“La presunzione di pensare che le guerre degli altri non ci riguardano o che non ci toccheranno è stata condita dall’inerzia e dall’apatia non solo delle classi dirigenti, ma anche della gente. Oggi dobbiamo comprendere che qualsiasi conflitto ci riguarda perché prima o poi ci toccherà. In secondo luogo bisogna sottolineare che più ci sono guerre e più ce ne saranno“. E’ quanto afferma il professor Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, intervistato da Interris.it sulla guerra in Ucraina.
La Russia invade l’Ucraina
Nel cuore della notte del 24 febbraio, il presidente russo Vladimir Putin è apparso in un video – secondo alcuni esperti sarebbe stato registrato due o tre giorni prima – annunciando l’operazione militare russa in Ucraina, affermando che l’obiettivo era proteggere il Donbass. Gli attacchi militari sono iniziati in contemporanea in diverse città strategiche come Kharvik, Odessa ma anche nella capitale Kiev. “I piani della Russia non includono l’occupare l’Ucraina”, ha rimarcato il presidente russo nel video.
La fuga da Kiev e dall’Ucraina
In preda al panico e per cercare di trovare un posto sicuro, molte persone si sono riversate sulle strade. Dopo le code ai benzinai e ai bancomat, molte automobili sono rimaste bloccate sulla strada principale che porta fuori da Kiev nel tentativo di fuggire prima che il conflitto raggiungesse la capitale ucraina. Sono impressionanti le immagini delle auto bloccate in coda, che a passo d’uomo cercano di allontanarsi il più possibile dai combattimenti. La Polonia e la Romania hanno aperto le frontiere per far passare i profughi ucraini che scappano dal conflitto. La Moldavia ha azionato il meccanismo di protezione civile dell’Ue e ha chiesto assistenza per la gestione dell’immigrazione. Insomma, qualcosa nell’Unione Europea si sta muovendo per far fronte all’accoglienza dei rifugiati di guerra, anche se ancora non sono noti i dettagli.
Gli appelli di Papa Francesco: “Si fermi la follia della guerra”
“Gesù ci ha insegnato che all’insensatezza diabolica della violenza si risponde con le armi di Dio, con la preghiera e il digiuno. La Regina della pace preservi il mondo dalla follia della guerra“. Sono queste le parole che Papa Francesco ha affidato a un tweet pubblicato sul suo profilo @Pontifex. E’ il secondo tweet del Pontefice in russo e in ucraino, oltre che nelle altre lingue comprese l’inglese e l’italiano. Questa volta Papa Francesco cita un passo del suo appello di pace per l’Ucraino fatto durante l’udienza generale dello scorso mercoledì. Il tweet è firmato “Franciscus” e seguono gli hashtag #PreghiamoInsieme e #Ucraina.
Nei giorni precedenti, il Pontefice aveva affidato alla piattaforma social un suo tweet in russo: “Ogni guerra lascia il mondo peggiore di come lo ha trovato. La guerra è un fallimento della politica e dell’umanità, una resa vergognosa, una sconfitta di fronte alle forze del male“.
L’intervista al presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo
Professor Impagliazzo, avete notizie dai responsabili della Sant’Egidio in Ucraina? Cosa riferiscono?
“Noi abbiamo comunità in tutte le grandi città ucraine, compresa Kiev. Sono ore molto drammatiche, si sentono esplodere missili, si vedono le truppe di terra russa. In questo momento, le nostre comunità sono ancora più impegnate nello stare a fianco delle persone più deboli, a chi vive per strada, agli anziani che sono disorientati e angosciati. Si cerca di fare un lavoro di vicinanza, prossimità a queste persone fragili, ulteriormente indebolite dalla guerra. Le nostro comunità si incontrano per pregare per la pace, non per la vittoria di uno schieramento o dell’altro. Con la guerra perdono tutti. E’ importante dirlo perché è un gesto di particolare ‘profezia’ pregare in questi momenti per la pace”.
All’indomani dell’invasione russa sul suolo ucraino, i telegiornali ci hanno mostrato le immagini delle persone disperate che cercavano di fuggire. Si stima che saranno circa 5 milioni i profughi che cercheranno di raggiungere l’Europa. Saremo capaci di dare loro accoglienza o si potrebbe verificare una situazione come quella che nei mesi scorsi si è verificata al confine tra Polonia e Bielorussia?
“I capi di stato hanno ribadito la volontà europea di tenere aperte le frontiere per i profughi di questa guerra. Come Comunità di Sant’Egidio siamo pronti con vari strumenti a partire dai corridoi umanitari. Inoltre, abbiamo comunità nei Paesi limitrofi e sono allertate e avvisate di lavorare al massimo sull’eventuale accoglienza di queste persone che fuggono dal conflitto. Io credo che l’Europa abbia preso una posizione molto chiara, anche se ancora non ci sono i dettagli, sull’imperativo dell’accoglienza”.
Nel corso della storia abbiamo testimonianza di come molti Pontefici abbiano contribuito, o in alcuni casi siano stati protagonisti in prima persona, a scongiurare il ricorso alle armi. Un esempio è Giovanni XXIII che contribuì a sventare la crisi missilistica di Cuba e nella “Pacem in Terris” ha ribadito con forza l’incompatibilità tra fede e violenza. Pensa che Papa Francesco potrebbe contribuire a risolvere la guerra in Ucraina?
“Rispetto alla crisi di Cuba, in Ucraina già c’è stata un’invasione. La guerra è già iniziata. C’è da registrare l’iniziativa, molto importante, di Papa Francesco che ha visitato l’ambasciatore russo presso la Santa Sede e credo che il Pontefice abbia espresso tutta la sua preoccupazione per una guerra che lui ha definito una follia, immagino che lui abbia parlato con grande chiarezza all’ambasciatore russo. Certamente, Papa Francesco sta facendo tutto quello che può per scongiurare che continui questo bagno di sangue e per arrivare presto a un cessate il fuoco”.
La composizione religiosa dell’Ucraina è molto complessa. Gli ortodossi ucraini sono divisi in tre Chiese distinti e in conflitto tra loro proprio per la questione del legame con il patriarcato di Mosca. Quanto incide il fattore religioso sulle tensioni in Ucraina?
“Come il professor Riccardi durante la veglia di preghiera organizzata dalla Sant’Egidio a Roma, nella chiesa di Santa Maria in Trastevere, finché le chiese non saranno unite, come i cristiani potranno parlare coerentemente di pace? La divisione delle chiese è un grande vulnus, un grave problema, una grande ferita. Non solo nel cammino di unità dei cristiani, ma anche dell’unità del mondo e quindi della pace. Io ritengo che questa divisione sia un problema”.
Nel corso della manifestazione per la pace che avete organizzato a Roma lo scorso 17 febbraio, lei ha dichiarato che si è persa “l’inquietudine a difendere la pace”. Significa che ci siamo tutti un po’ adagiati sugli allori visto che il nostro “orticello” non era minacciato da nessuno?
“Il problema di questo tempo è stato che noi europei non abbiamo valutato, siamo stati inerti e apatici di fronte alle tante guerre che si sono registrate in questi anni, a partire da quella in Siria, che ancora non è finita, in Yemen, in Afghanistan, in Libia e l’elenco purtroppo è molto lungo. La presunzione di pensare che le guerre degli altri non ci riguardano o che non ci toccheranno è stata condita dall’inerzia e dall’apatia non solo delle classi dirigenti, ma anche della gente. Oggi dobbiamo comprendere che qualsiasi conflitto ci riguarda perché prima o poi ci toccherà. In secondo luogo bisogna sottolineare che più ci sono guerre e più ce ne saranno. O l’Europa si impegna a fondo per portare la pace nel mondo, o le guerre purtroppo si moltiplicheranno. La guerra chiama guerra. I conflitti armati purtroppo sono tornati ‘normale’ nel nostro linguaggio, nei nostri discorsi, dopo che abbiamo sofferto così tanto per le guerre mondiali. E’ necessario risvegliare le coscienze di chi ci governa, ma anche dei popoli”.