Nell’ordinamento italiano il diritto all’immagine rappresenta una delle espressioni del diritto alla riservatezza, che garantisce ad ogni individuo uno spazio di riserbo relativamente a tutte quelle caratteristiche della propria personalità che non intende divulgare a terzi. Il diritto alla riservatezza, pertanto, esprime la legittima aspettativa di ciascun individuo di non essere oggetto di interferenza da parte di terze persone, circa quelle caratteristiche personali, intime ed interiori che compongono la propria personalità. Per immagine si intende la rappresentazione visiva delle sembianze della persona, cioè la riproduzione grafica delle sue fattezze.
Quanto conta l’immagine
Il diritto all’immagine nell’ordinamento italiano
“Il diritto alla privacy è tutelato dal combinato disposto dagli art 14 e 15 della Costituzione. La prima norma introduce una protezione per il domicilio delle persone, stabilendo che ivi non si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri, se non nei casi e nei modi stabiliti dalla legge. L’art 15 Cost. garantisce la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, considerate inviolabili. Nel 2003 è stato poi introdotto il CD. codice della privacy – legge 96 del 2003 – che tra l’altro tutela qualunque forma di espressione delle idee personali di un soggetto estendendo il proprio ambito di protezione anche alla riproduzione e alla diffusione dell’immagine di un individuo. Così è la legge stessa che si preoccupa di individuare quali sono quelle ipotesi all’interno delle quali anche senza il consenso dell’avente diritto è ammessa e legittima la diffusione dell’immagine altrui, ossia laddove vi siano ragioni di interesse pubblico. Su questa disciplina è poi intervenuto il Regolamento Europeo n. 679 del 2016 – divenuto famoso con l’acronimo GDPR General data protection regulation – entrato vigore solo nel 2018. Il regolamento efficace in tutti gli stati dell’unione europea ha introdotto una disciplina armonizzata della circolazione dei dati non basata più esclusivamente sul consenso dell’interessato al trattamento ma sulla protezione di quest’ultimo mediante il controllo dell’utilizzo dei dati”.
“La diffusione dell’immagine di un soggetto presuppone il consenso dell’interessato. Tuttavia vi sono ipotesi in cui diffondere un’immagine altrui senza consenso è reputato comunque lecito. Quando ad esempio l’immagine è di una persona nota al pubblico, come un attore, o riveste un ufficio o un incarico pubblico; quando l’immagine si riferisce a fatti o avvenimenti di interesse pubblico o quando la diffusione dell’immagine risponda ad una esigenza di giustizia, polizia, scientifica o didattica. Bisogna in ogni caso considerare che la pubblicazione di immagini in modo illecito può dar luogo a fattispecie di reati quali la diffamazione o il trattamento illecito di dati”.
“La satira, pur trattandosi di un fenomeno letterario antico, sconta tuttavia una complessa stratificazione etimologica e storica. Nell’uso corrente è un genere espressivo che, con testi e/o immagini, ridicolizza, deride o sbeffeggia persone, istituzioni o comportamenti (dei singoli o dei gruppi) suscitando ilarità e al contempo provocando un qualche tipo di riflessione più approfondita su quegli argomenti. Lo scopo della satira è far sì che l’ascoltatore, attraverso l’effetto comico, arrivi a ragionare con lo spirito critico su ciò su cui verte l’attività satirica. La libertà di satira è uno dei corollari della libertà di manifestazione del pensiero tutelata dall’art 21 della Costituzione e reputata uno dei tratti qualificanti delle società moderne democratiche e liberali. In ogni caso il diritto di satira non è privo di limiti che sono stati puntualmente indicati dalla giurisprudenza della Corte Cassazione. Secondo la Corte di legittimità la satira non può ad esempio constare in forme espressive inutilmente aggressive e disonorevoli né può constare nell’attribuzione – non veritiera – a personaggi pubblici di condotte illecite o moralmente riprovevoli, generando cosi nella pubblica opinione disinformazione”.
La satira dopo Charlie Hebdo
La satira in quanto manifestazione del diritto di critica e più in generale della libertà di manifestazione del pensiero costituzionalmente tutelata (art 21) ha avuto una recente rinascita, come oggetto di discussione e dibattito, a fronte di tragedie che hanno scosso l’opinione pubblica. Il 7 gennaio 2015 alle ore 11.30 ci fu un attacco terroristico contro la sede del giornale satirico Charlie Hebdo, a Parigi. Attentato terroristico con il più alto numero di vittime dopo l’attentato che poi si è avuto il 13 novembre dello stesso anno al teatro Bataclan, allo Stade de France e in alcuni ristoranti. Le impietose vignette del periodico Charlie Hebdo hanno rilanciato una questione che riguarda l’inevitabile conflitto di uno dei due interessi contrapposti: quello dell’autore della satira e quello della persona o della comunità oggetto della satira. La satira deve far riflettere ma non deve essere offensiva, purtroppo Charlie Hebdo ha pagato, con fin troppo sangue versato, questo errore.