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Il calvario dell’Italia crocifissa dal coronavirus

La Via Crucis di un'Italia in emergenza, che nella luce del Risorto trova linfa per sperare ancora

In questa Quaresima ormai giunta al termine, mi sono ritrovato spesso sulla strada del calvario per soccorrere o portare una parola di conforto a coloro che la pandemia ha reso ancora più ultimi. Si conclude domani il tempo liturgico che conduce alla Pasqua, momento fondante della fede, ma ciò che prosegue è la Via della Croce, segnata quest’anno da un virus malefico che porta tanti nuovi crocifissi a partecipare alla Passione di Cristo. Un’espiazione individuale e collettiva che completa la crocifissione del Figlio di Dio componendo migliaia di tragedie personali in un unico affresco di sofferenze e lutti.

Come Gesù, l’agnello innocente condotto al macello, tanti, troppi innocenti vengono uccisi dalla pandemia ma anche dai molti suoi alleati che ancora oggi, come ai tempi del Messia, spingono l’umanità verso il baratro più oscuro. Una lotta, un “prodigioso duello” tra il bene e il male, tra la luce e gli inferi provoca la strage dei nuovi trafitti, umiliati e sopraffatti. Una vera e propria Via Crucis dove possiamo ancora una volta scorgere il volto di Gesù dietro quelli dei nostri fratelli più sofferenti.

Gesù è condannato a morte. Nonostante l’emergenza sanitaria, anzi cavalcando il “tumulto delle folle” annebbiate dalle tenebre sono stati condannati a morte gli innocenti, i fragili, gli indifesi. Ancora una volta i mercanti di morte sono usciti allo scoperto per proporre alle mamme in gravidanza di sopprimere la vita. Il coronavirus, sembra non bastare per alcuni, la sete di morte si propaga maggiormente in coloro che, fingendo di preoccuparsi del bene della donna, chiedono di distribuire la Ru486 a domicilio per continuare a sterminare vite incolpevoli. Come Gesù, le piccole creature, che hanno solo il grembo di una mamma come protezione, vengono condannate a morte dall’iniquità di un sistema spietato fondato su quella che Papa Francesco chiama la “cultura dello scarto”.

Gesù è caricato della croce. Il peso della croce grava sulle spalle dell’infanzia. E’ la croce della solitudine dei bambini condannati a non avere nessuno con cui giocare. L’isolamento da coronavirus ha caricato ulteriori tribolazioni sulla già difficile e complicata condizione dei minori maggiormente esposti alle prepotenze e agli squilibri degli adulti. Sono le migliaia di bambini che trovavano nella scuola, nelle uscite e nei giochi con gli amichetti nei cortili e in oratorio il modo di salvarsi da genitori egoisti, irresponsabili, immaturi, aggressivi, violenti.

Gesù cade più volte. La caduta di Gesù, vero uomo abbattuto dalle percosse degli odiatori, simboleggia l’accanimento classista e discriminatorio con il quale alcuni potenti si fanno beffe dell’ecatombe di poveri scatenata dal coronavirus. E’ lo stesso ghigno diabolico con il quale, nelle pagine più buie della storia universale, si fa la contabilità dei caduti in guerra e in pestilenza, come se esistessero vite meno sacre delle altre e come se una catastrofe fosse meno grave quando a cadere sono i segmenti più svantaggiati e meno protetti della società. Peccato però che questi prepotenti dimentichino che la pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d’angolo.

Gesù incontra sua Madre. Maria sopporta il più innaturale e terribile dei dolori: quello di piangere un figlio senza neppure potergli esprimere per l’ultima volta l’amore viscerale che lega la genitrice alla propria creatura. In queste settimane di indicibile sofferenza individuale e collettiva, decine di migliaia di genitori e figli si vedono negati dalla pandemia il diritto innato di stare vicini gli uni agli altri nell’estremo momento che precede il ritorno alla casa del Padre. Se possibile, persino peggio di Maria che può almeno rendere l’estremo saluto al corpo del figlio appena deposto. Ciò non è consentito per ragioni sanitarie in tempo di pandemia, così come non sono possibili funerali e in alcune circostanze neppure la benedizione dei feretri.

Gesù è aiutato a portare la croce da Simone di Cirene. La massa sconfinata dei contagiati dal Covid-19 sono aiutati a sopportare il giogo della malattia lungo la strada del calvario che li attende. A sostenerli e a condividere il pericolo di morte sono i medici e tutti gli operatori sanitari che, testimoniando con la vita il senso della loro missione, lottano a mani nude contro un nemico finora invincibile. E cadono a decine sul fronte della guerra senza quartiere a una pandemia che li trasforma in Cirenei, esposti all’imprevisto di uno tsunami epidemico del quale è impossibile circoscrivere l’ampiezza. L’immagine più simile al loro sacrificio è quella degli eroici soccorritori che si arrampicarono sulle Torri gemelle in fiamme nel disperato tentativo di salvare più innocenti possibile, pur sapendo di mettersi così al loro stesso livello di rischio.

Santa Veronica asciuga il volto di Gesù. Sfigurato, questo volto, dalle percosse e intriso di sudore e sputi, proprio come fanno negli ospedali, nelle RSA e nelle case di riposo le tante infermiere, le suore, le operatrici socio-sanitarie, le volontarie, che non abbandonano i sofferenti con la straordinaria forza interiore che le donne sanno sempre dimostrare nei percorsi più oscuri e dolorosi della vita umana. Veronica, con la dolcezza e l’umiltà della vera discepola di Cristo, compie un gesto semplice e fondamentale, grazie al quale in queste ore milioni di persone nel mondo stanno attraverso i media digitali venerando la Sacra Sindone per invocare la fine della pestilenza. Come dire, Dio si ricorda del bene fatto con cuore sincero.

Gesù è spogliato delle vesti, proprio come privati di tutto sono i nostri fratelli clochard, dei quali in tanti si accorgono solo ora che le nostre città sono deserte. Papa Francesco, in una omelia, ha ricordato che i senza fissa dimora non hanno una casa dove trascorrere la quarantena. La vita ha tolto loro di dosso i vestiti, le certezze, i punti saldi sui quali si fonda la nostra esistenza materiale. Ma Cristo, e per Lui il suo Vicario, ha sempre chiaro il valore della dignità di cui nessuno potrà mai privarli.

Gesù è inchiodato sulla croce, supplizio scandaloso per i benpensanti, pena capitale riservata ai malviventi dei più basso livello sociale. Le cronache forniscono raccapriccianti resoconti di selezioni “naturali” determinata dalla vergognosa carenza di respiratori negli ospedali. Dopo decenni nei quali governi di ogni colore politico hanno fatto a gara a tagliare i costi della sanità, a chiudere i piccoli ospedali, a dimezzare i posti in rianimazione, oggi, come abbiamo sentito ovunque, ci troviamo nella disumana situazione di dover scegliere chi vive e chi muore, a seconda delle possibilità di sopravvivenza determinate dall’età e dalla presenza di altre malattie. Come se essere vecchio e malato fosse un motivo valido per essere inchiodato sulla croce di quella che Papa Francesco chiama “cultura dello scarto” e globalizzazione dell’indifferenza. Ma se per molti tutto ha un prezzo, persino la vita umana, nulla ha più valore. Per questo il Santo Padre ha dedicato la Via Crucis di quest’anno ai carcerati, come lo scorso anno lo ha fatto le vittime della tratta. Dietro le sbarre devono esserci riabilitazione e opportunità di rinascita, non la condanna a morire di coronavirus.

Gesù muore in croce e viene deposto. Apparentemente è la fine di tutto perché, come ci insegna San paolo, se Gesù rimane negli inferi la nostra fede è vana. Allo stesso modo l’umanità oggi sembra avvolta da insicurezza, fragilità, incapacità di guardare al futuro, ma per chi crede la morte non ha mai l’ultima parola. Dopo aver esalato l’ultimo respiro il Figlio di Dio viene deposto in un sepolcro sigillato disposizione dell’autorità dell’epoca con una gigantesca pietra. Quella pietra è il simbolo di tutti i macigni che in tempo di pandemia vengono scaricati sulle spalle delle persone più umili e indifese. Attenzione però, Gesù ribalta quella pietra e di un sepolcro vuoto fa il simbolo della rinascita. Ogni posto che si crea in rianimazione è un macigno fatto rotolare lontano e al riparo dall’egoismo e dall’economicismo che hanno giustificato l’ingiustificabile e cioè fare cassa per anni sulla pelle dei più deboli, logorando un sistema sanitario pubblico per il quale l’Italia era ammirata nel mondo. Il welfare non è un lusso, è la ragione stessa della condivisione e dell’unità nazionale.

Gesù è risorto, è veramente risorto. Il sangue dei martiri di duemila anni fa ha fecondato la chiesa. Oggi, fides et ratio (fede e ragione) si danno man forte a vicenda per assistere i sofferenti e offrire attraverso nuovi farmaci e vaccini la speranza di uscire da questo tunnel angoscioso. Sacerdoti e scienziati muoiono in prima linea nella guerra al coronavirus. La pandemia diventerà un tragico ricordo quando il meglio delle capacità umane riusciranno a dimostrare ciò che la Sacra Scrittura sostiene da millenni: stringersi e aiutarsi gli uni e gli altri mettendo in comune le conoscenze e i talenti è il modo più efficace per ottenere l’ausilio divino. Invece di contendersi i titoli dei telegiornali, sparando date a caso sulla riapertura delle attività, i politici che abbiano a cuore il bene supremo della salute pubblica seguano l’alta ispirazione e richiamo del Capo dello Stato e comincino davvero a coordinarsi in un’unica cabina di regia per far sentire in Europa la legittima voce dei fondatori italiani dell’Unione.

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don Aldo Buonaiuto
don Aldo Buonaiuto
Fondatore e direttore editoriale di In Terris, è un sacerdote della Comunità Papa Giovanni XXIII. Da anni è impegnato nella lotta contro la prostituzione schiavizzata

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