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Laporta (ISPRA): “Le conseguenze della perdita di suolo in Italia”

Il suolo è un bene prezioso spesso sottostimato. E’ fondamentale per contrastare i cambiamenti climatici e gli eventi meteorologici estremi, per assicurare la biodiveristà e l’approvvigionamento alimentare. La crescente cementificazione però rischia di corrodere questo patrimonio che va calando in quantità ogni anno.

Il consumo di suolo in Italia

Gli edifici aumentano costantemente. “Oltre 1.120 ettari in più in un anno distribuendosi tra aree urbane (32%), aree suburbane e produttive (40%) e aree rurali (28%)”. Lo denuncia il Rapporto “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” a cura del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (SNPA) [qui il rapporto completo, ndr].

L’edizione 2022 del Rapporto fornisce il quadro aggiornato dei processi di trasformazione del nostro territorio, che continuano a causare la perdita di una risorsa fondamentale, il suolo, con le sue funzioni e i relativi servizi ecosistemici.

Nell’intervista di Interris.it con il presidente dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), Stefano Laporta, approfondiamo le conseguenze della costante perdita di suolo in Italia e le possibili soluzioni.

Il presidente dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), Stefano Laporta

L’intervista a Stefano Laporta di Ispra

Qual è il ruolo e l’importanza di ISPRA per l’Italia?

“Gli ultimi due sono stati anni complessi per il nostro Paese come per il mondo intero; la pandemia ancora in corso ci ha richiamato ad un rinnovato impegno e alle nostre responsabilità di cittadini e di chi opera nella ricerca pubblica sui temi ambientali. Sono gradualmente aumentate la sensibilità e l’attenzione verso i temi ambientali, anche grazie alle attività di sensibilizzazione e di Citizen Science che l’Ispra ha voluto promuovere e portare avanti. Le attività dell’Istituto sono concentrate sull’impegno nell’affrontare le sfide globali della sostenibilità, soprattutto quelle che ci vengono dettate dal PNRR. Per il Paese e per il mondo intero occorre attuare un radicale mutamento di contesto, fare una riflessione sulle diverse sfide che il PNRR ci chiede di affrontare, sfide che passano attraverso modelli di vita che dovranno necessariamente essere ispirati alla sostenibilità, all’equilibrio tra ambiente e salute e alla capacità di saper gestire le non infinite risorse che ci offre la natura; il contributo che in questa direzione può offrire l’Ispra è quello di creare conoscenze per i decisori pubblici e per i cittadini, per incrementare la consapevolezza e creare un più stretto rapporto tra mondo della ricerca e vita quotidiana. In linea con quanto fatto fino ad oggi, l’Istituto garantisce il proprio supporto alle altre Istituzioni e si pone come strumento tecnico e tecnico-scientifico autorevole e terzo per monitorare, misurare e valutare gli impatti delle misure del PNRR, per la transizione digitale, ecologica e per lo sviluppo sostenibile e il benessere economico e sociale. Ritengo fondamentale garantire ai cittadini un sistema di controlli pubblici ambientali che, proprio nell’ambito del PNRR, giocano un ruolo decisivo per una reale ripartenza del Paese; l’Ispra, insieme alle Agenzie Regionali e Provinciali per la protezione dell’Ambiente, offrono un sistema di controlli all’avanguardia e in linea con quanto stabilito a livello europeo”.

Quali sono i dati principali contenuti nel rapporto “Consumo di suolo. Dinamiche territoriali e servizi ecosistemici”?

“Il rapporto ‘Consumo di suolo. Dinamiche territoriali e servizi ecosistemici 2022‘ fornisce il quadro aggiornato dei processi di trasformazione del nostro territorio, che continuano a causare la perdita di una risorsa fondamentale qual è il suolo, con le sue funzioni e i relativi servizi ecosistemici. I dati aggiornati, prodotti a scala nazionale, regionale e comunale, sono in grado di rappresentare anche le singole trasformazioni individuate con una grana di estremo dettaglio, grazie all’impegno del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA), in un lavoro congiunto di monitoraggio. Riprende il consumo di suolo nel 2021, superando la soglia dei 2 metri quadrati al secondo e sfiorando i 70 chilometri quadrati di nuove coperture artificiali in un anno, il valore più alto degli ultimi 10 anni. E’ un ritmo non sostenibile che dipende anche dall’assenza di interventi normativi efficaci in buona parte del Paese o dell’attesa della loro attuazione e della definizione di un quadro di indirizzo omogeneo a livello nazionale”.

Quali sono le principali criticità evidenziate nel monitoraggio?

“Il monitoraggio di quest’anno conferma la criticità del consumo di suolo nelle zone periurbane e urbane, in cui si rileva un continuo e significativo incremento delle superfici artificiali, con un aumento della densità del costruito a scapito delle aree agricole e naturali, unitamente alla criticità delle aree nell’intorno del sistema infrastrutturale, più frammentate e oggetto di interventi di artificializzazione a causa della loro maggiore accessibilità e anche per la crescente pressione dovuta alla richiesta di spazi sempre più ampi per la logistica”.

In quali aree 
si concentrano i cambiamenti più rilevati?

“I cambiamenti maggiormente rilevati nell’ultimo anno si concentrano in alcune aree del Paese, rimanendo particolarmente elevati in Lombardia (con 883 ettari in più di superfici artificiali), in Veneto (+684 ettari, anche se, in questa regione, con una tendenza al rallentamento), Emilia-Romagna e Piemonte. La Valle d’Aosta è la regione con il consumo inferiore, ma aggiunge comunque più di 10 ettari alla sua superficie consumata. Il fenomeno rimane molto intenso nelle aree di pianura, lungo le coste e nelle principali aree metropolitane”.

In quale zona è stata registrata la maggior densità di cambiamenti?

“La maggior densità dei cambiamenti è stata registrata quest’anno entro un chilometro dal mare e nelle città e nelle zone urbane e periurbane dei principali poli e dei comuni di cintura, in particolare dove i valori immobiliari sono più elevati e a scapito, principalmente, di suoli precedentemente agricoli e a vegetazione erbacea, anche in ambito urbano. I dati confermano l’avanzare di fenomeni quali la diffusione, la dispersione, la decentralizzazione urbana da un lato e, dall’altro, la densificazione di aree urbane, che causa la perdita di superfici naturali all’interno delle nostre città, superfici preziose per assicurare l’adattamento ai cambiamenti climatici in atto”.

Urbanizzazione a Dubai

La popolazione cala ma l’urbanizzazione aumenta. Può spiegarci questo apparente controsenso?

“Negli ultimi anni, sono stati molto evidenti alcuni processi legati all’infrastrutturazione del territorio e alla realizzazione di opere di interesse nazionale e regionale. Solo le ‘grandi opere’ hanno contribuito per il 5% del consumo di suolo dell’ultimo anno. Inoltre, in 12 mesi, ben 323 ettari sono stati destinati a nuovi poli logistici, prevalentemente nel Nord-Est (105 ettari) e nel Nord-Ovest (89 ettari). Si può citare anche il contributo del fotovoltaico a terra, anche se le nuove istallazioni a terra fotografate dal SNPA nel 2021 sono state poche (70 ettari), gli scenari futuri prevedono un importante aumento nei prossimi anni, stimato in oltre 50 mila ettari, circa 8 volte il consumo di suolo annuale e, comunque, ad oggi sono oltre 17 mila ettari quelli occupati da questo tipo di impianti.
 E’ così che il suolo consumato pro capite aumenta in Italia nel 2021 di 3,46 m2/ab e di 5,46 m2/ab rispetto al 2019 con un trend in crescita. Si passa, infatti, dai circa 349 m2/ab nel 2012 ai circa 363 m2/ab di oggi”.

Cementificazione ed eventi climatici estremi. Quale rapporto?

“Nel momento in cui il suolo viene coperto artificialmente si assiste, spesso, a un elevato grado di impermeabilizzazione, che non consente al suolo di trattenere le acque meteoriche e di assicurarne l’infiltrazione. Aumenta lo scorrimento superficiale e, di conseguenza, la pericolosità idraulica. Basti pensare che le aree perse in Italia dal 2012 avrebbero garantito l’infiltrazione di oltre 360 milioni di metri cubi di acqua di pioggia che ora, scorrendo in superficie, non sono più disponibili per la ricarica delle falde e aggravano la criticità dei nostri territori. Nello stesso periodo, la perdita della capacità di stoccaggio del carbonio di queste aree (oltre tre milioni di tonnellate) equivale, in termini di emissione di CO2, a quanto emetterebbero più di un milione di autovetture con una percorrenza media di 11.200 km l’anno tra il 2012 e il 2020: un totale di oltre 90 miliardi di chilometri percorsi, più di 2 milioni di volte il giro della terra”.

Qual è il danno economico della perdita di suolo in Italia?

“Il consumo di suolo recente produce anche un danno economico potenziale che supera i 3,6 miliardi di euro ogni anno, a causa della perdita dei servizi ecosistemici del suolo. La stima arriva a superare gli 8 miliardi di euro l’anno se si considera il consumo di suolo degli ultimi 15 anni (2006-2021).
 Considerando i costi annuali medi dovuti alla perdita di servizi ecosistemici, sia per la componente legata ai flussi, sia per la componente legata allo stock, si può stimare, se fosse confermata la velocità media 2012-2021 anche nei prossimi 9 anni e quindi la crescita dei valori economici dei servizi ecosistemici persi, un costo cumulato complessivo, tra il 2012 e il 2030, compreso tra 78,4 e 96,5 miliardi di euro”.

In conclusione, quali soluzioni propone ISPRA?

“Contenere il consumo di suolo, per raggiungere presto l’obiettivo europeo del suo azzeramento, è la premessa per garantire una ripresa sostenibile dei nostri territori attraverso la promozione del capitale naturale e del paesaggio, la riqualificazione e la rigenerazione urbana e l’edilizia di qualità, oltre al riuso delle aree contaminate o dismesse. Per questo obiettivo sarà indispensabile giungere presto all’approvazione di una nuova legge nazionale per l’arresto del consumo di suolo che, purtroppo, non è arrivata neanche in questa legislatura che ormai volge al termine. Allo stesso tempo, sarebbe necessario fornire ai Comuni e alle Città Metropolitane indicazioni chiare e strumenti utili per rivedere anche le previsioni di nuove edificazioni presenti all’interno dei piani urbanistici e territoriali già approvati. In questo quadro, lo sforzo del SNPA con il Rapporto si pone come punto fermo, fornendo un supporto conoscitivo autorevole per l’impostazione e la definizione di un efficace nuovo quadro normativo e per un maggiore orientamento delle politiche territoriali verso la sostenibilità ambientale e la tutela del paesaggio”.

Milena Castigli: