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“Il Dio nuovo”, un cammino di fede dal cristianesimo delle origini ad oggi

@ Alessandro Sortino

Mancano ormai pochi mesi alla vigilia del Giubileo che, significativamente, Papa Francesco, ha voluto dedicare ai “Pellegrini senza speranza”. Alla luce di ciò, il tema del pellegrinaggio, volgendo lo sguardo al cristianesimo delle origini e all’esempio donatoci dagli apostoli Pietro e Paolo, ci richiama a delle riflessioni sull’essere cristiani oggi. Interris.it, in merito a questi argomenti, ha intervistato Alessandro Sortino, giornalista e autore del libro “Il Dio nuovo. Storia dei primi cristiani che portarono Gesù a Roma”.

Foto di Caroline Hernandez su Unsplash

L’intervista

Dottor Sortino, com’è è nata in lei l’idea di ripercorrere la storia dei primi cristiani a Roma?

“L’idea è nata perché ho realizzato per TV2000 il documentario intitolato ‘Le pietre parlano’ e, in esso, ho ripercorso i luoghi che, a Roma, conservano la memoria apostolica. Da quel momento ho iniziato a scoprirli e, un tempo, erano ripercorsi dai pellegrini prima di arrivare alla tomba di Pietro e di Paolo, ricordando la loro vita in tali luoghi. Ad oggi però, sono un po’ dimenticati ma, ripercorrendoli per il documentario, li ho riscoperti e ho compreso l’importanza di ritornarvi per evocare la storia dei primi cristiani. Il tempo dell’Impero Romano del I secolo, ci ricorda una società globalizzata in cui, le nazioni, iniziavano a sparire in favore di un aggregazione più vasta, la storia dei cristiani delle origini, ricorda quella di oggi e, in qualche modo, può tornarci utile, in quanto viviamo in un momento di crisi ma anche di possibilità.”

Che insegnamenti ha tratto ripercorrendo i passi dei due Apostoli Pietro e Paolo?

“Siamo abituati a considerare i Santi come delle persone irraggiungibili ma, in realtà, la loro storia, è molto umana. Pietro e Paolo, in modo diverso, hanno accettato una realtà che, in qualche modo, contraddiceva la loro cultura. Questa è la strada che, tutti quanti, dovremo avere il coraggio di percorrere perché, molto spesso, il cristianesimo e l’incontro con Gesù, ci mette in crisi e ci costringe a cambiare la nostra cultura e, di conseguenza, uscire dalla confort zone. Sia Pietro che Paolo, seppur in maniera diversa, hanno compiuto questo cammino. Ciò fonde il cristianesimo come religione universale: considerare ogni persona, anche la più lontana, come destinataria dello stesso messaggio di salvezza a cui erano destinati gli Apostoli, ancora oggi, se lo applicassimo, sarebbe una rivoluzione.”

Foto di Aaron Burden su Unsplash

Quali tratti, secondo lei, accomunano i cristiani delle origini e quelli di oggi?

“Nella società di oggi, anche se non ce ne rendiamo conto, c’è un ritorno al paganesimo. Con questo termine intendo indicare il ritorno all’idea che bisogna sacrificare qualcosa o qualcuno a un Dio per essere felici. Quest’ultimo non è più Iside, Giove o Apollo, ma sono le nostre passioni e i nostri obiettivi e, spesso, si sacrifica noi stessi o qualcun altro per raggiungerli. Ciò che i cristiani portano nel mondo romano è il no al sacrificio il quale, una volta per tutte, è stato compiuto da Gesù e lo abroga per costruire un noi consacrato a Dio. Questo incredibile messaggio di unità, ancora oggi, va assolutamente vissuto. I primi cristiani si riunivano nelle case, attorno alle tavole, dove spezzavano il pane che genera l’unità dei cristiani in Cristo. Dobbiamo riconoscere il valore della comunità nell’Eucarestia racchiuso nel cristianesimo per rifondarlo, oggi come allora.”

Nel 2025 vivremo il Giubileo. In questa occasione, che messaggio può donarci il cristianesimo delle origini insieme a quello dei Santi Pietro e Paolo?

“Attraversare la Porte Santa che conduce alla tomba degli Apostoli significa riconnettersi al sacrificio di Cristo per costruire la pace. Ciò rende quell’altare il luogo della vita e, per arrivare a quei luoghi della speranza, a mio parere, è necessario fare un percorso per conoscere gli Apostoli e valorizzarne la memoria. Invito le persone a fare un cammino culturale per arrivare a questa tomba, nella coscienza di quanto sia viva. L’assenza del Corpo di Cristo simboleggia la speranza del fatto che, lo stesso, è ancora vivo nel nostro stare e camminare insieme verso i sepolcri dove, in realtà, incontriamo la possibilità di essere vivi.”

 

Christian Cabello: