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Chi sono gli “invisibili” nell’Italia multiculturale del terzo millennio globalizzato

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Sulle orme di papa Francesco, la Caritas ha chiesto alle istituzioni di vaccinare gli “invisibili”. La solidarietà in pandemia come “ultimo baluardo al fianco dei più poveri’”. Da oggi una serie racconta proprio gli “invisibili”. Figli e figlie d’Italia. Bambini. Adolescenti e adulti cresciuti qui. Continuano a essere fantasmi per legge. invisibiliinvisibili

Diventare invisibili per essere visti

Al centro della serie italiana “Zero” ci sono temi “invisibili” all’opinione pubblica. E cioè gli italiani di seconda generazione. Le periferie da salvare. La diversità. L’ accettazione. L’impegno sociale. Nella fiction il protagonista è un eroe moderno. Con il dono dell’invisibilità. Che qui ha anche un valore metaforico. Con il gruppo di amici deve salvare il quartiere in una Milano parzialmente reinventata. Più che afroitaliana “Zero” è una storia multiculturale. “Il pretesto narrativo è quello del superpotere che il giovane protagonista Omar scoprirà di avere- spiega Antonio Dikele Distefano-. Omar vive nel quartiere milanese di Barrio. Quando ho iniziato a scrivere questa serie riflettevo su un fatto. In Italia non c’è una cultura di attori o registi neri. Abbiamo visto che ci sono. Esistono. E bisogna coinvolgerli”.invisibiliinvisibili

Seconda o terza generazione

Ciò che rende diversa questa fiction è proprio il cast. Per la prima volta una serie italiana è interpretata da protagonisti di seconda o terza generazione. “Zero” è stata ideata per Netflix da Antonio Dikele Distefano. Il ventisettenne scrittore italiano ha origini angolane. La serie è prodotta da Fabula Pictures. Con la partecipazione di Red Joint Film. Da oggi è in onda sul colosso streaming in tutti i 190 paesi dove è disponile. Sono “multiculturali” anche i registi degli otto episodi. Tra loro l’egiziano Mohamed Hossameldin. Margherita Ferri. Ivan Silvestrini. Paola Randi.

Il significato dell’invisibilità

Il protagonista (soprannominato appunto “Zero”) sfreccia per le strade della sua città in bicicletta. Ma nessuno lo vede. Perché Zero è invisibile. Per lo Stato italiano. Per la sua famiglia. E per i ragazzi del suo quartiere di periferia. Almeno fino a quando invisibile non lo diventa davvero. Ed è qui che inizia la sua storia in 8 episodi. Non un supereroe. Ma un eroe moderno che impara a conoscere i suoi poteri. Se ne rende conto quando si trova in pericolo il Barrio. Cioè l’immaginario quartiere della periferia milanese. Da dove il protagonista voleva scappare.

Panni scomodi

Zero dovrà indossare gli scomodi panni di eroe. Suo malgrado. E, nella sua avventura, scoprirà l’amicizia di Sharif. Inno. Momo. Sara. E forse anche l’amore. “Un mondo che non si ferma al pregiudizio. Ma che va oltre. Alla verità delle cose”, evidenzia all’Ansa Antonio Dikele Distefano. La stella nascente nel panorama editoriale italiano ha scritto la serie. Creata da Menotti. Già co-sceneggiatore del film rivelazione “Lo chiamavano Jeeg Robot”. Insieme a Stefano Voltaggio. Che è anche “creative executive producer”. Massimo Vavassori. Lisandro Monaco. Carolina Cavalli.

Esplorazione

I protagonisti di “Zero” danno forma ad un’originale e unica esplorazione di Milano. La fiction racconta un mondo ricco e variegato di culture sottorappresentate. A cui si aggiungono significativi contributi presi dalla scena rap. “Io sono un appassionato di manga. Mi sono detto pensa se ci fosse un supereroe nero giovane in Italia“, osserva Antonio Dikele Distefano. Autore di “Non ho mai avuto la mia età” (Mondadori). Il libro a cui si ispira la serie. “In Italia le differenze vengono accentuate. Ed è sbagliato. Abbiamo bisogno di normalità. Non di eccezionalità– sottolinea lo scrittore-. Un ragazzo deve poter guardare ‘Zero’ perché si rivede nel protagonista. Perché si riconosce in quello che fa. In quello che prova. E deve riconoscerlo in quanto persona. Non per il colore della sua pelle“.

Il mondo va veloce

Giuseppe Dave Seke, 25 anni, è Omar. Al suo esordio nella fiction “Zero”. E’ nato in una frazione a tre chilometri da Padova, Pontevigodarzere. Lì oggi un abitante su tre ha origini extra-italiane. Un barrio come quello cantato da Mahmood nella colonna sonora. I cui abitanti restano invisibili. “E’ un’opportunità per dare spazio. Alle storie che devono essere ancora raccontate. Almeno in Italia. Il mondo va molto veloce. Con il web. La musica. Soprattutto tra i ragazzini. Io ho due fratelli più piccoli. Per loro è normale avere un gruppo di amici ‘mix’. 10 anni fa non era così”, racconta il protagonista. Nel cast un affiatato gruppo di giovani interpreti. Da Haroun Fall a Daniela Scattolin. Da Beatrice Grannò a Richard Dylan Magon.

Le voci

Daniela Scattolin  interpreta il ruoli di Sara nella fiction. “Penso che questo sia uno dei progetti che ho desiderato di più. E ho fatto bene a desiderarlo. Perchè mi ha cambiato la vita. Per me ‘Zero’ rappresenta il volerci essere a tutti i costi“. Haroun Fall, 25 anni, torinese è Sharif. Lavorava come attore e modello. Ma nelle scuole di recitazione sono pochi i “nuovi italiani“. Racconta: “Quando ho visto il video di Distefano, ho pensato questo è il momento adatto. In cui noi come identità di persone, ci raduniamo per raccontare una storia”.

Giacomo Galeazzi: