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Iran-Israele: il punto con il prof. Germano Dottori

L'intervista di Interris.it al professore Germano Dottori, consigliere di amministrazione della Fondazione Med-Or e consigliere scientifico di Limes

La sera di sabato 13 aprile, l’Iran ha attaccato direttamente Israele lanciando 185 droni, 110 missili balistici e 36 missili da crociera. Degli oltre 300 attacchi, il 99% è stato però bloccato grazie all’Iron Dome e al supporto di Usa, Francia e Regno Unito. Per contestualizzare questa offensiva, però, bisogna tornare indietro fino al 1 aprile quando Israele ha colpito Damasco centrando un edificio del consolato iraniano e uccidendo diversi Pasdaran. “La risposta sarà dura“, aveva subito ammonito l’ambasciatore iraniano in Siria Hossein Akbari.

Israele pronto a reagire

Ma il “malumore” fra Iran e Israele non è qualcosa di nuovo, ma risale alla nascita della Repubblica Islamica iraniana, nel 1979. Ad oggi, nel contesto del conflitto Israele-Hamas, il governo israeliano accusa l’Iran di finanziare, oltre che Hamas, anche il movimento libanese Hezbollah e gli Houthi dello Yemen. Teheran, dopo l’offensiva del 13 aprile, ha fatto appello Israele perché non reagisca al suo attacco diretto. “La questione può considerarsi chiusa così“, ha detto la rappresentanza iraniana all’Onu.

Il capo di stato maggiore generale delle forze di difesa israeliane (IDF), Herzi Halevi, ha detto che Israele risponderà all’attacco con droni e missili condotto dall’Iran. Halevi non ha però fornito molti altri dettagli, aggiungendo nuovi interrogativi su come Israele intenda gestire la propria risposta e sul rischio di ulteriori tensioni in Medio Oriente.

L’intervista

Interris.it ha intervistato il professore Germano Dottori, consigliere di amministrazione della Fondazione Med-Or e consigliere scientifico di Limes, per analizzare l’attacco dell’Iran e compredere quali potrebbero essere i possibili sviluppi futuri.

Professore, quella sul fronte mediorientale sembra una “strana” guerra: prevista, annunciata e descritta. Quale realtà ci descrive l’attacco mosso da Israele all’Iran?

“Il regime iraniano ha avvertito la necessità di rispondere militarmente all’eliminazione, avvenuta in un raid israeliano a Damasco, di un gruppo di alti ufficiali dei Pasdaran, i ‘guardiani della Rivoluzione’. A quanto è dato di capire, hanno cercato di confezionare un attacco che fosse sufficientemente spettacolare per soddisfare l’esigenza della rappresaglia, mentre è meno chiaro se la bassa letalità dell’aggressione sia stata voluta o, al contrario, sia interamente ascrivibile all’efficacia dell’Iron Dome israeliano. Sta di fatto che il lancio di 185 droni, 110 missili balistici e 36 missili da crociera è un’offesa che Israele non può lasciar correre senza reagire. L’inerzia, dal punto di vista israeliano, incoraggerebbe inevitabilmente attacchi ulteriori da parte di chiunque. Non va inoltre dimenticato che se gli iraniani hanno ritenuto di doversi vendicare dell’affronto subito in Siria, molto probabilmente per Israele si è trattato invece di una risposta al 7 ottobre, che Tel Aviv non ritiene sia stato solo opera di Hamas”.

I dati circolati, dicono che solo l’1% dei droni iraniani ha raggiunto il suo obiettivo. Si è trattato più di una prova di forza da parte dell’Iran piuttosto che un vero attacco?

“Più che altro è passato qualche missile balistico. Ma occorre intendersi: ha raggiunto il suo obiettivo solo l’1% dei vettori mica perché gli iraniani li hanno tirati a casaccio! È stato attivato l’Iron Dome e sono intervenuti gli aerei delle aviazioni americana, britannica e francese, oltre ai velivoli dello Stato ebraico. Secondo alcune stime, il respingimento dell’attacco è costato in termini economici non meno di un miliardo di dollari e forse addirittura 4 o 5. Si è trattato quindi di un attacco che è certamente parte di una prova di forza in atto da anni e che proseguirà”.

Quale significato ha l’insolita partecipazione dell’Arabia Saudita al fronte militare pro Israele?

“Con la propria partecipazione indiretta alla difesa d’Israele, i sauditi hanno sottoscritto di fatto l’Accordo di Abramo che attende da anni di essere formalizzato. In Medio Oriente sta nascendo un nuovo sistema di sicurezza, che dovrebbe avere il suo fulcro in Israele e permettere agli Stati Uniti di disimpegnarsi gradualmente dalla regione per concentrarsi sulle sfide dell’Indo-Pacifico”.

Se Israele dovesse rispondere all’attacco subito, c’è la possibilità di un conflitto globale con l’entrata in scena di altre potenze?

“Con tutta probabilità, la risposta verrà pianificata in modo tale da ridurre al minimo i rischi di ulteriori sviluppi. Il pericolo di un allargamento è peraltro contenuto: la Russia è fortemente esposta in Ucraina e fino a qualche giorno fa importava droni dall’Iran. Quanto alla Cina, non è ancora psicologicamente pronta a misurarsi militarmente con gli Stati Uniti”.

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