L’unico modo di vincere una guerra è non combatterla, insegna Jorge Mario Bergoglio. Lo dimostrano ancora oggi le tragedie in atto in Ucraina, Gaza, Sudan, Corno d’Africa. “Nel Natale del 1951, come adesso, il mondo era in pieno conflitto. Quella di allora era la Guerra di Corea. Provocata dall’invasione della Corea del Sud da parte dell’esercito nord-corea. Uno scontro deflagrato il 25 giugno 1950“, spiega Gianni Valente. Aggiunge il direttore dell’agenzia missionaria vaticana Fides: “Un’immane carneficina bellica (più di tre milioni di morti tra civili e tra militari appartenenti a eserciti di 20 Paesi). Una guerra che si concluse con l’armistizio tra le parti firmato il 27 luglio 1953. E con la divisione tra le due Coree stabilizzata lungo la linea del fronte, nei pressi del 38° parallelo”. Questo Natale, 70° anniversario di quell’Armistizio, fa registrare impressionanti analogie tra quel passato e il tempo presente. Osserva Valente: “Sono analogie che incrociano anche le parole e i gesti usati dai Successori di Pietro. Quello di allora (Pio XII) e quello di oggi (Francesco). Davanti alle tribolazioni dei popoli e agli intenti dei poteri del mondo”.
In guerra come oggi
Nel giugno 1950, la Corea del Nord era appoggiata dalla nuova Cina comunista di Mao Zedong. E invase la Corea del Sud, a sua volta protetta dagli Stati Uniti. L’ordine mondiale provvisorio sancito a Yalta sembrò sul punto di infrangersi nell’Apocalisse nucleare. Il Generale USA Douglas MacArthur, durante il conflitto, chiese al presidente Harry S. Truman di replicare su territorio cinese e coreano il lancio di bombe atomiche. Già collaudato su Hiroshima e Nagasaki. “L’intervento militare è scattato su mandato dell’Onu– puntualizza Valente-. E in Occidente il conflitto è percepito e presentato come una lotta apocalittica contro il male. In quel frangente, l’amministrazione Usa accentua la sua considerazione del ‘fattore religioso nella battaglia planetaria per fermare l’espansione comunista“. Lo attestano con dovizia di dati anche le carte di Myron Taylor, Rappresentante personale del Presidente Usa (prima di Roosvelt e poi di Truman) presso il Papa. Studiate dallo storico italiano Ennio Di Nolfo. E da lui pubblicate nel prezioso volume ‘Vaticano e Stati Uniti 1939-1952′”. Gli studi di Di Nolfo hanno gettato luce sulla missione che il presidente Usa Truman affida a Taylor nel luglio 1950. Inviandolo in Europa per prendere contatto con capi di Chiese e comunità ecclesiali.
Pio XII contro la guerra
“Da poche settimane l’esercito nord-coreano di Kim Il Sung ha invaso la Corea del Sud – racconta Valente-. Nei mesi successivi, Taylor incontra capi della Comunione anglicana, delle Chiese ortodosse, delle comunità riformate. E il 20 giugno 1951 scrive una lettera indirizzata a Pio XII“. In quella lettera, citando parole da lui attribuite allo stesso Pacelli, Taylor sottolinea che è ormai venuto il tempo un cui “tutti gli uomini e le donne di tutte le religioni” devono associarsi. Per “combattere e resistere alle malefiche tendenze del comunismo”. In quella battaglia, suggerisce Taylor, potrebbe essere tributato al Papa l’onore di essere riconosciuto come “guida spirituale” del cosiddetto mondo libero. “Può ben essere che se i nascosti eventi del futuro si svilupperanno- scrive Taylor-. Possa giungere un giorno in cui vostra Santità trovi opportuno assumere la guida di una causa così meritevole. Per salvare il nostro mondo civilizzato dalle prove più grandi”.
Coinvolgimento
In quegli anni, Pio XII ha ben presente le persecuzioni contro la Chiesa che hanno accompagnato l’espansione comunista in Europa dell’Est. Ha presente gli arresti e i processi dei Capi delle Chiese dell’Est. Il croato Stepinac, l’ungherese Mindszenty, il ceco Beran, l’ucraino Slipyj. In Italia, nel ’48, La Civiltà Cattolica giunge a affermare che la “soluzione spagnola” (con la messa fuorilegge del Partito comunista) è conforme alla dottrina della Chiesa. Nei mesi che precedono il Natale del ’51, la strategia dell’amministrazione Usa per coinvolgere le comunità di credenti diviene più esplicita. “Il 28 settembre Truman riceve a Washington ecclesiastici americani di diverse confessioni– rievoca Truman-. E riafferma che nella nuova crisi internazionale si tratta di preservare una civilizzazione mondiale nella quale la credenza in Dio possa sopravvivere”. La notte di quel Natale 1951, sia il presidente Usa che il Papa si rivolgono agli uomini e alle donne di quel tempo tragico. Con messaggi che in certi passaggi appaiono simili. Truman ricorda “l’umile nascita del bambinello nella città di David. Nella quale Iddio ha dato il suo messaggio d’amore al mondo”.
Missione
Dopo aver rivolto il suo pensiero ai soldati schierati sul fronte coreano, il presidente Usa fa appello alle coscienze. “Noi saremo forti solo se conserveremo la fede che può muovere le montagne. E che, come dice San Paolo, è sostanza di cose sperate. Ed evidenza di cose non vedute. La vittoria che raggiungeremo ci è stata promessa tanto tempo fa, nelle parole del coro degli angeli che cantavano sopra Betlemme. Gloria a Dio nell’alto dei cieli, e sulla terra pace e buona volontà agli uomini”. A Roma, papa Pacelli affida le sue parole ai microfoni della Radio Vaticana. Descrive il mondo di allora, diviso in due campi in lotta. Ma anche in un tempo di contrapposizione così acuta, Pio XII non identifica la missione della Chiesa con le ragioni del “mondo libero”. Nel passaggio centrale, le sue parole sono inequivocabili. Mette in guardia da “uomini politici e talvolta perfino uomini di Chiesa” che intendono “fare della Sposa di Cristo la loro alleata”. O lo “strumento delle loro combinazioni politiche nazionali ed internazionali”. Ciò, infatti, lede l’essenza stessa della Chiesa. Arrecando danno alla vita ecclesiale. Abbassandola al medesimo piano in cui si dibattono i conflitti d’interessi temporali.