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L’anedonia musicale e il rischio di discriminare chi non ama le sette note

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L’anedonia musicale è la specifica incapacità, diffusa da sempre e a carattere mondiale, di provare piacere nell’ascoltare qualsiasi tipo di musica. Non è correlata a una particolare patologia umorale né a scelte anticonformistiche, di snobismo o di distacco sociale. Il fatto di non provare emozione nell’ascolto di una canzone non deve, infatti, essere collegato, come avveniva in precedenza, a forme di depressione o di disturbi neurologici. Stimata fra il 3 e il 5% della popolazione (fonte Ansa), la persona affetta da anedonia musicale ha delle aree del cervello, in particolare uditive, un po’ più pigre. Non si tratta, comunque, di una malattia.

Questione di attitudini

Anche la definizione di “disturbo” può risultare un po’ pesante, per questi soggetti, per nulla privati dell’udito ma dotati di una diversa distribuzione cerebrale di ricompensa. Non costituisce eresia accettare la realtà di un linguaggio, quello musicale che, per quanto universale, democratico ed egualitario, possa non coinvolgere ogni essere umano della Terra. “La musica aiuta a non sentire dentro il silenzio che c’è fuori” affermava Johann Sebastian Bach. Non bisogna cadere, tuttavia, nell’assioma della persona che ama la musica come sensibile e profonda, al contrario dell’impassibile, gelido, apatico individuo che non la segue, non ne trae beneficio o soddisfazione. “Chi canta prega due volte” è il celebre pensiero di Sant’Agostino. Si tratta di una questione di attitudini e di propensione, come si può essere più versatili verso la matematica, le materie umanistiche, il disegno. La combinazione di più suoni può essere di grande riflessione e curiosità per un amante della musica mentre può essere percepito come un semplice flusso di rumore da parte di altri.

L’amusico

L’amusia è fattispecie diversa, riguarda dei soggetti (dalla rivista Focus stimati al 4% della popolazione) che, pur non essendo stonati, non riescono a distinguere un tipo di melodia da un’altra completamente diversa. È conclamata l’incapacità di percepire suoni e differenze fra stili musicali. L’origine è traumatica o genetica. L’amusico, rispetto all’anedonia musicale, può arrivare sino a odiare la musica; si ravvisa un discorso patologico, riguardante la parte destra dell’emisfero del cervello, con un diverso percorso di trasmissione dei dati provenienti dall’orecchio. In un mondo dove la musica fa socializzare, dà benessere, felicità, arricchisce culturalmente, crea miti e un enorme giro di affari (sebbene frenato temporaneamente dal COVID-19) ci sono persone, dunque, che ne sono esenti.

I numeri

Per farsi un’idea, in tempi precedenti alla pandemia (il 3 aprile dello scorso anno), la Siae precisava: “Per il quarto anno consecutivo il mercato discografico continua a crescere, facendo registrare nel 2018 un incremento del 9,7%. È quanto emerge dai dati del Global Music Report 2019 di Ifpi, l’International Federation of the Phonographic Industry che rappresenta l’industria discografica a livello mondiale. Nello scorso anno i ricavi totali sono stati di 19,1 miliardi di dollari”. Nell’estratto italiano del 2019, l’Ifpi riporta dati molto interessanti. Ogni italiano investe 16,3 ore ogni settimana nell’ascolto di musica (pari a oltre 2,3 ore al giorno o a 46 canzoni di media durata). Il 59% degli italiani si dichiara amante o fanatico della musica.

L’ascolto avviene (in tema di risposte multiple) maggiormente in automobile (76%), in relax a casa (63%), in solitudine (49%), durante le faccende domestiche (47%) e nel tragitto casa-lavoro (43%). La fascia di età 16/24 anni predilige il pop e relega in ultima posizione il cantautorato. I giovani tra i 25/34 anni insistono sul pop e non amano l’hip-hop/trap. La classe 35/44 è per il pop italiano e non per la dance/house. I mezzi privilegiati per ascoltare la musica sono: l’inestinguibile radio al 37% (cattura per 5,5 ore settimanali), lo smartphone per il 22%, il computer 16% e il giradischi 10%.

In materia di concerti, la Siae, il 7 febbraio scorso, per i top 100 live del 2019 ha affermato: “I concerti di musica leggera continuano a vivere un periodo positivo. La crescita del numero di biglietti e dell’incasso al botteghino confermano l’importanza del settore anche nell’anno che si è chiuso da poco. I biglietti sfiorano il tetto degli 11 milioni con un incremento del 2,88% rispetto al 2018, mentre la spesa al botteghino cresce dell’1,87% superando i 372 milioni di euro”. Tali dati, seppure compromessi, ora, dalle conseguenze del Coronavirus, offrono un quadro di quanto la musica sia importante e presente nella vita quotidiana degli italiani.

Anedonia ed emarginazione

Anedonia, in generale, significa mancanza di piacere. In un mondo che offre moltissime possibilità di interessi, di passioni e svago, è pur comprensibile che alcuni non siano particolarmente attratti dalla musica o che possano rimanere per molte ore senza ascoltarla, facendo storcere il naso, ovviamente, a coloro che non riescono a vivere senza. Chi ne “soffre” non ha squilibri psicologici, è solo infastidito da chi si meraviglia e non comprende tale mancato piacere per la musica; la “difficoltà” (associata a sottile disparità), infatti, specie per i giovani, è la scarsa capacità di accettazione da parte degli altri, dei coetanei. Il grosso rischio, per i ragazzi, è quello di essere discriminati, di non essere ammessi nel novero e nell’omologazione di chi segue mode, tendenze, note di novelli e presunti miti della musica contemporanea. Anche per l’amusia, il soggetto è considerato un disadattato. Va considerato, poi, come tra gli amanti stessi della musica, c’è chi ha interesse limitato solo ai propri generi e non prova piacere (anzi, avverte fastidio) nell’ascoltare gli altri. Una stessa canzone produce effetti, sensazioni ed emozioni diverse presso una qualsiasi platea di ascoltatori.

Un veicolo di cultura

La musica rappresenta un indiscutibile e insostituibile veicolo di cultura, valori e socialità; altrettanto rispetto meritano, tuttavia, quelle persone che non ne sono particolarmente coinvolte. Ognuno giunge a un proprio traguardo cerebrale di ricompensa in modo personale, con diverse finalità, percorsi e obiettivi; ciascuno è una persona, non c’è omologazione in questo. Occorre fare chiarezza e ribadire, fortemente, come anedonia musicale e amusia non possano costituire elemento di derisione e di emarginazione da parte del “gruppo”, sino a far sentire il soggetto che ne “soffre” quale diverso e ultimo.

Marco Managò: