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La tutela dell’immagine e il diritto di satira dopo Charlie Hebdo

Tante volte si parla di lesione dell'immagine, il confine è labile tra i diritti e i doveri dell'effigiato. Interris.it ha incontrato l'Avvocato Rita Tuccillo per capire quali sono le norme che tutelano il cittadino in questo campo.

Informazione e diritto all’immagine: quante volte se ne sente parlare? In quanti e quali casi viene violata la privacy se ritratti senza il proprio consenso?
Nell’ordinamento italiano il diritto all’immagine rappresenta una delle espressioni del diritto alla riservatezza, che garantisce ad ogni individuo uno spazio di riserbo relativamente a tutte quelle caratteristiche della propria personalità che non intende divulgare a terzi. Il diritto alla riservatezza, pertanto, esprime la legittima aspettativa di ciascun individuo di non essere oggetto di interferenza da parte di terze persone, circa quelle caratteristiche personali, intime ed interiori che compongono la propria personalità. Per immagine si intende la rappresentazione visiva delle sembianze della persona, cioè la riproduzione grafica delle sue fattezze.

Quanto conta l’immagine

Oggi il linguaggio delle immagini è il più potente ed efficace perché bypassa i concetti e rende istantaneamente i contorni di ciò che raffigura. La comunicazione avviene quasi esclusivamente per immagini. Non solo attraverso fotografie, alla portata di tutti come qualsiasi parola, ma attraverso la stessa forma della parola scritta, le schermate dei siti, le icone delle infinite app. La circolazione di foto e filmati ha rafforzato l’errata convinzione che ogni utilizzo tecnicamente possibile sia anche lecito. Di conseguenza, per orientarsi nel corretto utilizzo delle immagini è necessario fare riferimento a diverse categorie di norme.

Il diritto all’immagine nell’ordinamento italiano

Nell’ordinamento italiano il diritto all’immagine rappresenta una delle espressioni del diritto alla riservatezza, che garantisce ad ogni individuo uno spazio di riserbo relativamente a tutte quelle caratteristiche della propria personalità che non intende divulgare a terzi. Ai fini di un’analisi della disciplina del diritto all’immagine è fondamentale ricostruirne la sua genesi e Interris.it lo ha fatto con l’avvocato Rita Tuccillo, docente a contratto in diritto dell’informazione digitale all’università degli studi della tuscia. “Il linguaggio dell’immagine è più potente ed efficace perché è in grado di prescindere da concetti e parole e rendere istantaneamente i contorni di ciò che raffigura. L’immediatezza di tale forma di linguaggio è oggi rafforzata dall’uso della tecnologia, ove la comunicazione avviene quasi esclusivamente per immagini: basti pensare al successo delle icone su pc o delle emoticons per esprimere stati d’animo. La circolazione di foto e filmati ha indotto l’errata convinzione che ogni utilizzo tecnicamente possibile sia anche lecito. A porre un argine alla indiscriminata diffusione di immagini è la disciplina a tutela della privacy dettata dall’ordinamento e che rinviene nell’art 10 del C.C. (relativo all’abuso dell’immagine altrui) e nella legge 633 del 1941 sulla protezione del diritto d’autore, i suoi principi basilari”.
Qual è la differenza tra il diritto europeo ed italiano per la protezione della Privacy?
“Il diritto alla privacy è tutelato dal combinato disposto dagli art 14 e 15 della Costituzione. La prima norma introduce una protezione per il domicilio delle persone, stabilendo che ivi non si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri, se non nei casi e nei modi stabiliti dalla legge. L’art 15 Cost. garantisce la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, considerate inviolabili. Nel 2003 è stato poi introdotto il CD. codice della privacy – legge 96 del 2003 – che tra l’altro tutela qualunque forma di espressione delle idee personali di un soggetto estendendo il proprio ambito di protezione anche alla riproduzione e alla diffusione dell’immagine di un individuo. Così è la legge stessa che si preoccupa di individuare quali sono quelle ipotesi all’interno delle quali anche senza il consenso dell’avente diritto è ammessa e legittima la diffusione dell’immagine altrui, ossia laddove vi siano ragioni di interesse pubblico. Su questa disciplina è poi intervenuto il Regolamento Europeo n. 679 del 2016 – divenuto famoso con l’acronimo GDPR General data protection regulation – entrato vigore solo nel 2018. Il regolamento efficace in tutti gli stati dell’unione europea ha introdotto una disciplina armonizzata della circolazione dei dati non basata più esclusivamente sul consenso dell’interessato al trattamento ma sulla protezione di quest’ultimo mediante il controllo dell’utilizzo dei dati”.
Quali sono i casi in cui la diffusione di un’immagine è lecita?
“La diffusione dell’immagine di un soggetto presuppone il consenso dell’interessato. Tuttavia vi sono ipotesi in cui diffondere un’immagine altrui senza consenso è reputato comunque lecito. Quando ad esempio l’immagine è di una persona nota al pubblico, come un attore, o riveste un ufficio o un incarico pubblico; quando l’immagine si riferisce a fatti o avvenimenti di interesse pubblico o quando la diffusione dell’immagine risponda ad una esigenza di giustizia, polizia, scientifica o didattica. Bisogna in ogni caso considerare che la pubblicazione di immagini in modo illecito può dar luogo a fattispecie di reati quali la diffamazione o il trattamento illecito di dati”.
Caposaldo dell’informazione è l’art 21 della Costituzione che riguarda la libertà di espressione, qual è il suo rapporto con il diritto di satira?
“La satira, pur trattandosi di un fenomeno letterario antico, sconta tuttavia una complessa stratificazione etimologica e storica. Nell’uso corrente è un genere espressivo che, con testi e/o immagini, ridicolizza, deride o sbeffeggia persone, istituzioni o comportamenti (dei singoli o dei gruppi) suscitando ilarità e al contempo provocando un qualche tipo di riflessione più approfondita su quegli argomenti. Lo scopo della satira è far sì che l’ascoltatore, attraverso l’effetto comico, arrivi a ragionare con lo spirito critico su ciò su cui verte l’attività satirica. La libertà di satira è uno dei corollari della libertà di manifestazione del pensiero tutelata dall’art 21 della Costituzione e reputata uno dei tratti qualificanti delle società moderne democratiche e liberali. In ogni caso il diritto di satira non è privo di limiti che sono stati puntualmente indicati dalla giurisprudenza della Corte Cassazione. Secondo la Corte di legittimità la satira non può ad esempio constare in forme espressive inutilmente aggressive e disonorevoli né può constare nell’attribuzione – non veritiera – a personaggi pubblici di condotte illecite o moralmente riprovevoli, generando cosi nella pubblica opinione disinformazione”.

La satira dopo Charlie Hebdo

La satira in quanto manifestazione del diritto di critica e più in generale della libertà di manifestazione del pensiero costituzionalmente tutelata (art 21) ha avuto una recente rinascita, come oggetto di discussione e dibattito, a fronte di tragedie che hanno scosso l’opinione pubblica. Il 7 gennaio 2015 alle ore 11.30 ci fu un attacco terroristico contro la sede del giornale satirico Charlie Hebdo, a Parigi. Attentato terroristico con il più alto numero di vittime dopo l’attentato che poi si è avuto il 13 novembre dello stesso anno al teatro Bataclan, allo Stade de France e in alcuni ristoranti. Le impietose vignette del periodico Charlie Hebdo hanno rilanciato una questione che riguarda l’inevitabile conflitto di uno dei due interessi contrapposti: quello dell’autore della satira e quello della persona o della comunità oggetto della satira. La satira deve far riflettere ma non deve essere offensiva, purtroppo Charlie Hebdo ha pagato, con fin troppo sangue versato, questo errore.

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