Categories: copertina

25 luglio, fine del regime: 80 anni fa l’Italia scelse la libertà

Italia

80 anni fa l’Italia uscì di colpo dal ventennio più buio della sua storia. Oggi in Piazza Unità a Trieste il Comitato Pace Convivenza Solidarietà Danilo Dolci e l’Associazione culturale Tina Modotti-APS hanno indetto una manifestazione per ricordare l’80esimo anniversario della prima caduta del fascismo, il 25 luglio del 1943. Appuntamento alle 18 alla targa delle leggi razziali antiebraiche in Piazza Unità. L’invito delle associazioni è rivolto a chi voglia dedicare un momento di “ricordo e di riflessione sul tema della caduta del regime fascista. Accelerata dalla destituzione di Mussolini. Sconfessato dal Gran Consiglio del fascismo proprio tra il 24 e il 25 luglio del 1943 e poi fatto arrestare”, spiegano gli organizzatori dell’iniziativa. “Ottant’anni dopo questi fatti pensiamo che sia ancora necessario fare i conti con questo periodo tragico”, osservano le associazioni.  

Italia in pace

Il Comitato Pace Convivenza Solidarietà Danilo Dolci e l’Associazione culturale Tina Modotti-APS ritengono che “il fascismo sia solo violenza e sopraffazione e che la devastazione da esso portata in Europa e nel mondo sia ancora oggi uno dei motivi del disordine globale“. “Voler rivalutare o solo normalizzare il fascismo  è preoccupante – avvertono le associazioni – Mai più fascismo, mai più razzismo, mai più guerre“.  Nella Stanza del Pappagallo venne votata la sfiducia al capo del partito e presidente del Consiglio. Poco dopo Benito Mussolini si presenterà dal Re Vittorio Emanuele che gli comunicherà di averlo destituito dal suo incarico. Nominando al suo posto il Maresciallo Badoglio e facendolo arrestare. Un epilogo preceduto da alcune tappe decisive. A partire dal discorso tenuto da Mussolini al Direttorio del Partito, noto come il “discorso del bagnasciuga” del 24 giugno, fino all’incontro di Feltre del 19 luglio tra Mussolini e Hitler. Le discussioni, le trame e le differenti posizioni all’interno del partito e degli organi di governo. Dalla incerta posizione del Re all’atteggiamento ambiguo dello stesso Mussolini.

L’incontro col re

Sono le prime ore del 25 luglio 1943, quando il Gran Consiglio del Fascismo approva l’esautorazione di Benito Mussolini dall’incarico di capo del governo. E la sua sostituzione con Pietro Badoglio. Quello stesso pomeriggio il dittatore viene arrestato a Villa Savoia, ricostruisce Rai Scuola. Si tratta dell’epilogo della vicenda politico-militare vissuta da Benito Mussolini e dal popolo italiano. Gli archivi del servizio pubblico custodiscono immagini di repertorio. Vi si ripercorre l’udienza a Villa Savoia durante la quale il duce del fascismo consegnò al re Vittorio Emanuele III l’ordine del giorno, approvato nel corso della riunione del Gran Consiglio. Al termine dell’incontro, Mussolini sarà arrestato. Sono questi gli eventi che concludono la storica giornata del 25 luglio, trascorsa abbastanza tranquillamente da tutta la popolazione. Gli italiani appresero la notizia della caduta del regime soltanto ascoltando il Giornale Radio. All’evento fanno seguito lunghi festeggiamenti nelle strade e nelle piazze del Paese. Cn manifestazioni di tripudio popolare.

L’Italia volta pagina

Il Gran Consiglio del Fascismo è il massimo organismo direttivo del Partito nazionale fascista, istituito nel 1923. In seguito allo sviluppo del regime fascista assunse un rilievo sempre maggiore, sancito dalla legge 2693 del 1928. Con cui esso, direttamente dipendente dal capo del governo, estese le competenze anche in materia di prerogative della corona. Divenendo organo di massima rilevanza costituzionale. La sua centralità istituzionale, ricostruisce Treccani.it, fu confermata dalla riforma del 1929, che stabiliva il controllo del partito da parte dello Stato. Veniva imposto al partito, infatti, uno statuto proposto dal capo del governo, cui spettava anche la nomina delle cariche dirigenti. L’ultima riunione del Gran Consiglio del Fascismo (25 luglio 1943), con l’approvazione dell’ordine del giorno presentato da Dino Grandi, segnò appunto la caduta di Benito Mussolini.

A Palazzo Venezia

Nella notte tra il 24 e il 25 luglio del 1943, dunque, a Palazzo Venezia va in scena l’ultimo atto del regime fascista. Per l’Italia è il terzo anno di guerra. Le sconfitte e l’invasione del territorio nazionale, cominciata il 10 luglio con lo sbarco alleato in Sicilia, hanno gettato il paese in una profonda crisi. I gerarchi fascisti, riuniti nel Gran Consiglio per discutere della disastrosa situazione militare, per la prima volta osano negare la loro fiducia a Mussolini. Con 19 voti su 28, approvano l’ordine del giorno presentato da Dino Grandi che invita il sovrano a riappropriarsi del comando delle Forze armate. E a riprendere la guida delle istituzioni. Vittorio Emanuele III, dopo un breve colloquio a Villa Savoia, revoca a Mussolini l’incarico di capo del governo. E lo fa arrestare, ponendo fine al regime fascista. A 80 anni di distanza, Rai Cultura ha riproposto “L’ultima notte del regime. I verbali di Federzoni”.

Ultima seduta

Dell’ultima seduta del Gran Consiglio, finora, si sono potuti leggere solo resoconti e libri di memorie pubblicati dai gerarchi negli anni successivi. Mussolini ordina che la riunione si svolga come una sorta di comitato segreto. La stampa non dà notizia della sua convocazione. Non esistono documenti filmati o fotografici né un verbale ufficiale. Perché il duce vieta la presenza di stenografi. Eppure, oggi, dopo 80 anni, ci sono prove che durante quella riunione almeno un verbale sia stato scritto. La Direzione Generale degli Archivi ha annunciato il ritrovamento e l’acquisizione di due documenti inediti rinvenuti tra le carte appartenute al gerarca fascista Luigi Federzoni. Due verbali di eccezionale importanza che gettano una nuova luce sull’ultima seduta del Gran Consiglio. E sul comportamento dei gerarchi responsabili della caduta di Mussolini.

Tutto da scrivere

Il primo, di nove pagine scritte a matita, è costituito dagli appunti che Federzoni prese nel corso delle discussioni. Il secondo, di 22 pagine, compilato probabilmente il giorno successivo, riporta gli interventi dei gerarchi in modo più esteso e particolareggiato. Ma Federzoni aveva già dato la sua versione dei fatti: nel 1967, in appendice ad un suo libro di memorie, “Italia di ieri per la storia di domani”, aveva pubblicato un lungo resoconto della riunione di 41 pagine a stampa. Il contenuto dei documenti appena riemersi, però, rimette tutto in discussione. L’unico dato a restare certo è che il 25 luglio si chiude la storia del regime fascista. Ma ciò che è accaduto quella notte è una storia ancora tutta da scrivere.

Informativa al Vaticano

Il bombardamento di Roma, il 19 luglio 1943, era stato aspramente condannato da Pio XII. Roma era stata violata nelle sue cose più sacre. Anche il governo italiano aveva le sue colpe, non avendo spostato i comandi militari fuori dell’Urbe, così come aveva promesso. Ma nuovi drammi si profilavano in quella tragica estate romana. La mattina del 25 luglio 1943, riferisce l’Osservatore Romano, il Segretario della Congregazione di Propaganda Fide, Celso Costantini, pregò il Sostituto della Segreteria di Stato, Giovanni Battista Montini (il futuro Paolo VI ) di andarlo a trovare “per un affare grave e urgente“. Ad attendere Montini c’era Alberto De Stefani, economista e cattedratico, accademico d’Italia, ex ministro delle finanze del governo fascista e membro del Gran Consiglio del Fascismo.
Giacomo Galeazzi: