“Oggi, viviamo in un mondo pieno di accordi internazionali, trattati, convenzioni, regolamenti, ma di fronte alla condizione in cui ci troviamo crollano tutti miseramente come ‘castelli di carte’. Una debolezza che nasce da due fattori: prima di tutto l’assoluta mancanza di principi fondamentali condivisi e rispettati e poi l’inesistenza di misure concrete per agire nei confronti dei paesi o dei soggetti responsabili di violazioni di questi accordi. Quanto è avvenuto nei mesi scorsi prima con la Corte di Giustizia Internazionale e poi con le sentenze emesse dalla Corte Penale Internazionale è emblematico”. E’ quanto ha affermato ad Interris.it il dottor Alessandro Mauceri, intervistato sul suo libro “Castelli di Carte”, edizioni JollyRoger.
L’intervista
Dott. Mauceri, “Castelli di carte” è un’opera che celebra il centenario della Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo, approvata nel 1924. In cento anni, come è evoluta la tutela dei diritti dell’infanzia a livello globale?
“Male, purtroppo. Da un lato, cronologicamente, c’è stata una evoluzione costante che ha portato fino all’approvazione della Convenzione delle Nazioni Unite dei Diritti dei Minori (detta CRC o Convention of the Rights of the Child): oggi, uno dei trattati sui diritti umani più ratificati dai paesi delle Nazioni Unite (basti pensare che è stata ratificata ovvero trasformata in legge nazionale da tutti gli Stati membri delle meno uno – gli Stati Uniti d’America – e nel libro spieghiamo anche perché). Dall’altro lato, però, i ‘numeri’ dimostrano che in tutto il mondo non solo i diritti dei minori ma, in generale, i diritti umani vengono regolarmente violati. Le conseguenze sono disastrose soprattutto dal punto di vista sociale. Eppure, stranamente, a questo fenomeno viene dedicata poca attenzione da parte dei media: a dimostrarlo il fatto che del centenario hanno parlato in pochi (e sottotono)”.
Cosa rende davvero speciale questa Convenzione?
“Uno degli aspetti che ha reso davvero ‘speciale’ la Convenzione delle Nazioni Unite dei Diritti dei Minori è proprio il fatto che è stata scritta per essere condivisa da quanti più Stati possibile tra i paesi membri delle Nazioni Unite. Per capire quanto ciò fosse importante nel libro abbiamo dedicato un’attenzione particolare al contesto storico nel quale venne scritta. Tutti i trattati sui diritti umani sono stati scritti in momenti di grande cambiamento: la prima Dichiarazione dei Diritti dei Minori nel 1924, ovvero pochi anni dopo la fine della Prima Guerra Mondiale; la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo nel 1947/48, quindi alla fine della Seconda Guerra Mondiale (dopo la chiusura della Società delle Nazioni e la creazione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite); così anche la Dichiarazione dei Diritti dei Minori nel 1959. Nel 1979, molti paesi erano ‘stanchi’ della Guerra Fredda. Fu un momento di grandi cambiamenti: la Polonia fu il primo paese del gruppo sovietico a staccarsene, il primo di questi paesi dove apparve impossibile fermare e soffocare le rivendicazioni sindacali (si pensi a Lech Walesa e a Solidarnosch). Ma non basta”.
Cosa intende?
“Proprio nel 1979, venne eletto Papa Giovanni Paolo II: un Papa polacco e con un passato da lavoratore. Lo stesso anno – sorprendentemente, vero? – sempre la Polonia propose un nuovo accordo per i diritti dei minori. In un momento di grandi cambiamenti, le Nazioni Unite decisero di accogliere la proposta ma anche che questo documento avrebbe dovuto essere ‘particolare’: doveva essere scritto in modo da essere condiviso da tutti (o almeno dalla maggior parte) dei paesi membri delle Nazioni Unite. Fu un modo nuovo di vedere il mondo. Un mondo unito e sotto molti aspetti ‘unico’, non più diviso tra occidente e gruppo sovietico, tra Nord e Sud, sebbene con alcuni paesi chiusi a guscio (come la Cina). Realizzare questo progetto di ‘condivisione’ fu tutt’altro che facile. Per farlo bisognava trovare un punto d’incontro tra mondi, culture, religioni e modi di vedere la società molto, forse troppo, diversi tra loro. Non è un caso se, per scrivere le poche pagine di cui è composta la CRC, fu necessario quasi un decennio: la forma finale della Convenzione venne fuori solo nel 1989. Ogni articolo, ogni parola di quel documento era stata ‘pesata’ in modo che potesse essere condivisa da tutti governi. E quando questo non era possibile quell’argomento veniva scritto in modo superficiale o cancellato (si pensi al fenomeno delle spose bambine o all’età per un minore per iniziare a lavorare). Oggi sappiamo che tutto questo non è bastato: il confronto impietoso che abbiamo condotto nel libro tra gli articoli della CRC e gli Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile (la cosiddetta Agenda 2030) dimostra che, in nessun paese del mondo, i diritti dei minori sono pienamente rispettati. E le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Anche di chi finge di non vederle”.
Nella sua opera, mette in luce le violazioni e le incongruenze che permangono nonostante i vari accordi internazionali: come garantire un futuro migliore ai bambini di tutto il mondo?
“Il problema nasce dal fatto che non è affatto facile scrivere un trattato internazionale che possa essere condiviso da economie, culture e religioni a volte molto diverse tra loro. Anche grandi studiosi, alla fine, si sono resi conto che trovare principi unici, condivisi e, soprattutto, tali da poter essere rispettati da tutti, era impresa ardua se non impossibile. Il rischio che deriva dall’ostinarsi a voler ‘universalizzare’ questi documenti è che restino mera teoria, che non vengano applicati: che diventino “castelli di carte”. Come la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo: piena di bei propositi, di diritti innegabili (sulla carta), ma spesso quasi impossibili da realizzare a livello pratico. Mi permetta due esempi”.
Quali?
“Il primo: sia in questo trattato (art. 24) che nella CRC (art.31), viene riconosciuto il ‘diritto allo svago’, il diritto al gioco. Ma come si fa a dire ad una persona o ad un bambino che non ha cosa mangiare, che non ha acqua da bere, che deve far rispettare il proprio ‘diritto allo svago’? Eppure, si tratta di una condizione più comune di quanto si pensi: nel mondo, oltre due miliardi di persone non hanno accesso regolarmente a fonti di acqua potabile e oltre 700 milioni di uomini donne e, soprattutto, bambini non hanno un pasto completo almeno una volta al giorno. Ecco, di fronte a questi numeri, parlare di ‘diritto al gioco’ appare a dir poco ridicolo. Altro esempio: la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (art.13) prevede che “1.Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato. 2. Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese”. Pensare a questo ‘diritto’ e vedere quanto poco viene rispettato in molte parti del mondo per i ‘migranti’ o i rifugiati, vedere il numero sempre maggiore di muri e barriere fisiche e non destinate a limitare i movimenti di persone da uno Stato all’altro (a volte anche all’interno di uno stesso Stato) rende questo diritto ‘naturale’ irrealizzabile”.
Vuole fare una sua conclusione?
“Dopo aver visto e analizzato molti di questi accordi, di queste dichiarazioni, di queste convenzioni, alla fine, la domanda che ci siamo posti è se davvero esistono delle basi, sia teoriche che pratiche, che giustificano tutto questo. In altre parole, se davvero esistono diritti ‘naturali’ e ‘universali’ (quelli che sono alla base del giusnaturalismo). Diritti che validi (e rispettati) per ogni uomo, indipendentemente dal sesso, dal ceto sociale, dall’appartenere ad un gruppo etnico, dal livello culturale o altro. Diritti che dovrebbero essere rispettati da tutti e per tutti a prescindere dall’età. Diritti come quelli previsti dalla CRC. Trovare una soluzione non è facile. Non bisogna dimenticare che, se davvero esistono, questi diritti sono un’arma potentissima: proprio per il fatto di essere ‘naturali’ e ‘universali’ sono al di sopra di ogni legge nazionale o regolamento o direttiva internazionale comunitario. Valgono per tutti e basta. Anche grandi studiosi, vincitori di premi Nobel, hanno cercato di capire se questi diritti esistono e, se sì, quali sono. Purtroppo, i loro tentativi, per loro stessa ammissione, sono falliti. Le loro teorie sono crollate come ‘castelli di carte’. Dopo aver visto quello che è successo negli ultimi cento anni, la domanda alla quale abbiamo cercato di rispondere al termine della nostra analisi è proprio questa: esiste qualcosa che potrebbe rendere i diritti umani diversi dai soliti castelli di carte? In altre parole: esistono diritti naturali o universali realmente attuabili? Alla fine, siamo giunti alla conclusione che finora l’errore è stato non tenere conto di un aspetto fondamentale di cui abbiamo parlato alla fine del libro (ai lettori curiosi lasciamo il piacere di scoprire quale)”.