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La Santa Famiglia e le famiglie di oggi. Intervista al vescovo di Savona-Noli, Marino

Oggi la Chiesa celebra la Santa Famiglia di Nazareth. Una solennità che segue il Natale e una ricorrenza liturgica festeggiata nella Chiesa da quattro secoli. Sull'attualità dei valori familiari Interris.it ha intervistato il vescovo di Savona-Noli, monsignor Calogero Marino

La famiglia come prima Chiesa. Giuseppe e Maria come modelli per tutti i genitori. Oggi la Chiesa celebra la Santa Famiglia di Nazareth. Una solennità che segue il Natale e una ricorrenza liturgica festeggiata nella Chiesa da quattro secoli.

La solennità della Famiglia

Ad essere ricordati sono tutti i nuclei familiari a partire dalle tre figure sacre (Maria, Giuseppe e Gesù) presenti nella Natività di Betlemme. Con la Lettera apostolica “Patris corde–Con cuore di Padre”, Francesco ha ricorda il 150° anniversario della dichiarazione di San Giuseppe quale Patrono della Chiesa universale. E fino all’8 dicembre 2021 si terrà uno speciale “Anno di San Giuseppe”. Sui valori familiari e la dedizione a Dio Interris.it ha intervistato il vescovo di Savona-Noli, monsignor Calogero Marino.

famigliaChi è Maria all’interno della Santa Famiglia di Nazareth?
“Maria è la Donna che rimane, e già questa è una lezione fondamentale in un tempo in cui, di fronte alle difficoltà, siamo tutti tentati di metterci in salvo, abbandonando la barca alla deriva. Rimane ai piedi della croce del Figlio, ma rimane anche nell’ora della prova di ciascuno di noi, come intuisce lo Stabat Mater: ‘Abbandonata, in pianto, la Madre sta presso la Croce da cui pende il Figlio…Quando la morte dissolve il mio corpo, aprimi, Signore, per l’intercessione di Maria, le porte del cielo, accoglimi nel tuo regno di gloria’”.famigliaA cosa si riferisce?
“Papa Francesco, nel suo recente libro ‘Ritorniamo a sognare’, racconta di una sua malattia grave, contratta a 21anni. Una suora andò a trovarlo all’ospedale. ‘Mi prese per mano, mi diede un bacio e se ne stette zitta per un bel po’. Dopo quell’esperienza presi la decisione di parlare il meno possibile quando visito malati. Mi limito a prendergli la mano’. E’ questo un atteggiamento molto mariano: la vicinanza silenziosa. Anche se, in tempo di Covid, è una vicinanza non facile, che deve osservare le giuste distanze. Una vicinanza che può imparare da Maria la preghiera d’intercessione e di attesa, che la Madre di Gesù insegna agli Apostoli nel Cenacolo, prima di Pentecoste (At 1,12-4)”.

E San Giuseppe?
“Nel memorabile momento di preghiera del 27 marzo, nel vuoto di Piazza San Pietro, il Papa disse che ‘le nostre vite sono tessute e sostenute da persone comuni -solitamente dimenticate- che stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia’. E poi elencò, appunto, i tanti eroi invisibili, veri ‘santi della porta accanto’ di cui San Giuseppe è il modello”.famigliaChe famiglia è quella di Nazareth?
“Certo, la Sacra Famiglia è una famiglia un po’ sui generis. Ma ha vissuto lo straordinario nelle condizioni ordinarie e talora drammatiche della vita di tutte le nostre famiglie. E cioè la generazione e l’educazione di un figlio. L’esilio (proprio ora porto nel cuore l’angoscia per due curdi, ventenni, investiti da un treno a Quiliano, mentre cercavano di andare in Francia, assetati di futuro). La fatica di capire tutto (il Concilio disse addirittura che Maria ‘ha avanzato nel cammino della fede’). Il lasciare che il figlio vada per la sua strada”.

famigliaCome interpretano Maria e Giuseppe la loro missione di genitori?
“Essere padri significa introdurre il figlio all’esperienza della vita, alla realtà. Non trattenerlo, non imprigionarlo, non possederlo, ma renderlo capace di scelte, di libertà, di partenze’. Così dice il Papa di San Giuseppe. Nella famiglia di Nazaret, Maria è il silenzio che ascolta, accoglie, custodisce. Non ha paura, anche quando non capisce. Credo sia l’atteggiamento giusto, anche in tempo di pandemia”.

famigliaIn pandemia come possiamo seguire l’esempio della Santa Famiglia di Nazareth?
“Con la solidarietà che nasce da un vedere e da un farsi accanto. Così si apre il cuore alla commozione. E’ il cammino del buon samaritano della parabola raccontata da Gesù (Lc 10). Una pagina di Giovanni (2,1-11) documenta il vedere e l’intercedere di Maria a Cana: “non hanno vino”. Maria è la donna della intercessione: forma altissima di solidarietà. Ci insegna che la concretezza nasce dal profondo, e non può ridursi all’attivismo sterile che spesso ci prende, e che talvolta è forse un modo per tacitare la nostra coscienza, più che il segno di un amore vero”.

Può farci un esempio?
“Il cardinale Carlo Maria Martini diceva che la preghiera d’intercessione è la cosa più importante che accade nel mondo. Ma in una veglia di preghiera in occasione della prima guerra del Golfo disse anche che ‘intercedere non vuol dire semplicemente pregare per qualcuno, come spesso pensiamo. Intercessione vuol dire mettersi là dove il conflitto ha luogo, mettersi tra le due parti in conflitto’. A Cana Maria si mette in mezzo e ‘costringe’ il Figlio a cambiare l’acqua in vino!”.

Perché?
“Maria è la Madre, che genera il Figlio nella fede, e indica a noi il cammino: ‘ogni anima che crede concepisce e genera il Figlio di Dio’ (Sant’Ambrogio). Quindi è anche Madre nostra, ma in un certo senso è ancor più sorella nostra, come amava sottolineare San Paolo VI. Maria è la prima discepola, e insegna a noi il primato del discepolato. Papa Francesco prega così Maria Madre dell’Amazzonia: ‘Madre del cuore trafitto, che soffri nei tuoi figli oltraggiati e nella natura ferita, regna tu in Amazzonia insieme al tuo Figlio. In te confidiamo, Madre della vita, non abbandonarci in questa ora oscura”.

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