzione che gli dedica, perché in fondo è quello di cui ha bisogno una persona anziana – ha dichiarato Angelo Chiorazzo, fondatore della cooperativa Auxilium e vice presidente dell’Associazione Generale Cooperative Italiane -. Oggi, più che mai, dato il periodo che stiamo vivendo, la figura dell’infermiere, del medico e dell’operatore socio sanitario, dell’ausiliare, dell’addetto alle pulizie e di tutti coloro che si prendono cura degli anziani, delle persone fragili e degli ammalati, dedicando veramente la vita al prossimo, è diventata di fondamentale importanza per smorzare l’angoscia che può prendere i nostri ospiti, rispetto alla sfida con un nemico che non si conosce, dato che ad oggi ancora poco sappiamo di quello che succede e succederà nei prossimi mesi. Sono orgoglioso delle tante persone che lavorano per le cooperative, sono uomini e donne cooperatori del movimento cooperativo italiano per l’assistenza agli anziani, io li definisco sempre ‘l’Italia migliore’. Chi sceglie questo lavoro, in fondo, non lo fa solo per lo stipendio, questo lavoro rappresenta un po’ una missione, perché quando si sta in una casa di riposo o in una rsa, in questi luoghi della sofferenza e del dolore, ci si sta avendo sempre davanti la persona, che dev’essere come la persona a te più cara. Se non c’è questa cosa qui è bene che uno non faccia questo lavoro, perché sarà infelice lui e sarà infelice la persona che gli sta davanti”.
Gli anziani cosa chiedono e di cosa hanno bisogno
Le misure studiate per i prossimi mesi
“Oggi bisogna seguire le regole che sono state date dal governo. Bisogna indossare con la massima attenzione e cautela quelli che sono i dispositivi di protezione, cercando di non far mancare mai quel gesto di umanità che in questo momento è ancora più importante. Per i prossimi mesi sono già state progettate delle nuove misure di sicurezza che permetteranno ai familiari di tornare a riavvicinarsi ai propri cari. Noi di ‘Auxilium’ – ha continuato Chiorazzo – siamo stati tra i primi a chiudere, nonostante le polemiche dei familiari che all’inizio non capivano perché si chiudesse, mentre in altre strutture si poteva ancora accedere. Ciò è stato possibile solo grazie alla collaborazione degli operatori che da subito si sono resi disponibili nel cercare di creare dei ponti che tenessero in contatto famiglie e nonni. E così via con telefonini, tablet, pc e tutto ciò che la tecnologia mette a disposizione, grazie a questi abbiamo scoperto addirittura un momento di presenza maggiore. Prima, infatti, la visita poteva accadere una o due volte a settimana con massimo due parenti, oggi invece grazie alle numerose telefonate quotidiane un po’ tutta la famiglia riesce a dialogare con i nonni. Per un po’ di tempo dovremo abituarci a questo poi, quando sarà permesso di farlo in sicurezza, si riaprirà e riprenderanno le visite, ovviamente sempre con i sistemi di protezione. Per un po’ dovremo evitare gli abbracci e avere la cautela che è assolutamente necessaria”.