L’opportunità-immigrazione. “Gli imprenditori della piccola e media industria sono pronti a offrire opportunità di lavoro. E a promuovere l’inclusione sociale attraverso l’occupazione”. È l’appello di Confapi, la confederazione italiana della piccola e media industria privata. Cristian Camisa ha portato la propria testimonianza al convegno dal titolo “Un’immigrazione dignitosa dall’Africa per il lavoro e il futuro dell’Italia“. L’evento è stato organizzato dall’Università Cattolica del Sacro Cuore e da E4Impact Foundation. Un’occasione per riunire istituzioni, aziende e università. Nella prospettiva di contribuire all’elaborazione di un progetto nazionale di immigrazione concertata con le imprese, che vada a beneficio di Italia e Africa. “Crediamo che occorra creare un progetto virtuoso che favorisca l’integrazione lavorativa attraverso percorsi formativi direttamente in loco – avverte Camisa-. Con l’assunto che se si vogliono inserire dei migranti nel tessuto economico bisogna prima formarli in loco. E poi far seguire un secondo step formativo nel Paese richiedente per verificare competenze e per favorire reale integrazione. Sappiamo come ormai da anni il mondo industriale si stia confrontando con un sempre crescente shortage tra domanda e offerta che ormai si attesta al 48%”.
Opportunità-immigrazione
Camisa sottolinea che “Confapi ritiene importante rivedere la gestione dei flussi migratori che va affrontata con un programma a lungo termine. Soluzioni tampone non possono aver effetto per un fenomeno che non è più emergenziale ma epocale. Il lavoro presentato dalla Fondazione E4impact è lungimirante. La condivisione tra tutte le forze politiche, il mondo dell’associazionismo e quello delle imprese deve fare la differenza su un tema così complesso, che va ben al di là di una legislatura”. “I migranti, se integrati e formati, rappresenterebbero una grande risorsa per lo stesso mondo imprenditoriale. In particolare in una fase storica di continua denatalità che sta portando a un sempre maggiore invecchiamento del nostro Paese con riflessi sulla tenuta economico sociale a lungo termine. Dobbiamo consegnare all’accoglienza una nuova visione che punti a una strategia mirata. Con l’obiettivo di garantire un futuro migliore al nostro Paese, ai territori e a tutti coloro che decidano di fare dell’Italia la loro seconda patria“, osserva Camisa. “Una visione – evidenzia il presidente di Confapi – che si basa sul concetto di opportunità reciproca. In cui le competenze e le esigenze del territorio vengono messe in relazione con quelle dei migranti“.
Lungimiranza
Il picco di migranti a Lampedusa “si spiega da diversi punti di vista. Nel brevissimo periodo: per due settimane c’è stato brutto tempo in Tunisia. Appena c’è stata una finestra di bel tempo sono partiti tutti. Sul medio periodo bisogna aiutare la Tunisia a stabilizzarsi. Ma l’Italia in realtà non può fare più di tanto”. Il ricercatore dell’Ispi di Milano, Matteo Villa analizza l’ondata migratoria degli ultimi giorni sulle coste di Lampedusa. Il governo, suggerisce, “dovrebbe fare pressione su Saied perché accetti i soldi della comunità internazionale“. Villa sostiene come il governo italiano si sia però mosso “con lungimiranza a luglio, con il decreto flussi più grande di sempre. Cosa che gran parte dell’attuale opposizione non ha fatto. Ne faremo entrare tanti. E programmati per tre anni. Certo, rispetto a questa ondata qui siamo in ritardo, ora la puoi solo gestire”. I migranti che sbarcano ora, spiega infatti, “erano in viaggio già da mesi. Vengono dall’Africa occidentale. Hanno attraversato il deserto e ora non li fermi più. La gran parte dice: ‘Io sono arrivato fino a qui, appena ho i soldi parto. E non mi interessa se poi mi perdo in mare‘”. “Negli ultimi dodici mesi – prosegue il ricercatore – abbiamo visto sbarcare 160 mila persone. Siamo tornati ai numeri del periodo 2014-2017, anche se non siamo ancora al picco che è stato di 200 mila. Questi due giorni sono stati invece un picco per Lampedusa“.
Immigrazione a Lampedusa
Il boom dello scorso decennio “vedevano protagonista la Libia“, aggiunge Villa. E “gli sbarchi avvenivano anche in Sicilia”. E c’erano molte più navi europee che li portavano nei porti siciliani. “Adesso molte imbarcazioni arrivano direttamente a Lampedusa – precisa all’Ansa il ricercatore dell’Ispi . Ed è un dramma. Una ondata di 10 mila persone in tre giorni non puoi gestirla. Dovresti aumentare i traghettamenti verso la terraferma, perché nel medio periodo ridurre le partenze sarà molto difficile. Un aumento delle partenze l’avevamo già vissuto. Ma non c’è oggi la macchina dell’accoglienza del 2014-’15. E’ stato difficile gestirla anche allora, però ce l’abbiamo fatta. Adesso il governo è in imbarazzo perché non può fare quello che si faceva prima”. La regione nordafricana, per il ricercatore, è “evidentemente una pentola a pressione”: “Puoi mettere il coperchio sulla Libia, ma le persone troveranno il modo di uscire”.
Il ruolo di Saied
Che ruolo gioca Saied? “Ci sono tanti complottisti – risponde – che dicono che vuole alzare la tensione per ottenere più soldi, ma io non credo sia così. Il sud della Tunisia è in crisi economica fortissima. C’è stato prima il crollo del turismo a causa del Covid. Poi la crisi dei prezzi con l’Ucraina. Lo stipendio, quello medio, è di 150 euro al mese. Partono soprattutto subsahariani. E molti di quelli che li fanno partire non sono le milizie, come in Libia. Sono tunisini, persone ‘comuni’ che hanno bisogno di fare qualche soldo. E’ difficilissimo fermarle. La polizia tunisina continua a comunicare di aver fermato persone che costruivano barche di ferro. Eppure ne vengono costruite centinaia e centinaia. E’ un’industria, e Saied non ha un gran controllo“.
Situazione complessa
“E’ più probabile – sostiene il ricercatore dell’Ispi – invece di pensare a complotti politici, che malgrado i tentativi il governo tunisino non ce la faccia a tenerli fermi”. Villa cita in proposito dei dati: negli ultimi 12 mesi circa 70 mila persone partite dalla Tunisia sono state intercettate e riportate indietro dalle autorità tunisine: “Non è quindi Saied che lascia partire tutti – conclude – Non ce la fanno a fermarli. Questo fa capire come la situazione sia esplosiva. E non si vede come risolverla a breve”.
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