Solare, genuino e senza grilli per la testa è lui Daniele Ciniglio, il 25enne, video creator di Ottaviano, un paesino in provincia di Napoli. Daniele ha conquistato tutti con la sua esibizione ad Italia’s Got Talent lo scorso marzo, dove ha portato un monologo sulla Camorra commuovendo il pubblico presente in sala e a casa. Lì non solo ha colpito i cuori di Mara Maionchi, Federica Pellegrini, Frank Marano e Joe Bastianich, i quattro giudici presenti all’interno del talent, ma ha rapito l’attenzione di migliaia di persone che tutt’oggi lo seguono sui suoi canali social. Interris.it lo ha incontrato per una lunga intervista attraverso la quale il video creator ha raccontato il suo ‘dietro le quinte’.
LA CAMORRA È UNO SCHERZO – CAMORRA IS A JOKE
Questo lo dedico, oggi 21 Marzo, a tutte le vittime innocenti della mafia sparse per il mondo.In questi giorni abbiamo un obbiettivo: debellare il Coronavirus.Ma c'è un virus ancora più potente che ha ucciso altrettante migliaia di persone: la Mafia.E anche quello possiamo combatterlo insieme. Affrontandolo a muso duro e gridando che è uno scherzo.–Dedicated to all the victims of mafia around the world
Pubblicato da La Mia Routine – Daniele Ciniglio su Sabato 21 marzo 2020
I primi passi
La sua storia inizia, però, molti anni fa. Una strada lunga e fatta di tanti sacrifici e rinunce. Un percorso di vita che ha visto prima un bambino e poi un ragazzo cimentarsi in ciò che più amava: la recitazione. “Tutto partì quando ero piccolino e a sette anni iniziai ad esibirmi nelle recite scolastiche delle scuole elementari. Un po’ per gioco, come capita a tanti bambini. Ricordo che in quegli anni la maestra faceva recitare solo quelli che andavano bene a scuola, e dato che in quel periodo, devo dire che andare a scuola mi piaceva così tanto dal dare sempre buoni risultati(ride e scherza, ndr), la maestra mi faceva recitare spesso, come fosse un premio – racconta Daniele emozionato -. Lo scatto interiore ci fu alle scuole medie quando ebbi la possibilità di partecipare ad un progetto scolastico che si chiamava ‘Ciak si gira’. Per l’occasione venne una trouppe di Giffoni a girare un cortometraggio. Feci i provini e mi scelsero per fare il protagonista di questo cortometraggio che si chiamava ‘Le porte di Nico’. Con quel cortometraggio vincemmo il primo premio per la categoria ‘Giffoni school in cinema’. No vi dico l’emozione nel ritrovarmi su red carpet e poi sul palco circondato da bambini che facevano mille domande, non ero in me, fu molto emozionante e penso che fu proprio quello il momento in cui ebbi la conferma che avrei voluto fare questo nella mia vita”.
Come ti sei preparato?
“É stato un percorso lungo. All’inizio facevo mille cose poi ad un punto, però, la mia vita è cambiata. A 16 anni perdo mio padre ed è stato lì che ho capito che davvero la vita è ‘un attimo’ e che quindi da quel momento avrei dovuto cominciare ad investire seriamente sulla mia persona. Mio padre sapeva quanto tenessi a fare questo lavoro e anche per questo non ho demorso. Ho continuato il liceo e ho scritto la mia prima web serie che si chiamava La mia routine. Da lì è cominciata la mia vita sul web affiancata all’Accademia teatrale di Roma che frequentai nello stesso periodo in cui cominciai anche la mia carriera universitaria. Fu un periodo pienissimo, ma bello. Tra l’altro fu una promessa fatta a mia madre, avrei fatto l’accademia se mai avessi frequentato l’università. Ed eccomi oggi laureato in economia aziendale e in procinto di prendere anche la specialistica in comunicazione e marketing”.
A quale personaggio ti sei ispirato in questi anni?
“Io sono cresciuto a pane e Totò, questo grazie soprattutto a mio padre che era un suo grandissimo fan. Ogni giorno si guardava un suo film diverso e sin da piccolino mi sono sempre divertito ad imitarlo, ripetevo i suoi sketch, avevo una cassetta del film ‘Signori si nasce, non si diventa’ che penso di aver consumato. Oggi essere arrivato ad una maturità artistica tale da poter riproporre una mia versione della ‘Livella’ di Totò ed essere apprezzato da Elena De Curtis, la nipote di Totò per me ha rappresentato uno dei momenti apici della mia carriera vissuta fino ad ora. Il web per un attimo si è fuso con la più classica delle figure partonopee, la storia del teatro con l’attualità in un’assurda blasfemia che però è risultata vincente”.
LA LIVELLA AI TEMPI DEL CORONAVIRUS
Caro Principe ti chiedo scusa per questo omaggio. Spero tu possa apprezzare, ovunque tu sia.
Pubblicato da La Mia Routine – Daniele Ciniglio su Domenica 12 aprile 2020
Sui social anche le tue pagine si chiamano “La mia routine” perché?
“Il nome “La mia routine” nasce da questa serie web di due stagioni (cinque puntate per la prima stagione e undici per la seconda) tutte scritte da me e da altri due ragazzi a costo zero. Fu un’esperienza formativa che ci portò ad affrontare la seconda stagione più consapevoli e sicuri del nostro lavoro, tanto che riuscimmo ad avere dal comune anche un rimborso per le spese dell’attrezzatura. Il nome viene dalla canzone di un mio amico che in quel periodo cantava un pezzo con questo titolo, e decisi di utilizzarlo perché al di là di un significato filosofico che potrebbe avere mi ha dato la possibilità di creare un box tramite il quale io posso raccontare davvero la mia routine sotto ogni forma, dal monologo al video più divertente. Così riesco ad esprimere al meglio ciò che sono. Ovviamente non manca l’aiuto e il sostegno dei miei collaboratori Umberto De Rosa, Marialuisa Casciello e Pasquale Avolio. Loro tre sono fondamentali e insieme siamo davvero una bella squadra”.
Come nasce un tuo video?
“Mi ispiro a quello che vedo, tutto in modo molto naturale. Inizialmente ricordo che mi mettevo a tavolino, avevo un tempo preciso in cui ‘decidevo di pensare e produrre’ ora invece tutto avviene in modo molto spontaneo. Capita anche che la mattina o la sera, a volte anche durante la notte, mi possono venire delle idee bizzarre che segno subito nelle note. Mi affido molto a ciò che vedo e a quello che penso di ciò che vedo. Sembra uno scioglilingua, lo so (sorride, ndr) ma in realtà è un modo per dire che do sempre una mia lettura di ciò che vivo”.
Come scegli ciò di cui parlare? Ti senti influenzato dalle opinioni altrui?
“Io penso due cose che potrebbero sembrare contrastanti. In generale credo che un creator o un artista non debba mai seguire quello che vuole il pubblico perché si snaturerebbe da ciò che è l’artista. Quando scelgo un argomento devo parlarne come voglio io, non come voglio che tu lo percepisca, altrimenti divento un’azienda che vuole vendere qualcosa. Poi posso o meno sbagliare, a volte dipende anche da chi ascolta, però un modellarsi su quello che gli altri vogliono sentirsi dire per me è un po’ vigliacca come cosa”.
Le tue pagine contano migliaia di seguaci, come arrivano i followers?
“I follower si raggiungono cercando di non raggiungerli, nel senso che se tu fai dei contenuti per dire ciò che vogliono sentirsi dire, puoi anche raggiungerli, ma diventerai uno strumento nelle loro mani, perché dovrai dire sempre ciò che si aspettano, quindi quanto effettivamente potrai dire di essere tu sei l’artista e il creatore di ciò che produci? Un po’ come chi crea la moda, che vive di luce propria, e chi la segue, che invece vive di luce riflessa. Per fidelizzare il follower credo che si debba semplicemente dare sfogo alla propria personalità, poi ovviamente per gestirli c’è bisogno di creare sempre nuovi contenuti, di non lavorare da solo, ma sempre in squadra. Non è facile raggiungerli e ancora meno facile è mantenerli. Ma con la sana creatività si riesce si crea empatia anche attraverso uno schermo. Le persone si affezionano, ti vogliono davvero bene ed è bello leggere le manifestazioni di affetto. A volte mi diverto a rispondere ai messaggi, quelle volte che non riesco è per mancanza di tempo, perché ne sono davvero tanti, ma cerco sempre di accontentare tutti. L’importante è non montarsi la testa perché significherebbe andare incontro ad uno sfinimento delle idee, è come un distaccarti dal tessuto sociale che ti da gli input giusti”.
In questi giorni è stato commemorato l’omicidio di Falcone. Anche tu vivi in un territorio in cui purtroppo vige il sistema della criminalità organizzata, eppure in un modo diverso dal solito hai definitivo la camorra uno scherzo. Che cosa significa?
“La metafora dello scherzo nasce dal Vesuvio e dalla paura che incute in ciascun abitante dei paesi che sono posizionati alle sue pendici, anche io sono tra questi ma per noi è come uno scherzo. Così come la camorra, un male atroce che fa tanta paura, ancora più del Vesuvio, eppure anche questa qui è vissuta come uno scherzo. Scherzo in quanto abitudine perché siamo abituati all’idea della sua presenza, nei confronti della quale però ognuno deve convincersi di non essere impotente, perché la camorra si può sconfiggere. Ora per esempio la gente ha bisogno di liquidità e se lo stato non è celere nel dare il sostentamento economico alle famiglie si rischia di aprire la strada ai prestiti a nero che spesso fa la criminalità organizzata e questa sarebbe una falla troppo grande, una crepa che va sanata a priori. Il cittadino deve rifiutare di pagare il pizzo, urlando a gran voce che questa situazione è inaccettabile, senza nascondersi dietro il dito, senza sottostare a delle regole. La metafora dello scherzo è proprio questa, il nostro voler trattare la camorra come fosse uno scherzo, intrinseco nella natura del gioco, con delle regole alle quali troppo spesso si sottostà ma che in realtà possiamo vincere perseguendo i giusti valori”.
Daniele ha paura che tutto possa finire?
“Io sono un inguaribile ottimista, non ho mai avuto davvero paura, perché se c’è una cosa di cui sono certo nella vita è che la recitazione sarà per sempre il mio lavoro. É ciò che amo fare e mi dona una sensazione positiva che provo da sempre. Sicuramente ogni tanto ci sono stati dei momenti di riflessione, in cui penso a cosa fatto e se il percorso è giusto. Capita, sono umano. Però poi si accende sempre una lampadina, una nuova idea e nuovo video. Insomma si va avanti. The show must go on!“