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Le asimmetrie economiche nell’Ue della pandemia

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“Da anni la Banca centrale europea cerca disperatamente di creare un po’ di inflazione- afferma a Interris.it l’ economista e senatore Alberto Bagnai-. Senza riuscire ad arrivare almeno almeno a quel 2% che essa stessa si è data come obiettivo. A questo scopo ha stampato quasi 3000 miliardi di euro. Ma i prezzi scendono, anziché salire, creando notevoli problemi”. Presidente fino a due mesi della Commissione Finanze del Senato, il professor Bagnai è il  responsabile del dipartimento Economia della Lega. Fiorentino di nascita. Romano per formazione (maturità al liceo classico Dante Alighieri e laurea in Economia alla Sapienza dove è stato allievo di Federico Caffé). Nella sua tesi di laurea era scolpita la sua vocazione: “Procedure per la stima e verifica di ipotesi econometriche“. Ribadita in quella di dottorato: “Sostenibilità e percorsi dinamici del debito pubblico in Italia”. Dal 2005 insegna Politica economica all’Università “Gabriele d’Annunzio” di Pescara e Chieti. E’ il fondatore dell’Associazione Italiana per lo studio delle asimmetrie economiche. Le sue ricerche analizzano gli squilibri dei conti pubblici nell’Eurozona e nell’economia globale e le relazioni fra il commercio internazionale e la crescita. E’ tra i più autorevoli studiosi dell’impatto dell’asimmetria delle regole europee sulla performance dell’economia italiana. Ha acquisito visibilità nel dibattito pubblicando nel 2012 un saggio dal titolo provocatorio: “Il tramonto dell’euro”, che ha venduto oltre 25.000 copie. La sua critica alla costruzione europea si è articolata anche su importanti riviste scientifiche internazionali.

Come valuta da economista la risposta europea alla crisi Covid? La ritiene capace di fornire un efficace soccorso alle fasce più deboli della popolazione?

“Temo di no. Nonostante la retorica sulla crisi ‘senza precedenti’, da affrontare con risposte ‘ambiziose’ e ‘poderose’, a me pare del tutto evidente che la dimensione economica della pandemia non sia stata ben intesa. E che le risposte restino circoscritte alla vecchia logica dell’austerità. Quella, per capirci, che dal 2007 al 2018 ha triplicato qui in Italia il numero di persone in condizioni di povertà assoluta. Portandolo da 1,7 a 5 milioni”.Può farci un esempio?

“Circa le dimensioni del fenomeno, l’impatto sull’anno in corso ovviamente non può ancora essere noto. Ma fa sinceramente sorridere chi paragona questa crisi alla crisi del 1929. Il crollo di Wall Street viene ancora assunto a paradigma di cataclisma epocale. Ma provocò qui in Italia una recessione di appena il -4,7%. Inferiore, per capirci, a quella del 2009 (-5,5%). Se, come pare, la recessione quest’anno sarà a due cifre (c’è chi l’ha stimata al -12%), saremo in presenza della terza recessione più grave della storia dell’Italia unita dopo quelle del 1943 e del 1944. Non devo spiegare ai lettori perché in quegli anni il Pil scese molto. Per restare alla più stretta attualità, cito un dato”.Quale?

“Andrebbe saputo che per trovare un dato di Pil trimestrale come quello annunciato per il secondo trimestre 2020 bisogna risalire al terzo trimestre del 1990. Un Pil trimestrale così basso lo avevamo trenta anni fa. I numeri ci dicono che il crollo di Wall Street in confronto al calvario che ci aspetta è una passeggiatina di salute”. Eppure, quella crisi tutto sommato minore rispetto a quanto stiamo vivendo mise tanta benzina nel motore dei totalitarismi novecenteschi”.Cioè?

“Nel dibattito italiano si sorvola sul fatto che certe dinamiche politiche furono alimentate dal ruolo di personaggi come Heinrich Brüning. Il ‘cancelliere dell’austerità’, con le sue politiche di tagli e sacrifici, spinse letteralmente il popolo tedesco in braccio a Hitler. Non può che suscitare un forte allarme vedere le stesse logiche ripresentarsi. Se pure, per il momento, ammantate di buone intenzioni. E in occasione di uno shock molto più forte”.A cosa si riferisce?

“E’ stato eloquente lo spettacolo di 27 leader che a sei mesi dall’inizio dell’emergenza litigano per quattro giorni su come raccogliere e distribuirsi i soldi. Fondi che arriveranno fra altri sei mesi (se va bene). Le ultime notizie sono che il salvataggio europeo arriverà col contagocce e verso la fine dell’anno prossimo. Le sfide della globalizzazione, fra cui rientrano a pieno diritto le epidemie, necessitano di rapidità e flessibilità di risposta. Non è aggiungendo alla burocrazia e alle polemiche italiane quelle europee che riusciremo a risolvere i nostri problemi”.Non poter avere le mani libere nel sostegno ai bisognosi aggrava la situazione italiana?

“Vorrei dire come occorrerebbe rispondere a una crisi epocale di queste dimensioni. La risposta dell’Europa è quella di consentire ai Paesi di indebitarsi in vari modi. Sono le sigle che i lettori conoscono: Bei, Mes, Sure, ecc.. Salvo dettare condizioni rigide su come le somme prestate debbano essere spese. E nelle condizioni si annidano tagli di pensioni, aumenti di imposte, diretti o indiretti. Ad esempio, attraverso la revisione delle rendite catastali, ecc.”.

Fonte: ANSA

Qual è l’alternativa a ciò?

“La sovranità monetaria andrebbe esercitata, finanziando direttamente con emissioni monetarie gli investimenti pubblici necessari per uscire dalla crisi. Si dice che i Trattati non lo consentono, ed è corretto. Tuttavia, gli espedienti tecnici per aggirare questo divieto esisterebbero, se ci fosse la volontà politica. Ma qui il punto è un altro. Evidentemente, i Trattati non prevedevano un evento simile. Siamo veramente sicuri di doverci inchinare a queste nuove Tavole della Legge? Nella loro prolissità (358 articoli di Trattato, senza considerare i protocolli) non riescono a tutelare chi si affida a loro”.Se neppure una pandemia scuote le convinzioni rigoriste delle istituzioni europee, non sarebbe lecito attendersi un ripensamento italiano?

“Non porrei la questione in termini esclusivamente italiani. Certi orientamenti di politica economica danneggiano tanto il Nord quanto il Sud. Se pure in forme diverse. Un esempio fra tanti. Proibiscono il finanziamento monetario degli investimenti pubblici. Intanto le regole europee consentono alla Banca centrale di spingere sotto zero i tassi di interesse. Ciò nella speranza di rianimare gli investimenti privati. Ma naturalmente in un mondo di tassi zero o negativi il sistema bancario va in forte sofferenza. E questo non riguarda solo noi, ma, per fortuna, anche e soprattutto i sistemi bancari francesi e tedeschi”.Cosa ne consegue?

“Dico (amaramente) per fortuna. Perché se così non fosse il nostro Paese sarebbe stato già spazzato via dalla crisi dello spread. Quella che Christine Lagarde, presidente della BCE, ha provocato, secondo alcuni scientemente, a metà marzo con dichiarazioni esplicitamente aggressive nei riguardi dei paesi ‘deboli’ dell’Eurozona. Salvo poi dover intervenire a smorzare l’incendio che stava travolgendo banche francesi. Ci sarebbe molto da dire sul perché un gruppo eterogeneo di Paesi si è riunito in un progetto politico che alla fine danneggia tutti”.

Qual è il suo suggerimento?

Forse una chiave di lettura sta nell’abbandonare la dimensione calcistica “Italia-Germania 4 a 3”. Per ragionare un po’ di più in termini di distribuzione del reddito fra gruppi sociali”.In che modo?

“I paesi sono tutti danneggiati, ognuno a modo suo, ma le classi sociali no. Le politiche di austerità non riguardano tanto la quantità, quanto la distribuzione del reddito. I tagli in re ipsa orientano la distribuzione verso la rendita finanziaria. Semplicemente perché creano disoccupazione che porta naturalmente a un abbattimento dei salari”.E gli effetti sociali?

“La depressione che stiamo vivendo è destinata a superare per ampiezza e durata la ‘Lunga depressione’ della fine del XIX secolo. Quella che motivò l’enciclica Rerum novarum, e, purtroppo, condusse successivamente ai moti di Milano del 1898. Un ripensamento sarebbe necessario. La storia ci insegna che difficilmente arriverà”.In piena pandemia vengono prima i vincoli di bilancio o le necessità dei cittadini?

“Secondo alcuni questa antitesi è mal posta. Per venire incontro alle necessità dei cittadini, si sente dire, il governo, come un buon padre di famiglia, deve risparmiare. Tuttavia  questo argomento, che convince emotivamente, non tiene né dal punto di vista logico, né da quello fattuale. Partendo dai fatti, le politiche di austerità ci hanno lasciato con più, non con meno debito. Dal 116% del Pil di fine 2011 al 129% di fine 2013. Un risultato che sembra paradossale, ma non lo è, proprio perché lo Stato non è come una famiglia”.

Fonte: ANSA

Dov’è la differenza?

“La decisione di una singola famiglia di tagliare una spesa (ad esempio, di rinunciare a una vacanza) non incide sulle proprie entrate. Ma su quelle di un’altra famiglia (ad esempio, quella dell’albergatore). Viceversa, quando taglia le proprie spese (di qualsiasi genere), lo Stato compromette in re ipsa le proprie entrate. Perché taglia direttamente o indirettamente i redditi dei cittadini. E quindi il gettito fiscale. Mi sia consentito un riferimento alle Scritture”.Quale?

“Le parole con cui San Paolo ci ricorda che ‘siamo membra gli uni degli altri’ per un economista hanno una risonanza particolare. Se la inquadriamo in modo olistico, cioè, semplicemente, in modo corretto, l’antitesi ‘rigore-necessità dei cittadini’ evapora. Non è possibile avere un bilancio sano senza una politica sociale equilibrata. Del resto, il dovere di protezione è il fondamento profondo della sovranità statuale moderna”.E’ una  questione di “mission”?

“Perde la sua ragion d’essere uno Stato che non protegga i cittadini. Che rinunci a tutelarne non solo il benessere economico, ma, chiudendo gli ospedali, perfino l’incolumità fisica. E su questo una riflessione occorrerà farla rapidamente. Prima che le tensioni economiche si scarichino sul tessuto della società lacerandolo in modo irrimediabile”.La generosa risposta europea di fronte alla pandemia non toglie forza alle tesi euroscettiche?

“Direi di no. Credo sia ormai chiaro a tutti che la prudenza nei riguardi dei ‘salvataggi’ europei era più che motivata. Come lo era stata nel 2011 l’opposizione alle politiche di austerità. Che oggi tutti deprecano ma allora quasi tutti sostennero. Il presidente Conte pochi giorni fa ha ricordato che i fondi del Meccanismo Europeo di Stabilità (Mes), dipinti da una certa propaganda come un generoso regalo, in realtà sono debito. I governi spagnolo e portoghese hanno dichiarato di non voler accedere ai prestiti del ‘recovery fund’. Che qui da noi sono dipinti come l’unica possibilità di finanziare la ripresa”.E invece?

“Ma perché indebitarsi con istituzioni che poi desiderano gestire la tua economia, quando oggi i mercati finanziano gli Stati a tassi generosi? Insomma, l’Unione Europea sta fallendo perché propone ai suoi stati membri una soluzione che questi possono praticare senza di lei: indebitarsi.”Ma scusi: e allora l’assegno da 209 miliardi con cui il presidente del Consiglio sarebbe tornato da Bruxelles?

“Per essere cortesi potremmo definirlo una eccessiva semplificazione giornalistica. Tutti gli strumenti di ‘salvataggio’ europei si basano su un principio. La Commissione Europea si indebita coi mercati. Affinché gli Stati membri possano indebitarsi con la Commissione Europea. Si dice che l’intermediazione della Commissione Europea permette di ottenere tassi di interesse più bassi. Intanto, però, il nostro Paese, mentre aspettava l’aiuto di Bruxelles, ha sostenuto un primo costo, decisivo. Quello dei ritardi. I 209 miliardi non si sono visti perché ancora non ci sono. E non ci sono perché ancora non ci si è messi d’accordo su come raccoglierli sui mercati e come distribuirli agli Stati membri. Una risposta veramente ambiziosa sarebbe stata possibile, ma non si è voluto praticarla”.Quale sarebbe stata, secondo lei? E perché non la si è voluta adottare?

“Quella proposta da governi come quello spagnolo, da economisti come Francesco Giavazzi, e qui in Italia sostenuta solo dalla Lega. Emettere titoli di stato a lunghissima scadenza, o addirittura perpetui, e collocarli presso la Bce. Finanziando di fatto con moneta, anziché con debito, le misure di emergenza e la ripresa dell’economia. Questa sarebbe stata una risposta veramente ‘europea’. Nel senso che avrebbe offerto ai singoli Stati membri una opportunità che da soli non avrebbero avuto”.La Bce in effetti sta intervenendo

“Certo, ma l’intervento è solo indiretto. Si limita riacquistare dagli operatori i normali titoli emessi dagli Stati. L’idea di rendere immediatamente disponibili risorse tramite l’acquisto diretto di titoli non rimborsabili è sembrata troppo estrema al decisore politico. Diciamo che si arriverà comunque a qualcosa di simile. Ma dopo inutili tentennamenti. E soprattutto dopo aver attirato nella trappola di un indebitamento insostenibile alcuni Paesi. Del resto, deve essere chiaro che senza una disponibilità praticamente illimitata della Bce ad acquistare i titoli emessi, neanche il recovery fund riuscirà a finanziarsi”.Ma la Bce dove trova tutti questi soldi?

La Bce, come qualsiasi banca centrale, ha un potere virtualmente illimitato di creazione di moneta. Gli acquisti di titoli di Stato avvengono semplicemente creando moneta. Come ha confermato in audizione la Banca d’Italia pochi giorni fa. Non esiste alcun limite fisico. Molti lo ignorano. Ma è dalla festa dell’Assunta del 1971 che la circolazione monetaria è definitivamente svincolata dalle riserve auree. Fu Nixon a decidere che il dollaro non sarebbe stato più convertibile in oro”.

E da allora?

“Da allora tutte le valute mondiali circolano a corso legale. Non in virtù del loro valore intrinseco. Ma in virtù del potere liberatorio che la legge attribuisce loro”.Ma allora la soluzione del problema della povertà e dell’esclusione sociale è a portata di mano: basterebbe stampare moneta e inviare a ogni cittadino un bell’assegno da 10.000 euro ogni mese…

“Apprezzo la provocazione. E’ utile a spiegare perché non funziona così. Se venissimo tutti pagati per non lavorare, nessuno produrrebbe. E quindi i prezzi dei pochi beni rimasti sugli scaffali schizzerebbero alle stelle. Il problema della povertà e dell’esclusione sociale non si risolve con la beneficenza. Ma creando lavoro. E quando paura e mancanza di liquidità bloccano gli investimenti privati, occorre rilanciare l’economia con investimenti pubblici. Che possono essere finanziati con debito o moneta. La decisione politica di creare moneta urta contro un limite economico”.Ossia?

“Esagerando si rischia di creare tensioni inflazionistiche. Del resto, il divieto di finanziare gli investimenti pubblici con moneta, adottato in Italia nel 1981 e poi sancito nel 1992 dal Trattato di Maastricht, rispondeva appunto a un’esigenza. Quella di combattere l’inflazione. E aveva senso in un mondo che non c’è più dal 1985: quello dell’inflazione a due cifre. Oggi il problema è opposto”.Ma se percepisco un reddito medio-basso, il fatto che i prezzi scendano non mi avvantaggia?

“Ah, certo, il primo mese sì. Ma poi il produttore che è costretto a vendere a prezzi decrescenti deve abbattere i costi. E il primo costo variabile su cui si abbatte la scure è quello del lavoro. In tempi di deflazione strisciante come i nostri, chi ha redditi medio-bassi è più facile che torni dal lavoro col portafoglio vuoto, che dal supermercato col carrello pieno”.Quindi l’Europa non è cambiata?

“Non è cambiata perché non esiste. Sbarazziamoci dell’idolatria. La signora Europa, che drappeggiandosi in un panno ceruleo e ci protende una cornucopia colma di miliardi, semplicemente non esiste. Esiste invece l’Unione Europea. Un progetto politico di cui molti riconoscono la disfunzionalità”

Cosa non va?

“L’eccessivo peso burocratico. La tendenza intrinseca a imporre politiche di austerità. L’incapacità di gestire in modo unitario e in tempi rapidi le sfide della globalizzazione. I progetti politici non sono signorine di buona famiglia che ‘cambiano idea’ o ‘si pentono’ perché turbate da qualche avvenimento. I progetti politici evolvono in risposta a dinamiche oggettive, a correnti culturali e storiche profonde. Sospinti da interessi economici costituiti. Condizionati dalla psicologia delle masse. La gestione dell’inevitabile crisi europea, fin dai primi anni Dieci di questo secolo, ha posto le basi perché un vero cambiamento del progetto fosse precluso”.In che modo?

“Semplice. Addossando ai popoli del Sud la colpa della crisi, per consolidare il proprio consenso a casa loro, le élite del Nord hanno sbarrato la strada a qualsiasi soluzione solidale e cooperativa della crisi. Non puoi chiedere ai tuoi elettori di venire incontro a popoli che hai dipinto come corrotti, straccioni e nullafacenti. E questo spiega un interessante sviluppo. Mentre in Italia i media compatti ci raccontano che dall’Ue abbiamo avuto solo benefici, al Nord politici di spicco dichiarano senza alcun pudore che il nostro Paese è stato danneggiato, e i loro Paesi avvantaggiati, dal progetto europeo e dalla moneta unica”.

Una donna indossa la mascherina all’aeroporto Heathrow di Londra – Foto © Hannah McKay per Reuters

Chi è stato?

“Lo ha fatto il governatore della Banca centrale olandese, Klaas Knot, in una lectio magistralis tenuta il primo settembre scorso. Lo aveva fatto il 15 giugno scorso Alexander de Croo, allora vicepremier e dal primo ottobre premier belga, e così via”.Ma perché esponenti di spicco dei paesi “forti” confessano di aver beneficiato della situazione?

“Ah, certo non nel nostro, ma nel loro interesse, come è giusto che sia. Sperano così di riaprire quello spazio politico che hanno chiuso quando parlavano delle ‘cicale del Sud’. Ora il racconto sta diventando: ‘non sono cicale, sono stati danneggiati dall’euro, aiutiamoli, ma, naturalmente, chiediamogli di fare riforme’! Di fatto, il recovery fund, per le modalità con cui verrà distribuito, sarà il veicolo di un’ulteriore aggressione alle nostre case e alle nostre pensioni. Lo si evince chiaramente dalle carte”.Cioè?

“I prestiti verranno accordati se il Paese si atterrà alle raccomandazioni della Commissione Europea. E, nonostante le poco convincenti smentite di Gentiloni, in queste raccomandazioni è chiesto di innalzare la base imponibile dell’Imu e di riformare ulteriormente le pensioni”.Se neppure una pandemia scuote le convinzioni rigoriste delle istituzioni europee, non sarebbe lecito attendersi un ripensamento italiano?

“Certo è strano assistere a ripensamenti in tutti i Paesi europei (da quelli del Nord che confessano di averci dato una fregatura, a quelli mediterranei che si rifiutano di accedere all’ennesimo salvataggio-capestro), tranne che nel nostro! C’è materia per numerosi testi di antropologia, sociologia e storia. Ma di queste materie non sono competente”.Cosa dicono i numeri?

“Le ultime statistiche dell’Eurobarometro ci dicono che mentre il governo italiano resta nella sua postura subalterna, gli italiani che nutrono dei dubbi verso l’Ue sono la maggioranza. E sono in crescita. Sarebbe auspicabile che nelle sedi internazionali il governo si facesse interprete anche delle esigenze di questi cittadini. Ma di questo non vedo traccia. Vedo invece affermarsi subdolamente l’idea che i diritti politici vadano graduati, insomma, che solo chi pensa e vota ‘bene’ abbia diritto di voto. Questa deriva mi preoccupa molto”.

Giacomo Galeazzi: