La sindrome di Parigi colpisce, dagli anni ‘80 a oggi, alcuni turisti giapponesi in visita nella capitale francese procurando ansia, palpitazioni, allucinazioni, senso di svenimento e tachicardia. Il disagio psicologico interessa individui di età piuttosto variabile, non esiste una fascia specifica, considerata più debole. Non si tratta di una boutade poiché la stessa ambasciata giapponese a Parigi è in allerta per tutelare i propri cittadini, soprattutto quei 20, circa, che ogni anno cadono vittime della sindrome.
Amore e romanticismo: le porte sulla Sindrome di Parigi
Si è cercato di spiegare la patologia attraverso la differenza culturale fra i due Paesi, con la distanza fisica, con le aspettative andate in fumo. In ogni caso, non si riesce ancora a capire il legame molto stretto, unico, tra il Giappone e Parigi quando le stesse criticità potrebbero avvenire con altri Stati europei limitrofi e simili alla Francia. Il popolo giapponese, inoltre, è noto per la propria forza d’animo, per il carattere molto irreprensibile e non certo per il senso di protagonismo o di autosuggestione.
La Ville Lumière è il simbolo mondiale, per eccellenza, dell’amore e del romantico, de “La vie en rose”, dei modi garbati, della grazia, della felicità, delle luci seducenti, della poesia e della moda. Le aspettative che i giapponesi, di ambo i sessi, si creano per questa aurea romantica e garbata, quasi di secoli or sono, rimangono profondamente deluse, come antiche vestigia legate solo a film o libri d’annata.
Aspettative deluse
“Vedi Parigi e poi muori” si scriveva sulle rive della Senna negli anni ‘30; qualcuno, ora, sembra proprio prendere la frase alla lettera e andarci vicino. La scrittrice inglese Charlotte Brontë affermava: “La vita è fatta così, quel che succede non è e non sarà mai corrispondente alle aspettative”. Il popolo giapponese forse, nelle parole spiritose del personaggio di Charlie Brown, è il primo che “Si stanca anche di rimanerci male”.
La Francia, nonostante già provata dagli attentati, dagli incendi alle cattedrali, dalle proteste dei gilet gialli, sperava di poter riprendere i ritmi turistici del 2018 (40 milioni solo a Parigi), ora è all’esame del post Coronavirus. L’11 febbraio scorso, al sito Itale-France.com, si può scorgere già un calo dei turisti stranieri (-3,8% rispetto al 2018), compensata solo da un +2,7% di francesi non residenti.
Sarà interessante valutare la reazione e i cambiamenti nella fase successiva alla pandemia. Gli ingressi, tuttavia, sono così ridotti che, al momento, è impossibile effettuare un’analisi. Il I luglio scorso, infatti, la Repubblica scriveva “La Francia riapre le frontiere con mezzo mondo ma la stagione estiva ridotta del turismo parigino parte con il piede sbagliato. La prova? Dai due primi aerei in arrivo all’aeroporto Charles De Gaulle dal Giappone nell’era senza quarantena, di visitatori nipponici non c’è nemmeno l’ombra”.
Turisti nipponici
Il sito www.italia.oggi.it, in un articolo di Giovanni Galli del 25 agosto 2017, riporta dei dati interessanti alla luce di oggi. “Il 2017 si annuncia come un anno record per il turismo a Parigi, dopo il catastrofico 2016. I turisti stranieri, in particolare americani e cinesi e giapponesi, sono tornati (+14,9%) nella capitale francese che nel primo semestre di quest’anno ha registrato 16,4 milioni di arrivi in hotel (+10,2%) secondo i dati presentati dal comitato del turismo Parigi e Ile-de-France (Crt) diretto da Frédéric Navarro […] In particolare sotto la Tour Eiffel sono tornati i giapponesi (+50% nel primo semestre 2017) […] Il numero dei visitatori giapponesi a Parigi era quasi dimezzato nel 2016, scesi da 700 mila, la media annuale nell’ultimo decennio, a 400 mila (-40%) in conseguenza degli attentati. Ora sono tornati nella media, e per il secondo semestre dell’anno le prenotazioni sono salite del 70%.
Francia e Giappone
La classifica dei primi dieci Paesi di origine dei turisti stranieri a Parigi vede al primo posto gli Usa (1,1 milioni l’anno) seguiti dal Regno Unito (908 mila), Cina (527 mila), Germania (507 mila), Spagna (443 mila), Belgio (392 mila), Italia (326 mila), Medio Oriente (315 mila), Olanda (269 mila) e Giappone (204 mila)”. Nel 2016, in seguito al calo previsto degli arrivi dal Giappone per gli attentati subiti, ben 9 operator giapponesi e la Japan Airlines, hanno promosso e realizzato una pulizia su vasta scala della città, per far sentire i turisti più a casa propria. Nel 1997 è stato organizzato l’Anno del Giappone in Francia, collegato a una serie di eventi, soprattutto culturali, L’anno dopo è stata la volta dell’Anno della Francia in Giappone.
C’è profonda interazione fra i due Paesi, sotto diversi punti di vista, a partire da quello culturale, dal “giapponismo”, l’influenza che l’arte nipponica ebbe in Europa, in particolare in Francia, a partire dal XIX secolo. Per capire la portata del fenomeno, basti ricordare che ispirò artisti del calibro di Monet, Manet, Van Gogh, Klimt e Degas. A Parigi c’è anche un museo (il Guimet) dedicato all’arte asiatica, in gran parte al Giappone. I francesi, inoltre, adorano la cucina giapponese e lo testimonia la presenza di numerosi ristoranti; amano, più di ogni altro Paese al mondo, i famosi manga.
Un legame particolare
I legami artistici, culturali e gastronomici, attraverso ricercate contaminazioni fra i due Paesi, procedono da un paio di secoli, con soddisfazione reciproca. Per cui, il giapponese in visita a Parigi ritrova davvero un ambiente familiare come, forse, non potrebbe in altre nazioni europee. Il Marais è considerato un po’ il quartiere giapponese di Parigi, dove primeggia uno spazio collaterale dedicato all’arte nipponica e, a latere, offerte per tutti i palati, sempre rifacendosi alla tradizione culturale del Paese orientale. Nel Marais, inoltre, è possibile trovare delle Spa rigorosamente in stile giapponese, dove il tempo, dinanzi ad antiche tradizioni millenarie del benessere, sembra essersi fermato.
Una spiegazione analitica
Tutte queste situazioni reali di ammirazione, connubio e scambio non impediscono, tuttavia, il verificarsi della sindrome. Una spiegazione del fenomeno, probabilmente, è in un’analisi che le autorità transalpine faticano ad ammettere. Un motivo di forte impatto emotivo e visivo, di triste scontro con realtà non presenti a Tokyo e dintorni, è sicuramente quello costituito dalla periferia francese, la famigerata banlieue (seppure alcuni tratti siano luoghi esclusivi). I più poveri e gli immigrati vengono confinati nelle zone peggiori della banlieue e la cronaca, riporta sistematici tentativi di rivolta a tale situazione di abbruttimento generale.
Parigi, come altre capitali europee, nasconde la povertà all’angolo, per non mostrarla ai turisti, anche a quelli incantati al pensiero di solcare le vie della città dell’amore. I pochi giapponesi che arrivano a contatto con tali situazioni, somatizzano ancora di più il disagio poiché inusuale per loro trovarsi in tali situazioni di degrado; la sindrome acquista, così, spiegazione, accelerazione e diffusione.